Recensione: Ashcloud

Di Giorgio Vicentini - 11 Febbraio 2006 - 0:00
Ashcloud
Band: Blot Mine
Etichetta:
Genere:
Anno: 2005
Nazione:
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73

Bisogna spostare qualche scatolone impolverato nella soffitta del black metal, per trovare quello che contenga le memorie degli svedesi Blot Mine. Ammetto di non averne mai sentito parlare, pertanto mi stupisco scoprendo che la formazione attuale si fregia di alcuni ex Setherial (tra i fondatori) e che all’attivo risulti pure un full lenght, Porphyrogenesis, datato 1998.

Pensandoci bene e visti i trascorsi di chi vi suona, non mi sorprende lo stile ferale a suo modo melodico, d’estrazione Dark Funeral/Setherial, in Ashcloud degnamente omaggiato da scelte musicali e ritmi esecutivi consoni al copione. In dotazione anche il piacevole retro gusto che ricorda produzioni come The Secrets of the Black Art, senza scimmiottamenti patetici, prendendone positivamente l’essenza; un approccio intelligente, senz’altro collaudato musicalmente, che richiede perizia tecnica di buon livello e conoscenza della materia per essere usato come un’arma d’offesa contro il nemico, non per chi la impugna. 

I Ns. non sparano di certo a salve: costruzioni efficaci, riff e drumming da corsa mai monotoni o monocorde, che lasciano uno spazio importante alla melodia che lavora per arricchire la sensazione dominante di furia. Ad accompagnare le note un sound affilato e molto classico per questa branca di produzioni, neanche a farlo apposta affidato a “prezzemolino Tätgren“, che ormai vi sarà talmente avvezzo da potervi lavorare leggendo il giornale in bagno.
Ashcloud è swedish black professionale negli aspetti salienti e quindi più che corretto stilisticamente, per il quale vale la pena di far finta di niente nel caso sovvengano dei dejavù, a mio avviso secondari rispetto alla bontà di “Right of Way“, “Gynocide” e “Where Space And Time Collide“. Resta capitolo a parte la conclusiva strumentale “Bolted Down (And Dying)“, paradossalmente la mia preferita anche perché fuori dal coro, che mi riporta con la mente alla produzione Shape of Despair per suoni, ritmiche rallentate (ma non funeree) ed atmosfera.

Merita di essere segnalato a parte il concept della band, riportato nel booklet come nel sito ufficiale. Per invogliare i curiosi ne riporto un estratto iniziale, a voi trarre delle conclusioni:

” […] mostrando il fatto che i disastri non necessitano di essere considerati come le macchinazioni di nient’altro che non sia una catena superumana di cause ed effetti. La personificazione di queste forze è servita all’uomo nell’organizzazione, non solo della società umana, ma anche per la sua visione generale della vita e per definire la sua posizione dello schema delle cose. […] “

Tornando sulla terra per concludere, non posso dire di adorare questo stile, al quale chiedo soprattutto di convincermi con la sua atmosfera complessiva che deve essere stimolante, oscura sì, ma dotata di sfumature. Ad Ashcloud queste cose riescono senza problemi, di sicuro interesse per i “completisti” ma con spunti da approfondire anche per gli altri. 

Tracklist:
01. Dead Centre
02. Evil Intent
03. Right of Way
04. Luminous Bodies
05. Ashcloud
06. Gynocide
07. Where Space And Time Collide
08. Bolted Down (And Dying)

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