Recensione: Asylum

Di Daniele D'Adamo - 16 Maggio 2016 - 0:01
Asylvm
Band: Fragore
Etichetta:
Genere: Death 
Anno: 2016
Nazione:
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74

A due anni di distanza da “The Reckoning” (2014), tornano sulla scena i torinesi Fragore con il loro nuovo album, il quarto in carriera: “Asylvm”.

Immutata la formazione, immutata l’etichetta discografica, immutato il missaggio e la masterizzazione (Ettore Rigotti), immutato, sostanzialmente, il sound.

Anzi, no.

Quest’ultimo leggermente depotenziato, ma è solo una questione di millimetri. Di primo acchito più thrash oriented, come lascia intravedere il break centrale di ‘Hidden Truth’, dedicato ad ‘Angel of Death’ degli Slayer (“Reign in Blood”, 1986). È solo un attimo, certo, pur tuttavia sufficiente a dar l’idea dell’impercettibile spostamento della matrice death metal, invariabile nella base del Fragore-sound, in direzione delle più moderne sonorità groove.

Come peraltro rilevabile in ‘Control Denied’, dotata di un erculeo incipit ai blast-beats, che sottolineano l’eccellente refrain, tanto semplice quanto efficace. Impressionante, qui, la prova Davide Nunziante, bravissimo sia con il suo isterico growling, sia con gli acuminati soli della sei corde; come pure ottimo è il lavoro di Andrea Lorenti al basso. Finalmente un sostegno che non è solo ritmico, allo stile, né tantomeno inutilmente virtuosistico: un dannato, cupo e rovente rimbombo. Di vero supporto al guitarwork, come da scuola groove, appunto.

Non solo, nella song nominata come il Ministro degli Esteri di Stalin ma soprattutto come la famigerata bottiglietta incendiaria, ‘Molotov’, i Fragore si buttano a capofitto in direzione del terribile US power metal. Attualizzato, certo, tuttavia inalterato nella sua forma energetica primigenia, volta a disporre dell’energia non con la velocità bensì con la forza. Fattispecie musicale addirittura lampante nella successiva ‘Alone’, ove i Nostri tentano la strada dell’orecchiabilità. Anche se tale termine va preso con le molle, dovendosi contestualizzare, sempre e comunque, nel lembo del metallo oltranzista.

È nei brani più rabbiosi, aggressivi e possenti, comunque – ‘Revenge’ – , che i tre piemontesi, a parere di chi scrive, danno il meglio di sé. Forse, ma qui si tratta di considerazioni dettate dal gusto personale, è proprio in questa direzione che essi devono muoversi, sempre e comunque. Ben vengano, quindi, le idee tese a rendere più fruibile la loro creazione artistica (‘The Cell’), anche se la dirompente potenza pare essere sempre l’arma migliore del terzetto di Torino. Energia allo stato puro, scintillante, al calor bianco, insomma, che sembra possedere un innesto tenacissimo, nel DNA di Nunziante & Co.

Circostanza, questa, resa con naturalezza e scioltezza nel binomio ‘Dies Iræ’ / ‘Thor’, duo massiccio, dolomitico, sprizzante impeto e irruenza da tutti i pori. Di più, quando si alzano anche i BPM e le linee vocali diventano travolgenti, come nella stessa ‘Thor’, si ha la percezione che sia quella, la direzione che i Fragore debbano intraprendere per fissare in modo univoco il proprio stile, la propria particolarità. Sempre tenendo conto, in ogni caso, di questa voglia di inserire anche qualcosa di accattivante e meno ostico per le orecchie dei più.

Tuttavia, per via di quanto evidenziato nella prima parte di questo scritto, “Asylvm” potrebbe essere visto come un album interlocutorio, nella carriera dei Fragore. Una specie di prova generale per affinare le armi in vista di un salto in  direzione di un metal più universale (Children of the Sky’).

Ai posteri l’ardua sentenza.

Daniele D’Adamo

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