Recensione: Begin Again

Di Fabio Vellata - 7 Agosto 2019 - 0:01
Begin Again
Etichetta:
Genere: Hard Rock 
Anno: 2019
Nazione:
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80

È uscita giusto da un paio di mesi l’ennesima buona novità di caratura internazionale prodotta da una scena divenuta solida come quella tricolore.

Quello dei Wheels of Fire, infatti, è un disco che offre l’impressione di alto livello sin dal primo contatto, ponendo in evidenza la cura per i dettagli che è patrimonio tipico ed esclusivo di produzioni riservate ad una fascia qualitativamente alta ed evoluta.

Il paragone con quelli che erano gli album pubblicati lungo la penisola in ambiti hard rock anni fa – pur se animati da grande passione – è ormai impietoso.
All’epoca c’erano potenziale, qualche buona idea e musicisti di classe, ma latitavano del tutto o quasi le etichette e le strutture in grado di offrire un profilo realmente di ampio respiro a quanto veniva proposto.
Si faceva un po’ “ad accontentarsi”, si parlava di gruppi che “fossero usciti negli Stati Uniti o nel nord Europa” avrebbero avuto esiti migliori. Ci si rammaricava perché le idee erano buone, purtroppo però i suoni e la produzione non erano altrettanto validi ed i risultati destinati ad una dignitosa fascia di secondo piano.
Si supportava volentieri la scena locale, ma era scontato come la grandezza risiedesse altrove.

I tempi cambiano, per fortuna. E una volta tanto non in peggio. 
Con “Begin Again”, terzo album dei nostrani Wheels of Fire, abbiamo l’ennesima conferma di come anche dalle nostre parti si faccia – invero da un po’ di anni – sul serio, riuscendo con encomiabile ed assoluta continuità a dar forma ad ottimi album, suonati in modo esemplare e confezionati altrettanto ottimamente. 
Affermando finalmente una sostanziosa certezza che si è fatta largo con prepotenza: l’Italia non ha più molto da invidiare a paesi più esperti e posizionati stabilmente nel settore, grazie a prodotti competitivi e concretamente all’altezza.

Un merito ascrivibile a molti attori protagonisti, tra i quali un’etichetta come Burning Mind Records appare tra quelli in maggiore ascesa.

Parliamo quindi, di questo “Begin Again”, nuovo inizio che arriva a sette anni di distanza dal già più che buono “Up for Anything” e propone una band pressoché invariata, tuttavia molto più matura in termini artistici così come nella focalizzazione precisa di quelli che sono gli obiettivi da raggiungere.
Cosa parecchio significativa è, anzitutto, la totale mancanza di guest “internazionali” e ad effetto tramite cui raggranellare un po’ di visibilità aggiuntiva. Tutto quanto scritto e suonato su “Begin Again” è farina del sacco di Davide “Rox” Barbieri e Stefano Zeni, una coppia di musicisti di ampie capacità e talenti con una evidente infatuazione per gli anni ottanta, quelli gloriosi di MTV e del grande hard rock scintillante e patinato.

Un bel giro di giostra a cavallo di Danger Danger, Faster Pussycat, Def Leppard e Bon Jovi, filtri attraverso i quali elaborare una versione odierna (ma nemmeno troppo), di quell’hard rock – o hair metal che dir si voglia – brioso e gaudente che tanto piaceva trent’anni fa.
Senza però gli effetti sbiaditi e nostalgici di un ripercorrere malinconicamente orme passate di una grandezza che fu: brani come “Scatch that Bitch”, “Tonight Belongs to You”, “You’ll Never Be Lonely Again”, “Cant’s Stand It” e la omonima “Wheels of Fire” evidenziano freschezza e vitalità che, di certo, non si addicono ad una pallida rivisitazione ma si aprono piuttosto ad una gradita attualità.

Il disco nel suo insieme, piace eccome. Buon artwork, suoni competitivi (in passato, il’handicap maggiore della gran parte delle uscite italiane) e musicisti brillanti: il binomio Barbieri / Zeni, come da copione, è il perno su cui ruota l’intero impianto del cd. Voce alla Faster Pussycat e chitarre che zampillano e s’intrufolano in ogni dove.
Le canzoni poi che, come accennato, si rivelano fresche e vivaci, rendendo l’intero album una piacevole compagnia per ascolti ripetuti. 
La forza di un disco tutto sommato semplice e privo di eccessive sovrastrutture che piace forse proprio per questo, per la sincerità quasi ingenua con cui si arrampica alla ricerca di melodie easy listening e facili da memorizzare.

Evitando di dilungarsi oltre, la diagnosi con adeguato responso è, insomma, lampante: un altro bel centro per Burning Minds che amplifica quanto di buono già espresso recentemente in merito al lavoro svolto.
E i Wheels of Fire? Beh loro, dopo tutto, non hanno fatto altro che confermare quanto già si era intuito, dimostrando di aver raggiunto, con tutta probabilità, quel livello di maturazione utile nell’affrontare l’Europa “che conta” senza particolari incertezze o timori.
E con buone possibilità di successo.

 

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