Recensione: Atoms Aligned, Coming Undone

Di Daniele D'Adamo - 3 Novembre 2018 - 11:15
Atoms Aligned, Coming Undone
Band: Sylvaine
Etichetta:
Genere: Black 
Anno: 2018
Nazione:
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84

Terzo album per la polistrumentista norvegese Sylvaine che, con “Atoms Aligned, Coming Undone”, dimostra come le one-man (one-female?) band al femminile non abbiano nulla a che invidiare a quelle maschili (p.e., Myrkur).

Frutto di una costante collaborazione con la scena post-black francese, senza ombra di dubbio fra le migliori al Mondo, Sylvaine ha conseguentemente assorbito quanto di meglio ci sia, attualmente, nel campo dello stile musicale citato.

Assorbendo, inoltre, la magica emotività di qualcosa che muove le corde più nascoste dell’anima. Qualcosa che si chiama “Atoms Aligned, Coming Undone”, in questo caso. La morbidezza dell’opener-track, che è anche la title-track, raggiunge vette di lirismo assoluto. L’eccezionale visionarietà che la song scatena porta a mirabili visioni di una Natura pura e incontaminata, distante nello spazio e nel tempo dallo scempio ambientale che il dannato genere umano sta perpetrando ai danni di Gea. Incapace, ormai, di difendere la Terra dalla voracità e aggressività della feroce Umanità.

“Atoms Aligned, Coming Undone”, allora, riporta chi ascolta in un’Era della Bellezza, temporalmente posta a eoni dei quali si è dimenticata l’esistenza. La bravura di Sylvaine non può essere messa in discussione da alcuno. Sia per quanto l’abilità strumentale, sia – soprattutto – per un songwriting a tratti addirittura eccelso. Non solo nei momenti di riflessione ma anche quando il ritmo si alza per lambire, come gabbiani sulle onde, i territori dei blast-beats.

La profondità della composizione è tale da generare sentimenti primordiali, puri, incontaminati. Tali da portare alla commozione quando si librano nell’aria le note della meravigliosa suite ‘Mørklagt’. La dolcissima voce di Sylvaine fa sì che ogni brano riesca ad avvolgere l’Io con linee vocali trasognanti. Linee vocali che disegnano, in un cielo multicolore, le forme sfocate dei sogni, come disegni che, alla fine dei loro moti atmosferici, somigliano alla sagoma del cuore. A un certo punto, però, la canzone accelera con veemenza, tornando a scatenare la furia dei blast-beats, ma senza mai abbandonare quel sottile languore che si chiama mal de vivre. La furia degli elementi, allora, guadata dell’ugola di Sylvaine – scabra, in queste occasioni – si scatena in tutta la sua potenza, come a spazzare via dal pianeta i miliardi di locuste che lo impoveriscono di vita giorno per giorno.

Grazie all’apporto di batteristi veri e non di drum-machine, il sound di “Atoms Aligned, Coming Undone” è imperioso, possente, quando la verve compositiva dell’artista scandinava esige l’energia necessaria per avvicinarsi alla maestosa irruenza del black metal. Sound che delinea un stile caleidoscopico, mutevole come mutano le nuvole che vagano nella volta celeste. Arrabbiato e cattivo quando il ritmo si alza per raggiungere l’altopiano della follia, ove il cervello si estranea dalla realtà per affogare nella trance da hyper-speed. Oppure, celestiale quando l’apporto della shoegaze si fa più intenso; intenso come le passioni che si librano libere nell’anima. Tornando a soggiogare la mente a scivolare con delicatezza nel Mondo dei Sogni.

La fattezza multicolore del disco consente di rimescolare, e tanto, la percezione uditiva che, come un filo conduttore che non si può, non si riesce a spezzare, trasporta le variabili tonalità delle canzoni attraverso l’invisibile. Tuttavia percepibile dall’orecchio più attento, destinato a immergersi nelle incantevoli armonie del disco medesimo.

‘Worlds Collide’, e la coinvolgente, aulica voce di Sylvaine, porta la coscienza a chiudersi in se stessa, muovendosi nel buio all’unisono con le carezzevoli battute di una sezione ritmica ora serena. I cambi di tempo provocano sussulti d’ardore, rimescolando ciò che no si può vedere. Si torna poi a volare di nuovo con ‘Severance’, vivace traccia che, di nuovo, mostra chiaramente lo stile unico e irripetibile della musica di Sylvaine, impegnata stavolta in un disperato screaming, doloroso per sottolineare l’assenza di speranza per qualcosa che è stato ma non sarà più: la vita. Chiude ‘L’Appel du Vide’, altra splendida suite dal carattere che cambia di colore al variare dell’incidenza della luce che lo colpisce, sino a naufragare nella ridda dei pensieri al tramonto.

Impossibile restare indifferenti alla purissima arte di Sylvaine e del suo celestiale figlio, “Atoms Aligned, Coming Undone”.

Per sognare.

Per volare.

Daniele “dani66” D’Adamo

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