Recensione: At Twilight of Battles By The Hammer Of Thunderstorms

Di Stefano Santamaria - 18 Febbraio 2017 - 0:00
At Twilight of Battles By The Hammer Of Thunderstorms
Band: Stojar
Etichetta:
Genere:
Anno: 2016
Nazione:
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65

Scoppiettante terza uscita discografica per i russi Stojar, progetto folk metal che interseca frizzantissime accelerazioni a momenti più contemplativi ed impreziositi dall’eleganze della  voce femminile. Il contrasto tra quest’ultima ed il maschile growl sono un connubio di grande effetto.

Immaginiamo di unire Moonsorrow a Nightwish e Korpiklaani, ed ecco in breve la proposta degli artisti. La componente power aleggia nei momenti più veloci del full-length, e diventa incontestabile iniezione di adrenalina. Stiamo solo parlando di un accenno, perché è il folk a farla sempre da padrone, dinamicità che ci trascina in un ideale cerchio al cui interno voci narranti ci erudiscono su tradizioni passate.Diventiamo d’incanto anelli danzanti di questo mistico girotondo, energia che come turbine ci porta ad un’estasi fatta di festanti stordimenti. Ebbri di gioia ci specchiamo, divertiti da gote rosse di vino, e da un entusiasmo la cui danza è vero è proprio buffo delirio.

Poche le pause, per un sound che travolge e che pigia sempre sull’acceleratore per ritmiche, e che burlescamente ci abbraccia in folclorici riti pagani. L’impatto che ne scaturisce è notevole, seppur nella propria insita facezia capace di stimolare anche chi ha qualche pretesa in più.

La debolezza di “At Twilight of Battles By The Hammer Of Thunderstorms” è l’incapacità di essere più mutevole, diventando ridondante a tratti. Chiaramente questo è il rischio che si corre puntando sul ritmo, aspetto che poi spicca in un contesto che, come dicevamo poc’anzi, riesce anche ad essere  acuto per intenti. Oltre alle gote rubizze quindi c’è altro, anche se la strada da percorre è ancora lunga. Quel che manca è la voglia di metterci del proprio, restando su binari già solcati e la cui direzione ben si consoce.

Rifare sempre la stessa strada può essere divertente, ma resta incontestabile la prevedibilità di un tragitto che non può regalare inevitabilmente nuove emozioni.

Stefano “Thiess” Santamaria 

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