Recensione: Batavi

Di - 6 Giugno 2012 - 0:00
Batavi
Band: Heidevolk
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Genere:
Anno: 2012
Nazione:
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81

Era solo questione di tempo. Prima o poi, e c’era d’aspettarselo, anche una delle migliori popolazioni guerriere finite sotto l’egida dell’esercito romano doveva essere raccontata nel grande libro del Metal europeo. Chi se non i discendenti diretti di queste fiere  popolazioni, abitanti delle stesse lande a ridosso dell’Oceanus Germanicus, poteva mettere in musica le gesta dei “Batavi”, stripe germanica proveniente dall’Insula Batavorum, lembo di terra compreso tra i fertili rami del Reno, nell’odierna Gheldria?
Tornano sulle scene gli olandesi Heidevolk, a due anni di distanza da “Uit Oude Grond”, con un concept-album incentrato sulla storia della propria terra d’origine e del popolo guerriero la cui esistenza si lega a doppio filo con le vicende belliche di Roma, tanto da essere citato nel celebre Debello Gallico di Caio Giulio Cesare.
I Batavi, popolazione assoggettata militarmente allo strapotere romano, godevano di estrema considerazione in campo militare, tanto da essere esentata dal pagamento dei tributi a patto di servire nell’esercito (auxilia palatina). Una popolazione guerriera che servì nei più alti ranghi dell’esercito, fino ad arrivare al corpo pretoriano dei Equites singulares, la scorta personale dell’Imperatore.

Un passato così glorioso, fatto di battaglie, di sfavillanti vittorie e repentine capitolazioni, di sangue ed eroismi doveva per forza trovare la giusta colonna sonora a celebrarne lo splendore. Questo “Batavi” ci riesce in maniera egregia, accompagnando l’ascoltatore, attraverso le nove canzoni che lo compongono, nel cuore delle vicende che portarono alla rivolta  dei Batavi ed alla conseguente totale distruzione di Noviomagus Batavorum – l’attuale Nijmegen – uno dei primi accampamenti militari romani, poi ricostruito ed occupato dalla Legio X Gemina.
Sottomissione, rivolta, vittoria e declino: il tutto raccontato in maniera precisa con un disco che segna una nuova maturazione del sound degli Heidevolk; un suono forse meno folk dei suoi predecessori, ma comunque capace di rendere chiare tutte le suggestioni di cui si è fatto portatore. Una musica quanto mai adatta alla narrazione della storia: nessun ritmo spumeggiante ma bensì un incedere sovente marziale, in parte drammatico e doloroso, in linea con lo spirito bellicoso dei Batavi, e l’animo irridente che li contraddistingueva, animo desideroso di unità con i popoli germanici che portò alla rivolta per la libertà guidata da Gaio Giulio Civile, e la drammaticamente capitolata, affogando nel sangue, nel settanta. Sconfitta che, di fatto, riconsegna un popolo al giogo romano.

Fin dalle prime note gli Heidevolk ci presentano i pezzi forti della relaese: è il caso di “Een Nieuw Begin”, apertura capace di catapultarci immediatamente tra i ranghi della legione con un ritmo serrato, cadenzato, diretto. Suoni molto curati ed esaltati egregiamente da una produzione impeccabile in cui spicca la qualità cristallina dei cori, supportati da un Joost in forma stratosferica. Di gran pregio le parti vocali di Joris e Mark (che in più di un frangente mi hanno riportato alla mente il timbro di Vintersorg), capaci di dare profondità – a tratti di una epicità esaltante – ad ogni singolo passaggio, evidenziando una capacità di modulazione della voce davvero notevole. “De Toekomst Lonkt” prosegue idealmente con il ritmo serratodeall’inizio, stemperandosi però nei volteggi della chitarra di Reamon e nel metaforico rincorrersi della parte corale con la voce solista. È  un lavoro omogeneo quello proposto degli olandesi, al cui caratteristico sound  si aggiungono ritmiche tendenti al Black o al Doom, come nello sviluppo della seguente “Het Verbond met Rome”, brano in cui il gruppo si sofferma sul sentimento di profondo rispetto e dedizione del guerriero nei confronti di Roma, desideroso di combattere per l’Urbe, anche se con il cuore pesante per la lontananza dalla terra natia. Un’alleanza che porterà le schiere  batave fino in Britannia, ai confini dell’Impero, per combattere nella battaglia di Medwey. “Ho combattuto una guerra al di la del mare per la pace del mio popolo, ho combattuto ardentemente per la gloria di Roma”, parole che in “Wapenbroeders” sintetizzano in maniera inequivocabile lo spirito che anima gli Heidevolk nel raccontare al mondo la storia delle proprie terre; un violino quieto si prendere un po’ di spazio dandoci un minimo respiro dalle impetuose folate di una sezione ritmica perennemente sugli scudi. Violino che, dopo una superlativa “In het Woud Gezworen”, riacquista le luci della ribalta con la toccante “Veleda”, brano dedicato all’omonima sciamana che predisse l’iniziale successo della rivolta contro l’esercito romano.
A Nostri non resta che descrivere la parte peggiore della storia, quella della resa e del ritorno all’ordine stabilito dopo le strabilianti vittorie capaci di mettere in ridicolo ben quattro legioni del più grande esercito dei tempi antichi. “Als de Dood Weer Naar Ons Lacht” e “Einde der Zege” rappresentano in musica il dolore, il rammarico dopo l’esaltazione, la prigionia dopo aver assaporato il gusto forte ed inebriante della libertà. È la musica del dolore:  dolore nel vedere i propri amici, i compagni d’arme galleggiare senza vita tra le acque calme del Reno che per l’occasione si dipinse d’oro, quasi a voler rendere omaggio alla forza ed al valore di cui sono state testimoni le placide sponde. Alla conclusiva “Vrijgevochten” il compito di mettere la parola fine ad un disco che testimonia, laddove ce ne fosse ancora bisogno, del ruolo assolutamente centrale del gruppo olandese nella scena Pagan europea. Un album ricco di ispirazione, di passsione, concepito, suonato e prodotto con la cura necessaria affinché si possa accostare ai migliori gioielli del genere senza sfigurare. Complimenti dunque agli Heidevolk: un disco, questo “Batavi”, degno del passato glorioso dei propri avi.

Daniele Peluso

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TRACKLIST:
01. Een Nieuw Begin     
02. De Toekomst Lonkt     
03. Het Verbond met Rome     
04. Wapenbroeders     
05. In het Woud Gezworen
06. Veleda     
07. Als de Dood Weer Naar Ons Lacht     
08. Einde der Zege     
09. Vrijgevochten
 

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