Recensione: Awakening Inception

Di Daniele D'Adamo - 11 Aprile 2018 - 16:39
Awakening Inception
Band: Æpoch
Etichetta:
Genere: Death 
Anno: 2018
Nazione:
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72

Benché nati nel 2012, solo ora gli Æpoch da epoch, epoca, periodo con un inizio e una fine che può essere preso come singolo punto di riferimento temporale – giungono al debut-album, “Awakening Inception”, peraltro come autoproduzione distribuita dalla Mind Eraser PR.

Per giungere subito al sodo, appare strano che una formazione di più che buon livello come i Nostri non si sia accasata presso una label. Strano, poiché l’appartenenza degli Æpoch a un qualunque roster di un’etichetta di medio/alto fatturato avrebbe dovuto essere la norma. Sì, perché i sei anni che si sono resi necessari per addivenire all’Opera Prima sono stati spesi bene, dalla formazione canadese: “Awakening Inception” è un lavoro che si basa su uno stile adulto e maturo, coincidente con quello che si trova abitualmente nel secondo/terzo album in carriera.

Stile che fonda le sue radici nel death metal. Anzi, technical death metal, se si vuole essere più precisi. Alcuni, peraltro, potrebbero pensare a un passaggio al progressive ma, obiettivamente, l’insieme musicale entro cui si muove il combo di Cambridge non contiene quegli spunti evoluzionistici necessari a indurre a ragionare su una musica che, al contrario, fa della progressione musicale il suo punto forte. Technical death metal sia, allora.

Le radici sopra citate sono la base di partenza per una struttura complessa, dalle forme complicate. Gli Æpoch sono dotati di grande tecnica strumentale, a partire dal cantante (e bassista) Brett MacIntosh, che imposta le linee vocali su uno screaming misto a growling molto dinamico e veloce, a tratti addirittura somigliante a uno scioglilingua. Come si può immaginare, date le premesse, le song sono raccoglitrici di enormi quantità di note e accordi, messe assieme con precisione e, soprattutto, con senso logico e perfetto ordine. Rispettando, quindi, la classica forma-canzone senza divergere in incomprensibili guazzabugli di suoni sparati alla velocità del suono, senza capo né coda.

Certamente, sempre per quanto più su accennato, “Awakening Inception” è un disco che necessita di parecchi ascolti per essere se non digerito almeno gustato. La melodia è pressoché assente, a esclusione di ‘Delirium of Negation’ ove, invece, si possono assaporare le turbolente armonie create dalle chitarre, impegnate a duettare con il basso per un effetto globale di piacevole sapore. In tutte le altre tracce, invece, prevale la componente virtuosistica, con arzigogolati passaggi di notevole laboriosità che, a volte, appaiono almeno a parere di chi scrive – un po’ fini a se stessi (‘Serenity of Non-Existence’).

A tal proposito, occorre affermare chegli Æpoch non fanno parte del novero delle band che identificano l’autocelebrazione come motivo di esistenza. Tuttavia, la semplificazione operata con la già menzionata ‘Delirium of Negation’ parrebbe essere il giusto compromesso fa musicalità e scientificità, sì da soddisfare sia gli esegeti sia i semplice appassionati. Con brani come la title-track ‘Awakening Inception’, al contrario, dissonanze e disarmonie prendono il sopravvento minando (quasi) inevitabilmente il valore artistico dei brani stessi. La comprensione degli arzigogoli musicali non è complicata e, come detto, il quartetto dell’Ontario non perde mai di vista il concetto di canzone e questo è un gran merito, pur avendo da sparare cartucce intarsiate da fini e arabescati disegni. Esso riesce parimenti bene anche quando si alza l’asticella della velocità e dell’aggressività, come in ‘Karmasphyxiation’.

Tutto ciò conduce a pensare, infine, che gli Æpoch avrebbero potuto limitare la tendenza a divergere dall’umana comprensione, tipica del technical death metal, per dar vita a un prodotto ancora più fruibile, in grado cioè di centrare in pieno l’obiettivo. Ma questo non è avvenuto.

Daniele “dani66” D’Adamo

 

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