Recensione: Better Undead Than Alive

Di Matteo Bovio - 4 Febbraio 2003 - 0:00
Better Undead Than Alive
Band: AA. VV.
Etichetta:
Genere:
Anno: 2003
Nazione:
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70

Non ho mai nascosto la mia semi-adorazione per questa etichetta italiana, la Code666, che con questa compilation ci permette di ottenere una panoramica sul suo nutrito rooster. Better Undead Than Alive mette in evidenza la direzione sonora di queste band, per lo più orientate verso spazi d’avanguardia, atmosfere apocalittiche e sfumature gothic. Ma non mancano le “mosche bianche”, come d’altronde è giusto che sia.

Una rapida occhiata ai nomi presenti fa subito venire l’acquolina in bocca… Si passa dai Diabolicum, forse uno dei gruppi più geniali degli ultimi tempi, a realtà più recenti come gli Enid, presenti con un remix di “Land Of The Lost” e con l’inedito “Exempion”. Proprio negli inediti troviamo alcune delle migliori chicche dell’intera compilation, come “Vazduh”, che ci fa riscoprire parte del vecchio suono dei nuovi entrati Negura Bunget; staccandosi parzialmente dal suono del nuovo ‘N Crugu Bradului, i rumeni ci regalano in questa sede un tocco di passato e di atmosfera. Loro anche il video presente sul secondo dischetto.

Solo una rimasterizzazione per gli Aghora, ma è difficile non rimanere stupiti davanti a questa band, sicuramente tra le migliori mai prodotte dall’etichetta nostrana. Impossibile non rimanere affascinati dalle loro melodie e da questo suono così tanto memore della lezione degli unici Cynic. Nel caso poi che le vostre orecchie necessitino di una pausa, ci pensano i Rakoth ad allietarvi con suoni di un’altra epoca, melodie tutt’altro che scontate racchiuse in due pezzi (di cui uno inedito).

Nel secondo cd trovano spazio due realtà a me precedentemente sconosciute. Nel primo caso si tratta degli Unmoored, dediti ad un Death metal piuttosto sostenuto, con inserti decisamente particolari; l’impressione generale al momento non è esattamente delle migliori, ma giudicarli su un singolo brano sarebbe quantomeno sbagliato. Si passa poi agli Abortus, capaci invece grazie a questa “Dollars Signs Smile” di convincermi grazie ad uno spirito insano e esplicitamente old style, che fa del loro Death un’occasione per riscoprire sonorità elementari e dirette.

Oltre ai già citati potrete poi trovare brani di Aborym, Thee Maldoror Collective, Void Of Silence, Bloodshed, Handful Of Hate, Ephel Duath, Atrox e Manes… giusto per darvi un’idea di quanto dicevo prima.

Nonostante i notevoli sforzi per dare alla compilation una struttura omogenea, e per presentarla come qualcosa più che un semplice cd a scopo promozionale, l’enorme eterogeneità delle bands proposte rende il lavoro difficile. Fondamentalmente il vero problema di cui soffre questo lavoro è uno ed unico: quasi tutti i gruppi presenti meritano un ascolto particolare, che riguardi non un singolo brano ma interi album, dunque è difficile valutarli o anche apprezzarli sulla “breve distanza”. Resta anche il fatto che, esclusi gli inediti, i remix non ci regalano granchè rispetto alle versioni originali.

Ricordiamoci però che all’interno del 2° cd potrete trovare moltissimo materiale aggiuntivo e multimediale, il che denota un lavoro e una voglia di fare propri di ben poche etichette, e che il costo è quello di un normale cd. Questo a dimostrazione (per l’ennesima volta) della grande qualità e professionalità di questa etichetta nostrana, che, come dimostrano i nomi presenti su questa compilation, vuole sempre più guardare avanti ed essere avanguardistica non solo nella musica proposta, ma anche nell’attitudine e nell’impegno. Le conclusioni a voi.
Matteo Bovio

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