Recensione: Between a rock and a blues place

Di Filippo Benedetto - 1 Maggio 2004 - 0:00
Between a rock and a blues place
Band: Steve Fister
Etichetta:
Genere:
Anno: 2004
Nazione:
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69

Torna Steve Fister con il suo nuovo album “Between a rock and a blues place”. Ed è rock, indubbiamente. Un rock, soprattutto, dove il blues svolge un ruolo determinante integrandosi in tracks dirette e di facile presa. Ecco, questa è la prima impressione che si ha ascoltando questa nuova fatica del chitarrista. L’essenzialità dell’approccio alla musica contenuta in questa nuova release si può già notare dall’immagine in copertina, ritraente le pedaliere ben sistemate una accanto all’altra quasi in attesa di essere utilizzate. Una produzione pulita che lascia spazio non solo alla chitarra (ovvio strumento “principe” di questo disco) ma equilibratamente al resto degli strumenti, è un altro elemento che colpisce subito l’ascoltatore.

Apre il disco il rock’n’roll di “Foolin’ me”. Questa track segue in maniera fedelissima i clichè del cosiddetto “rockabilly”, con una chitarra leggermente distorta che esegue riffs di facile impatto e un drumming pieno di brio. Si può dedurre che Fister voglia esprimere fin dalle prime traccie il proprio amore per il rick e le sue radici. Ciò lo si evince con maggiore chiarezza nella seguente “All said and done”, dove ai classici cliché rock’n’roll, viene aggiunto un gusto armonico blueseggiante. Fister, che canta in tutti brani dell’album, innesta poi svariati solos che impreziosiscono il tutto. Il risultato finale è piacevole. Il viaggio immaginario alla riscoperta di queste origini del rock prosegue inesorabile e fa compiere una sosta in territori musicali decisamente blues con la successiva “Change the game”, morbido brano acustico dove la sensualità bluesy sprigiona tutta il suo fascino. L’arrangiamento sembra costruito apposta per calare l’ascoltatore in questo tipo d’atmosfera dal sapore antico. “Funny ‘bout the money”, al contrario, vira verso lidi rock di più diretto impatto e finalmente Fister è libero di inserire un assolo trascinante dimostrando più marcatamente le proprie doti tecnico strumentali. La grinta mostrata in questo brano però viene subito dopo mitigata dalla seguente “Baby’s got a problem”, brano dove il rockabilly con venature blues irrompe nuovamente. Nuovamente Fister rassicura l’ascoltatore tuffandosi nei classicissimi canoni del rock’n’roll d’annata, inserendo ogni tanto qualche assolo per dare più tonalità ad un pezzo che, però, non aggiunge nulla a quanto già detto. L’amore plateale per questo genere viene dispiegato senza fronzoli nella successiva “Old lady trouble”, dove però si nota un lavoro in sede di riffing stuzzicante e piacevole.Ciò che rende questo pezzo un gradino sopra al precedente, però, è l’arrangiamento che è costruito con un certo gusto. “New beginnings” cambia finalmente atmosfera, facendo assaporare all’ascoltatore il gusto per armonie più moderne. Questo brano, interamente strumentale, è giocato su un riffing melodico e “riflessivo”. La chitarra di Fister, qui, ha modo di svolgere il tema fondamentale della song lasciandosi andare a divagazioni armoniche pregevoli e di buona fattura. Ad impreziosire il tutto si aggiunge anche un assolo per basso, che non fa che donare ulteriore godibilità ad un esperimento musicale piuttosto riuscito. Spezza questa romantica atmosfera il rock diretto  di “One way ticket” e sembra che Fister abbia deciso di mostrare un approccio più “roccioso” al rock sfornando un riffing più compatto e potente. In questa traccia si nota piacevolmente l’apporto alla sezione ritmica del drummewr Tommy Aldridge, che crea una solida base ritmica sulla quale il chitarrista ha modo di stendere un lavoro solistico frizzante e grintoso. Il disco sta per volgere a termine e il “rock duro” precedentemente proposto viene ulteriormente evocato con la successiva “Scarse no half to death”, dove sopra un riffing leggermente cupo e però di sicuro impatto Fister si lancia in assoli di buona fattura sostenuti dal drumming potente e accattivante di Carmine Appice. Sul finire del pezzo un assolo giocato su un buon uso dello slide sigilla la riuscita di un buon brano.
Chiude l’album il secondo strumentale “White Light”, brano sognante e dalla melodia suggestiva. Questa track approfondisce ulteriormente il discorso intrapreso precedentemente con “New Beginnings”, con la differenza di una maggiore apertura melodica ed un’introspezione carica di positiva emotività.

Per concludere questo “Between a rock and blues place” risulta essere un disco piacevole ma purtroppo con una tracklist che poco riesce ad amalgamarsi. Se Ci fosse stato più coraggio nel miscelare la gamma di atmosfere e melodie qui contenute, sicuramente questo lavoro ne avrebbe giovato.

Tracklist:
1. Foolin’ Me
2. White Light
3. All Said And Done
4. Change The Game
5. Funny ‘Bout The Money
 6. Baby’s Got A Problem
7. Old Lady Trouble
8. New Beginnings
9. One Way Ticket
10. Scares Me Half To Death
 

 

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