Recensione: Ataraxia

Di Francesco Sorricaro - 30 Gennaio 2010 - 0:00
Ataraxia
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Anno: 2009
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70

Di primo acchito semberebbe strano pensare che la scintilla del black metal possa scoccare nella calda e assolata terra di Sicilia, invece che tra i gelidi fiordi scandinavi. Guardando poi al luogo d’origine dei Criminal Hate, band proveniente da Acireale, ci si accorge che la mastodontica, impressionante presenza dell’Etna con la sua costante aura minacciosa possa costituire un più che degno sostituto per l’ispirazione di qualsiasi artista affascinato dall’oscuro e dal sulfureo.

Dopo una demo ed un EP, il gruppo, fondato nel 2001 da Hordak, alias Rosario Papa, e da L.S.Melkor, alias Lorenzo Scandurra, è giunto alla pubblicazione del suo primo full-lenght ufficiale dal titolo Ataraxia. Cominciamo col dire subito che la proposta del trio, completato dal tastierista Nectas, al secolo Federico Reina, non presenta niente di nuovo stilisticamente: si tratta di black metal sinfonico con influenze death, ad accompagnare tematiche nichiliste ed anticlericali. I tre, ad ogni modo, dimostrano di credere nei propri mezzi e ci danno dentro con grande passione in 8 brani intrisi di malignità.

L’incedere poderoso dell’opener Pedopriest apre le porte verso il mondo dei Criminal Hate: un pezzo caratterizzato dall’estrema essenzialità nei riff e da tastiere molto ordinate ed appartate che non inquinano troppo il mood complessivo, che ci permette di fare la conoscenza della voce diabolica di L.S.Melkor che, nell’occasione, si sgola per un’invettiva contro la piaga degli abusi sessuali commessi da sedicenti preti nei confronti di minori. Un inizio alquanto ingannevole, a mio parere, perchè l’influenza delle tastiere nella band siciliana è molto più importante di quanto non sembri, e ciò è dimostrato immediatamente dalla traccia seguente Christian Martyrium che, veloce e diretta, si presenta con un tappeto sinfonico imponente e cromaticamente variegato, che spazia dalle sonorità dell’organo a quelle del pianoforte e che dà grande corpo al brano. In tale contesto il tastierista Nectas (uno che viene direttamente dal power) mostra le sue ottime doti di arrangiatore oltre che di esecutore, come quando ingaggia un duello all’inisono con la chitarra di Hordak.

Le tracce seguenti mostrano più o meno lo stesso schema, ovvero ritmiche per lo più veloci e violente arricchite da arrangiamente sinfonici sull’impronta di Dimmu Borgir e Cradle of Filth, con qualche piacevole variazione sul tema, e l’onesto e costante blast beat dell’ospite Rufus Sholten, uno che si concede ben poche moine nei confronti del suo strumento. Degna di menzione Middle Floor, ricca di variazioni di ritmo ed intermezzata da una linea di piano che ci guida verso un chorus centrale caratterizzato da un pregevole innesto di clean vocals: un tentativo apprezzabile e ben riuscito per il bassista e voce del gruppo, uno che si destreggia senza problemi tra il growl e lo scream e che qui contribuisce a creare un’atmosfera discretamente coinvolgente. Ben riuscita anche la successiva The curse of Anubis, il pezzo certamente più sperimentale del lotto, in cui il trio fa sfoggio, tra riff di stampo tipicamente norvegese e batteria pestata al massimo, anche di tempi sincopati e partiture al limite del progressive; un’altro segno della spregiudicatezza dei Criminal Hate, che non sembrano aver paura di provare nuove soluzioni, pur essendo solo all’inizio della propria carriera, e che mostrano, nelle battute finali dell’album, compresa la ultra sinfonica traccia di chiusura Regression Of Human Race (Purify My Dream), di essere anche abili compositori di melodie, seppur sempre malvagi esempi di melodie.

Ataraxia è un buon esordio per una band con le idee chiare ed un pizzico di coraggio e disinvoltura che ogni buon musicista dovrebbe sempre dimostrare nel suo lavoro. L’originalità certamente è da cercarsi altrove, e ad indicarlo palesemente è anche un artwork a dir poco banale, ma l’onestà e l’energia con cui è stato preparato può farlo apprezzare tranquillamente anche ai non fanatici del genere; in più gode di una produzione molto buona, e mai troppo “leccata”, anche se sarebbe stato apprezzabile avere una chiarezza ed una roboanza ancora maggiore nel suono delle orchestrazioni tastieristiche, che davvero sono il sale di questo disco. La mia impressione è che i Criminal Hate abbiano tutte le possibilità per spingersi oltre e per la verità, uscire presto dal nero calderone del black metal sinfonico, in un momento in cui la scena in questione è più satura che mai, potrebbe non essere affatto una cattiva idea.

Francesco ‘Darkshine’ Sorricaro

 

Tracklist
01. Pedopriest  05:32
02. Christian Martyrium  04:12
03. Ataraxia  03:57
04. Middle Floor  06.49
05. The Curse of Anubis  03.17
06. Empire of Insanity  04.49
07. 7th Seal  05.51
08. Regression of Human Race (Purify My Dream)  05.44

Durata totale  40:10

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