Recensione: Back in Flames – “Strike”

Di Stefano Ricetti - 14 Ottobre 2015 - 0:10
Back in Flames – “Strike”
Band: Strike
Etichetta:
Genere: Heavy 
Anno: 2012
Nazione:
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80

Tu vuó fa l’americano,

mmericano, mmericano

ma sì nato in Italy…

Già… i napoletani Strike si fecero passare per statunitensi per anni ma quello che conta per davvero è il fatto che diedero vita al primo ellepì heavy metal della storia italiana, omonimo, nel 1981. Dopo trentun anni – è uscito nel 2012 – sono finalmente disponibili su Cd le nove tracce originarie più quattro bonus grazie al lavoro di restauro al quale da qualche tempo ci ha abituati la label Jolly Roger Records. Echi di sponda prevalentemente Saxon la fanno da padroni all’interno del disco, non mancano influenze provenienti da Ac/Dc e Van Halen, così come i Twisted Sister, anche se in pectore. Il tutto, ovviamente, condito da dosi da cavallo di salsa acciaiosa partenopea. Back In Flames risulta semplicemente fondamentale per capire su che basi partì l’Italian way of heavy metal nei formidabili anni Ottanta. L’uscita da parte dell’etichetta modenese porta in dote una nuova copertina – onestamente l’originale, anonimissima “Strike” pareva una cover di un disco mix di dance -, e si accompagna a un libretto di dodici pagine con belle foto vintage della band, tutti i testi dei brani, una biografia e spezzoni di pagine di H/M, Rockerilla e Aardschok America tutti riguardanti, ovviamente, gli Strike. Al di sotto dell’alloggiamento plastificato del Cd fisico vi è sono le dediche di Jimbo Moisher e di Daryl a suo fratello Paul, scomparso nel 2002. 

Per quanto afferente la recensione dei nove pezzi originari, quelli del 1981, qui di seguito vi è uno stralcio di quanto già scritto a suo tempo su questi stessi schermi neri, mentre le righe successive si riferiscono ai quattro pezzi bonus facenti parte del “pacchetto” Jolly Roger Records.

Le prime tre tracce, tratte dal demo del 1985, risentono beneficamente della lezione impartita dai Kiss negli anni Settanta ma anche dell’uragano suscitato dai Def Leppard nelle classifiche del periodo, come nel caso di Flames, l’apripista. I successivi Let Me Go e C’mon Let’s Rock sono i brani più strettamente debitori del Bacio più famoso della storia dell’hard rock: trame e cori poi ripresi alla grande dagli stessi Kiss in Crazy Nights nonché dalle band coloratissime della Los Angeles dei primi anni Ottanta. Capitolo totalmente a parte costituisce l’inedito Fly, una gemma chitarristica di poco più di due minuti regalata al popolo dell’hard’n’heavy da Paul Ingrosso, fra tradizione napoletana, umori spagnoli e passaggi tipici della musica dura. R.I.P.!     

Qui intervista a Daryl Ingrosso del 2004.

 

Recensione Strike, 1981

Inghilterra, dicembre 1980.

La NWOBHM è sbocciata in tutta la sua primigenia candida violenza. Le uscite discografiche di quest’anno sono tutte di prim’ordine e vengono elencate le più importanti: Def Leppard “On Through The Night”, Girlschool “Demolition”, White Spirit “White Spirit”, Iron Maiden “Iron Maiden”, Saxon “Wheels of Steel”, Witchfynde ”Give Em Hell”, Samson “Head On”, Saxon “Strong Arm Of The Law”, Vardis “100 M.P.H.”, Fist “Turn The Hell On”, Angel Witch “Angel Witch”, Tygers of Pan Tang “Wild Cat”, Warrior “Let The Battle Commence”, Mythra “Death And Destiny” Ep.

 

Inghilterra, dicembre 1981.

Oltre alle riconferme dei nascenti gruppi dell’anno scorso, anche questo 1981 si è chiuso con degli ottimi album: Praying Mantis “Time Tells No Lies”, Demon “Night Of The Demon”, Handsome Beasts “Bestiality”, Raven “Rock Until You Drop”, Holocaust “The Nightcomers”, Saxon “Denim and Leather”, Iron Maiden “Killers”, Def Leppard “High And Dry” , Tygers of Pan Tang “Spellbound”, Girlschool “Hit And Run”, Samson “Shock Tactics”, Dark Star “Dark Star”, Venom “Welcome To Hell”, Strike “Strike”.

 

Segue l’analisi di quest’ultimo album: il debutto omonimo degli Strike. Gli Strike nascono nello Yorkshire, dopo aver imparato a menadito la lezione dei probabili capostipiti della attuale NWOBHM (Saxon, Iron Maiden e Def Leppard) fanno uscire il loro esordio discografico per la Carrere Records…

 

Italia, ottobre 2015.

Dimenticatevi l’ultimo pensiero del capoverso precedente, inventato di sana pianta, prodotto fuoriuscito dalla fantasia pennaiola dello scriba e andate avanti a leggere. Gli Strike sono italiani, di Napoli per la precisione e quella che state per leggere è la recensione del PRIMO LP DI HEAVY METAL uscito per una band tricolore.

Si, avete capito bene, gli Strike hanno fatto uscire il loro LP omonimo nel 1981, addirittura un anno prima di “Metal Rock” dei Vanadium e “Berserks” dei Berserks. “Vanexa” dei Vanexa uscì nel 1983. La formazione comprendeva, oltre a Dario “Daryl” Ingrosso alla voce ed al basso, suo fratello Paul alla chitarra, i due americani Jimbo Moisher all’altra chitarra e Jimmy Sharp alla batteria.   

Si parte alla grande con “Short Cut to Hell”, pezzo che sembra vomitato dai sobborghi di Londra: NWOBHM di stampo purissimo dalle chitarre cristalline e dal suono pulito con i Saxon come incontrastati numi tutelari. Si rallentano i ritmi in “Head Out”, brano la cui  spina dorsale è costituita dal basso marcio di Daryl, ed è un’autentica goduria poter sentire il suono ben definito dei vari strumenti, ognuno con il proprio spazio, senza dover “per forza” riempire i vuoti come spesso capita nelle produzioni moderne.

Un Dario che rasenta il plagio a Biff Byford per l’intonazione conduce “I Want to Rock”, brano  prodromo dei Twisted Fuckin’ Sister, con la batteria che non è obbligata a viaggiare in doppia cassa per coprire le magagne ma che pesta da par suo vecchia maniera. Un intro sfacciatamente  a la AC/DC ci trascina in “Hot Wheels” un rock ‘n’ roll old school con riff, bridge, riff e così via fino alla fine senza tante menate di sorta. Gli amanti di queste sonorità infarcite di rimandi blues impazziranno per questo pezzo, semplice ma sempreverde, come solo le grandi canzoni sanno fare. A riportare gli Strike sui territori del Sacro Metallo ci pensa un brano che è già una dichiarazione d’intenti dal titolo “Heavy Metal Army”, anche qui gli AC/DC più cupi la fanno da padrone, in un pezzo dove il singer per intensità dell’interpretazione riesce a risvegliare i fantasmi del grande Jon Deverill dei Tygers of Pan Tang. Il coro “Heavy Metal Army” non è roboante e grasso come quelli tanto di moda oggi, ma possiede il retrogusto dei chorus alcolici che si improvvisano fra fan un po’ alticci ai vari festival. “Go Our Way” puzza di nuovo di Angus e soci come struttura, anche se gli Strike sembrano i novelli Twisted Sister nel bridge. Probabilmente Dee Snider non ebbe mai modo di sentire questo disco e mai lo ascolterà, ma le similitudini fra le due band in questo brano sono impressionanti nonostante le migliaia di chilometri fra New York e Napoli. In quegli anni i TS viaggiavano ancora  a livello di 7”, la pubblicazione del loro primo Lp, “Under the Blade” risale infatti al 1982.

Un mini duello di chitarre introduce “Fire Going Higher”, dalla struttura NWOBHM più orientativamente melodica a la Praying Mantis, mentre l’intro malinconico con un sottofondo di vento della seguente “Running The Race” viene subito spezzato delle asce dei due axeman che fanno ripartire il brano verso un rock’N’roll dall’ottimo chorus. Da rimarcare il pregevole assolo “vanhaleniano” di Paul Ingrosso, denso di pathos che poi sfuma nel ritorno del vento di cui sopra. Si chiude alla grande con “We Got the Music”, un mid temo di classica matrice ottantiana, dove la voce di Daryl graffia per davvero.

Da questi solchi passa inequivocabilmente la storia…

 

Stefano “Steven Rich” Ricetti 

 

 

STRIKE BAND

Strike

 

 

 

STRIKE STRIKE

La copertina dell’originale “Strike”, 1981

 

 

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