Recensione: At War with Satan

Di Giuseppe Casafina - 11 Settembre 2015 - 12:40
At War with Satan
Band: Venom
Etichetta:
Genere: Heavy 
Anno: 1984
Nazione:
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84

“When shall we there meet again….

In thunder lightining or in the rain….

When the hurley burley’s dance….

And the battles fought and won.”

Shakespeare

 

“Now that we there meet again….

Thru thunder, lightning and the rain….

Now the hurdeyburdey’s done….

And the battle has been won.”

Venom ‘84

 

E’ adagiandosi ai versi di Shakespeare che così i Venom nel 1984 urlarono al mondo del metal la loro chiamata alle armi contro il Paradiso, per quello che sarà forse l’ultimo capitolo realmente degno di nota della loro storia.

Con “At War with Satan” infatti, la band di Newcastle rilascerà ai posteri quello che sarà a tutti gli effetti il terzo membro della propria ‘Sacra Trinità’, vale a dire quel trittico iniziale della loro discografia verso cui, col senno di poi, ogni gruppo degno di definirsi estremo ha poi preso ispirazione negli anni a venire.

Ed è in quei lavori che, questi tre rozzi britannici, seppero definire le coordinate sia sonore che liriche del metal più grezzo e brutale perché sono ‘quei Venom’, i Venom che hanno realmente fatto la storia del genere: parliamo quindi di quell’ensemble amato ed odiato in egual misura, idolatrato per altri e/o elevato a presa in giro innominabile per altri: eppure la loro forza stava proprio in questo, vale a dire nell’aver saputo creare al loro tempo una proposta talmente brutale ed inimitabile da non lasciare scampo all’ascoltatore, spesso ignaro di cotanta furia.

Era praticamente impossibile restare indifferenti al cospetto del loro suono.

 

GLI ANNI D’ORO DEI VENOM

 

Dopo i due precedenti capolavori (o prese in giro per altri), vale a dire “Welcome to Hell” e “Black Metal”, era davvero difficile riuscire a ripetersi a livelli epocali perché entrambi quegli episodi avevano destabilizzato e diviso l’audience dell’allora nascente New Wave of British Heavy Metal (nota anche con lo pseudonimo di NWOBHM) come nessun altra band aveva saputo fare fino ad allora: suoni minimali, velocità e ritmi tipici del punk, produzioni poco curate e capacità tecniche ai minimi storici erano il loro biglietto da visita….

Insomma, se confrontate con quelle dei loro colleghi d’epoca, le caratteristiche somatiche dei Nostri erano decisamente agli antipodi e forse solo i loro compagni di scuderia (Neat Records) Raven riuscivano in qualche modo ad avvicinarsi a tale furia, sebbene questi ultimi non avessero di certo quel feeling puzzolente e sinistro, quel piglio ironizzante e beffardo tipico dei tre di Newcastle.

Inutile quindi azzardare altri confronti perchè i Venom erano irraggiungibili a loro modo.

 

LA CHIAMATA ALLE ARMI CONTRO IL PARADISO

 

Ma bando alla storia e veniamo al disco.

“At War with Satan” è un disco su cui ci sarebbe da dire molto, ed allo stesso tempo nulla: molto perché quest’opera è il primo concept album della storia della band, nulla perché allo stesso tempo a livello di suono siamo rimasti là, sebbene la produzione del disco sia decisamente molto più rifinita rispetto a quella dei due fognosi platter precedenti.

Chiariamoci, non è che di colpo i Venom suonassero come gli Iron Maiden di “Powerslave” (che cito per via dell’anno di uscita) anzi, il suono di questo disco, ora decisamente ripulito rispetto alle due opere prime, ha ovvie conseguenze negative sulle performance dei tre dato che la produzione mette in luce non solo le qualità della band ma anche i suoi ovvi limiti tecnici….

Però teniamo conto che quelli a suonare sul disco sono i Venom, vale a dire l’esatto opposto della raffinatezza e del bel sentire: loro devono suonare in questa maniera vale a dire imperfetti, rozzi e ferali.

La gente voleva questo da loro, e loro questo era quello che sapevano fare meglio.

Quindi si parte a rotta di collo con l’evocativa title-track, una monumentale suite di ben 20 minuti che alterna sfuriate proto-thrash a momenti dove il suono prende decise derivazioni punk/hardcore.

 

“Spread the message far….take to the skies!”

Così recita Cronos, allo scopo di dare il via al primo cambio di atmosfera del brano: la suite è magistrale, roba in grado di segnare un’epoca, dove il lunghissimo testo descrive senza peli sulla lingua le inenarrabili gesta di stormi di demoni guerrieri, disposti a tutto pur di conquistare il Paradiso, alleandosi ‘In Guerra con Satana’.

 

“Fuck the Bastards!”

E si riparte a rotta di collo, si cambia tempo, atmosfera, registro, fino ai due minuti conclusivi di poesia demoniaca, una poesia attorniata da rumorismi ‘Venomiani’, campane che presagiscono dell’Arrmageddon, inquietanti falsetti che lodano le blasfeme gesta dei tre demoni inglesi.

La traccia poi riprende corpo e Cronos riprende a cantare una delle strofe, ma in chiusura sfuma di volume rivelando un finale decisamente inaspettato, roba che solo i Venom avrebbero potuto proporre!

La grandezza di questo brano sta proprio in questo, ovvero aver adattato le caratteristiche salienti della band, quali l’attitudine sprezzante e le capacità tecniche ai minimi storici, al servizio della loro opera più maestosa: sebbene il finale sfumato forse lascia in noi molti dubbi circa il fatto che tale brano forse sarebbe dovuto durare ancora di più, quel che è rimasto inciso su nastro è più che sufficiente per segnare la storia.

Tutto il lato A della prima, storica stampa su vinile era forgiato da questo brano epico e dalla rozza bellezza, quasi come se fosse una summa di tutta la filosofia di Cronos & compagni.

Ma il disco non è terminato qui, ed anche se così fosse stato il risultato sarebbe stato comunque consegnato ai posteri.

 

MA NON FINISCE QUI….

 

Sul lato B si riparte con “Rip Ride”, un brano velenoso che non avrebbe di certo sfigurato su “Black Metal” con i suoi ritmi hardcore vecchia scuola e l’interpretazione dannata e disperata del leader: il brano ha tutte le caratteristiche che fino ad allora aveva reso celebre il combo, presentando anche alcune caratteristiche sonore che sarebbero poi state riprese dagli esponenti della prima scena estrema anni ottanta, primi Possessed in primis, e che poi sarebbero divenute un trademark del metal estremo fino ai giorni nostri.

“Genocide”, terza traccia in scaletta, guarda all’Armageddon mirando all’annichilimento del genere umano invocando gli innumerevoli peccati dello stesso: attitudine bestiale come da copione e beata ignoranza a non finire dove il riffing semplice quanto efficace di Mantas si unisce alle ormai classiche sfuriate liriche di Cronos.

Un canto sussurrato ci introduce a “Crywolf”, forse la migliore traccia del lato B dell’album con i suoi cori trascinanti e la sua oscurità marcia tipica del più nero heavy metal, con un solo rallentato che ricorda vagamente una versione assai più rozza e sfrontata dei Black Sabbath.

Ghigni e sputi ci avviano alla seconda parte del brano, dove gli ultimi cori portano alla sfumare definitivo.

“Stand Up (And Be Counted)” è il brano più orientato alla resa live già a partire dal titolo dove un riff plumbeo ed atonale, accompagnato da sporadiche cavalcate di chitarra, ci accompagna per buona parte del brano. Certamente il brano più immediato del lotto, dal mood trascinante in stile ‘Rock n’Roll Arena’.

“Women, Leather and Hell” pigia il piede sul pedale dell’accelleratore per la traccia più punk del lotto, un pezzo classicamente Venom con tanto di stop n’go di scuola più hardcore che metal, che faranno poi scuola nel poi nascente thrash metal. Il brano è divertente all’ascolto anche se non trascendentale però, si sa, se si amano i Venom si amerà anche questo brano.

Si arriva così all’ironico brano finale o presunto tale, “Aaaaaaarrghh”.

Più che di un brano vero e proprio parliamo di due minuti di urla casuali, schiamazzi, schitarrate, sputi….chi più ne ha più ne metta, e dovrete pure sorbirvi una marcetta di trombe stonata posta in chiusura. Della serie ‘solo loro avrebbero potuto fare una cosa del genere’, un altro segno del loro voler shockare a tutti i costi un certo perbenismo inglese, verso cui loro si erano sempre opposti.

Possibile che tutto questo viavai di apparente nonsense fosse il loro testamento definitivo di conquista del Paradiso?

Conoscendo lo spirito che li muoveva, è assai probabile che la verità sia proprio questa, quindi sorbitevi due minuti di gloria beffarda ed urlate gioiosamente contro l’alto dei cieli.

 

L’EPITAFFIO DI UN’ERA

 

In conclusione, “At War with Satan” suona un pò come l’epitaffio definitivo degli anni d’oro dell’ensemble: sebbene ad un orecchio più allenato al suono Venom appaia chiaro che i brani del lato B (vale a dire escludendo la title-track) siano leggermente meno brillanti rispetto a quelli presenti sui due dischi precedenti, c’è da dire che nonostante ciò siamo comunque su livelli abbastanza alti.

La title-track è un qualcosa che, sia chiaro, è ormai Storia con la S maiuscola e questo è di sicuro un fattore che ha un peso enorme sul voto finale.

Insomma, la magia del loro periodo di massima ispirazione qui non è ancora sfumata, l’energia ed affiatamento si sente ed i disastri veri e propri sarebbero in parte iniziati l’anno successivo con “Possessed”, per poi sprofondare con il platter ancora successivo, senza mai riprendersi del tutto fino al momentaneo abbandono di Cronos che diede il via alla seconda fase dei Venom con Tony Dolan aka “The Demolition Man” alla voce e basso….

Ma fermiamoci un attimo.

Non è per parlare dei Venom che sarebbero venuti che siamo qui, bensì di quelli ancora c’erano, nell’inimitabile formazione originale che tra questi solchi recita l’ultimo atto degno di nota di una parte di storia del metal ora lodata, ora schifata.

E come già detto, la loro grandezza stava proprio in questo.

Gli unici, urticanti, sempreterni Venom.

In conclusione, così come loro si allinearono a quanto fatto da Shakespeare per introdurre l’ascoltatore nella loro opera terza, alla pari io mi allineerò a quanto scritto da loro proprio in quell’introduzione per dare un voto onesto a questo lavoro.

“….Venom ‘84”

 

Giuseppe “Maelstrom” Casafina

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