Recensione: Bad Company

Di Zinco85 - 10 Novembre 2007 - 0:00
Bad Company
Band: Bad Company
Etichetta:
Genere:
Anno: 1974
Nazione:
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100

Siamo di fronte ad uno dei migliori gruppi nella storia della musica.

Basterebbe solo questo ad identificare i Bad Company, fondamentale gruppo Hard Rock che trae le sue radici dalla disgregazione di altri tre grandi gruppi rock: i Mott The Hoople, i Free e i King Crimson (rispettivamente il chitarrista Mick Ralphs, il cantante Paul “The Voice” Rodgers e il bassista Boz Burrell).

Il debutto del gruppo avviene nel 1974 proprio con l’omonimo disco, una pietra miliare del rock e della musica in generale, un ellepì capace di spaziare dall’hard rock più graffiante alle ballate più aggraziate, il tutto dominato dalla magnifica voce di Rodgers, tra i miglior singers di sempre (insieme, a parere di chi scrive, a Rob Halford ed al compianto Freddie Mercury), non a caso, attuale cantante nei tour dei Queen.

L’apertura del platter è riservata alla canzone forse più famosa dei Bad Company: “Can’t Get Enough”.
La voce di Simon Kirke, il batterista della band, che recita “One, Two, One, Two, Three, Four”, lascia il posto ad uno dei riff più semplici e seducenti mai sentiti; il brano è, nel complesso, un capolavoro di melodia, con la parte finale assolutamente trascinante, grazie alla ruvida atmosfera blues, accompagnata dal grandioso cantato/parlato di Rodgers.
Una delizia per le orecchie.
Un grande riff spezzato ed un ottimo ritornello nel quale il volume di suono e la velocità di esecuzione aumentano considerevolmente, sono le caratteristiche principali del pezzo successivo. L’”esplosione” vocale di Rodgers, in cui il titolo del brano “Rock Steady”, è urlato con forza, da poi il via ad una serie di pause e ripartenze che rendono il tutto ancora più magico.
La terza track “Ready For Love”, è quindi la prima ballata del disco ed è l’ennesimo capolavoro: come al solito a determinarne l’altissima qualità è la splendida voce di Rodgers, che in più aggiunge anche una grandissima prova al pianoforte.
Ballata comunque intensa e dal tono non troppo melenso, a differenza della seguente “Don’t Let Me Down”, splendido esempio di incrocio tra voce e cori.
Se poi la voce è di Paul Rodgers, ed i cori sono pressoché perfetti, è impossibile non riconoscere un’altra perla all’interno di questo eccellente album: già al termine della quarta canzone, si potrebbe gridare alla perfezione e all’impossibilità di superare tali vette.
Ecco che invece dallo stereo escono le note di una delle più belle canzoni nella storia della rock: “Bad Company”.
La partenza lenta con voce e pianoforte, il “Bad Company” gridato da Rodgers, le linee melodiche di chitarra e piano rendono questa graffiante e al contempo armonica canzone assolutamente eccezionale.
Piccola nota a parte: le parole iniziali “I Was Born, Six Gun In My Hand” sono presenti come citazione in una delle saghe western/fantasy più belle della letteratura: “La Torre Nera” di Stephen King.
La successiva “The Way I Choose” ha l’unica sfortuna di trovarsi dopo “Bad Company”, ma è in ogni modo un altro fantastico esempio d’armonia e melodia.
“Movin’ On”, settima traccia in scaletta ed episodio più frizzante in assoluto, trae le sue radici dal rock and roll più classico, a dimostrare come i Bad Company fossero in grado di spaziare su molti stili diversi e avere come base una sola cosa: creare buona musica.
Chiude ”Seagull”, brano basato solo su chitarra acustica e voce, degna conclusione di un capolavoro di note come ce ne sono pochi in giro.

I Bad Company avranno una carriera lunga e soddisfacente, con frequenti cambi di line-up e molti alti e bassi, ma a tuttora non sono mai riusciti a raggiungere il livello del loro primo incredibile disco, un’opera magistrale assolutamente necessaria nella collezione di chiunque si dica intenditore di musica e di rock in particolare.

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