Recensione: Avé

Di Luke Bosio - 11 Agosto 2017 - 8:00
Avé
Band: Venom Inc.
Etichetta:
Genere: Heavy 
Anno: 2017
Nazione:
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70

Quando qualcosa si rompe diventa sempre arduo ripararlo e riportarlo alla funzionalità, nonché allo splendore di un tempo! Può essere un orologio, un crocifisso, il vaso di Pandora o anche una band chiamata Venom: sicuramente tra le cinque formazioni più influenti di sempre nel mondo del metallo pesante! Due fazioni contrapposte, odio e rancore, fans schierati come ad inizio derby ed ecco che parte la telecronaca… 

Se da un lato Cronos ha focalizzato su di sé  – e da sempre – l’immagine sinistra ‘venomiana’ (detenendone pure il trademark), questo non vuol dire che, se non ci sono le prerogative per una collaborazione funzionale, chi ha contribuito esponenzialmente a creare il ‘black metal sound’, debba restare con un palmo di naso. Quindi, se l’aggiunta ‘INC.’ – o meno – vuol dire riportare all’attenzione del grande pubblico Mantas & Abaddon, allora è giusto che sia cosi. “Diamo a Cesare quel che è di Cesare”. E se, guarda caso, abbiamo anche Tony Dolan alla voce e al basso, le prerogative per fare bene e riprendere il discorso della line-up che per un periodo ha cavalcato il nome Venom (1989-1994) ci sono tutte. Purtroppo due buone band non ne fanno una stellare, ma ahimè, le parche del destino ancora una volta hanno storto il naso riguardo alla reunion. “Avé” è un disco pieno di enfasi, di voglia di fare bene e dimostrare di non essere secondi a nessuno: qualcosa funziona – qualcosa invece no! Ma era il rischio che gli old-boys di Newcastle sapevano di dover correre pubblicando un nuovo lavoro. Nella mia valutazione complessiva, il disco parte con due punti di demerito, causa la delusione “Dein Fleisch”! Diciamo che l’anteprima su ‘ovunque’ è stata una scelta fuorviante. Un esercizio gothic-horror da quattro soldi che emana nell’aria un fetido lezzo di wurstel e crauti. Sonorità moderniste da sempre lontane anni luce dal pensiero della band, nonché dal resto di questo album. Un disastro di brano che, per giunta posto come quarta traccia, fa digrignare i denti e intralcia inevitabilmente la fluidità dell’ascolto. Come si intuiva, la nuova musica targata INC è priva di qualsiasi attitudine punk, ma è ridondante e carica di metallo bollente, in prevalenza thrash e speed metal, suonato da capi scuola del genere. Dolan ruggisce molto più che in passato ed è più ‘sul pezzo’ che non nei tre episodi discografici passati a nome Venom (1989/1991/1992). Qui il livello di Demolition Man è ben più alto! Un rinvigorito Abaddon suona come mai ce lo saremmo aspettato e i suoi giochi su piatti e raid sono quel qualcosa in più che i batteristi moderni (per intenderci quelli tutto doppia cassa di scuola Vinnie Paul), non hanno mai fatto proprio, rinunciando al tocco personale. Come un lupo solitario, Mantas ha composto il disco! Lui è una garanzia e suona egregiamente bene, taglia e cuce riff su riff alternando pregevoli assoli con il suo stile personale. Tutto funzionale direte voi? No, manca ancora qualcosa. Manca l’attitudine punk di Cronos, che, unita al metallo di Mantas e ai fuori tempo di Abaddon si fondevano perfettamente creando l’alchimia metal-punk, comunemente detta black metal.

Su questo disco ci sono chiari rimandi al passato: “Forged In Hell” e “Metal We Bleed” sono due bastonate ‘ignoranti’ sulle orecchie, la tirata “Time To Die” e la malevola “The Evil Dead” hanno ottima presa e sono stati scritti appositamente per essere proposti dal vivo. L’ottima “War” (una canzone anti-guerra e anti-terrorismo scritta dai Venom?!? Bah…stento a crederci, ma di ‘sti tempi va bene così) e la conclusiva “Black N Roll”, un chiaro omaggio a Lemmy, innalzano senza dubbio la qualità del lavoro! Purtroppo ci sono anche episodi meno brillanti: “Preacher Man”, “Blood Stained” e “I Kneel To No God” sono patogeni dello stesso virus! Troppo elaborate e lontane dai classici standard dei Venom, risultano noiose e per nulla incisive! Negli anni a venire, “Avé”, verrà ricordato più che altro per il tour de force di nove minuti della title-track, ovvero un calderone maligno contenente tutti gli elementi che da sempre sono sinonimo di Venom sound. Sorvolando sul giro portante della chitarra di Mantas (In Nomine Satanas 2.0) troviamo nell’ordine: l’intro dell’Ave Maria di Shubert, usata come esca blasfema, un primo spoken-word del satanasso, tormenti e girandole demoniache a non finire, infarcite da un grande coro che ritorna spesso a farci visita, un ottimo assolo e nuovamente spoken-word! Mastodontica! In quest’ottica è il pezzo più dotato e fa la parte del leone. Le legioni di vecchia data apprezzeranno non poco questa mefistofelica title-track. Un ultimo interrogativo: a discapito di entrambe le band ‘velenose’ c’è da considerare l’incognita tempus fugit, dato che non siamo più a cavallo del periodo 1983-1985, ovvero quando si aspettavano le uscite dei Venom come la manna dal cielo (o sarebbe meglio dire fiamme dagli inferi). Periodi in cui la band rilasciava almeno un album e due 12” di inediti (non meno importanti) nell’arco dell’annata. Un’uscita del genere vista in ottica 2017, può interessare solo ed esclusivamente tre fasce di persone: 

1) Die Hard fans dagli albori ormai 50enni 15% 
2) ragazzini nostalgici di un tempo sfortunatamente per loro mai vissuto in prima persona 5% 
3) curiosi, neofiti e addetti ai lavori 2% 
Se non ho dimenticato nessuno siamo al 22% rispetto alle aspettative di un tempo da parte dei metal-heads che si aggiravano attorno ad un buon 80-85%. Ma, come detto, gli anni Ottanta erano altri tempi e il demonio sotto al ponte del Tyne dominava indisturbato. Le folli scorribande notturne Black Metal dei norvegesi di metà novanta – che risvegliarono le gesta degli eroi inglesi – sono ormai andate, così come le chiese arse nel nome del maligno. Vivere di rendita non è il massimo dell’aspettativa per un musicista, ancor meno per dei Geordie incazzati col mondo, a cui il termine ‘accontentarsi’ va dannatamente stretto. Che questo sia unicamente il preambolo per qualcosa più grande a venire? Ma sarebbe veramente la stessa cosa? Ne varrebbe ancora la pena? I numeri parlano chiaro, più delle parole! Al momento lasciamo che queste due entità parallele continuino la loro corsa senza mai toccarsi. Venom Inc. potrebbe significare tutto e allo stesso tempo significare niente: Ancora una volta….benvenuti all’inferno! 

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Band: Venom Inc.
Genere: Heavy 
Anno: 2017
70