Recensione: Aurum

Di Gianluca Fontanesi - 2 Gennaio 2018 - 0:02
Aurum
Band: Urarv
Etichetta:
Genere: Black 
Anno: 2017
Nazione:
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75

Il buon Bjørn Dencker Gjerde, meglio conosciuto come Aldrahn, in seguito alla dipartita dai Dødheimsgard non è di certo rimasto con le mani in mano; gli Urarv sono la sua ultima e freschissima creatura e Aurum è un debutto di tutto rispetto del quale parliamo con piacere e che è in grado di regalare parecchie soddisfazioni. Forvitringstrid focalizza subito le idee e ci inquadra l’album in un ottimo black metal con spolverate pagan che mai male non fanno. Aurum è un disco solido e seminale, con Aldrahn che ne è l’assoluto mattatore. Come in quel grandioso capolavoro di nome A Umbra Omega, anche in questo frangente le doti interpretative del quarantunenne sono valore aggiunto, marcia in più e il 90% della personalità della band.

Ancient DNA, dopo un’opener non troppo tirata, accelera il tiro e si sposta sui blast beat; sezione ritmica e chitarra sono essenziali e sempre al servizio di brani, che risultano strutturalmente piuttosto semplici e mai troppo cervellotici. Il ritornello sa quasi di nenia per bambini posseduta dal demonio e gli inserti thrash fanno il loro sporchissimo dovere consegnandoci un pezzo assolutamente micidiale. The Retortion culla i padiglioni auricolari con un buon arpeggio prima di esplodere e tornare al blast beat; le linee vocali sono anche qui piuttosto curate e rinforzate da sovraincisioni piuttosto azzeccate. Molto bello il ponte pagan, che viene purtroppo incollato al resto in maniera brutale e avrebbe potuto essere sfruttato meglio. Broken Wand è un brano lungo e intenso che chiude la prima parte del disco in maniera più che egregia con numerosi e ben riusciti sbalzi di umore sempre sorretti da quell’ermetismo di fondo che è anche uno dei maggiori punti di forza degli Urarv.

Si riparte con Guru e le sue malatissime chitarre poste in apertura; dopo una breve serie di stacchi si passa al solito ottimo black thrash seguito da un assalto piuttosto massiccio in blast beat. Il brano risulta piuttosto efficace e con un ponte di ampio respiro e alcune buone cartucce che vengono sparate senza esagerare. Valens Tempel serve nella sua fase iniziale una fase strumentale che prepara piuttosto bene l’ascoltatore a un brano che si diverte e spiazza in continuazione. Si tratta sicuramente di una delle migliori composizioni offerte dagli Urarv ed è un’ottima dimostrazione di talento e padronanza del genere che lascia bene sperare per il futuro dell’act norvegese. Fancy Daggers  è un pezzo che possiamo definire punk per minutaggio, attitudine e mood complessivo; ci sta e non stona affatto col resto dell’opera, che è in ogni caso su altri livelli. Conclude il tutto la lunghissima Red Circle che, coi suoi nove minuti e passa, è un biglietto da visita di quelli che contano e una ciliegina su una torta che si mangia sempre con più gusto ad ogni passaggio.

Aurum è quindi un debutto piuttosto riuscito e possiamo sicuramente considerare gli Urarv come una band interessante e dal roseo futuro. Si tratta comunque di una proposta strutturalmente semplice ma difficile nei contenuti e nella fruizione; non si presta di certo ad ascolti disinteressati e non vuole essere il solito black metal senza pretese da consumare in pochi giorni. L’opera degli Urarv è solida e si dilata nel tempo offrendo sempre qualche finezza in più ma, come molti debutti, lascia presagire che il meglio sia ancora dietro l’angolo e in attesa di essere servito. Per ora ci congediamo soddisfatti e appagati, buona la prima!

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