Recensione: Between Wild Landscapes and Deep Blue Seas

Di Francesco Sgrò - 19 Luglio 2019 - 0:00
Between Wild Landscapes and Deep Blue Seas
Band: Hollow Haze
Etichetta:
Genere: Power 
Anno: 2019
Nazione:
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75

L’autore di queste righe ricorda gli Hollow Haze ai tempi di “Poison In Black”, quel massiccio quarto album pubblicato nell’ormai lontano 2012 e che (a parere di chi scrive), presentava una band esplosiva e determinata. Da allora è certo che molte cose sono cambiate: negli ultimi anni infatti, gli Hollow Haze hanno visto avvicendarsi tra le proprie fila numerosi musicisti, tra i quali il nostro Fabio Lione Mats Leven, arrivando ad una formazione completamente stabile solo nel 2017. Questi frequenti cambi di lineup non hanno comunque influito sul percorso creativo della band nostrana, la quale, in verità, è sempre stata protagonista di album granitici e ben realizzati.

E’ questo il caso anche del nuovissimo “Between Wild Landscapes And Deep Blue Seas”, settimo tassello discografico che, con grande potenza, li riporta all’attenzione del pubblico a ben quattro anni di distanza dal riuscito “Memories Of An Ancient Time”. A livello stilistico, il sound del gruppo tricolore non ha subito grandi mutamenti nel corso degli anni, restando saldamente ancorato ad un power metal piuttosto classico e vincente, come dimostra perfettamente l’adrenalinica “Destinations”, opener dal forte sapore epico e cinematografico, in cui a dominare la situazione è la splendida voce del bravissimo Fabio Dessi, vocalist dei connazionali Arthemis, qui al suo esordio in studio con gli Hollow Haze. Ottimamente strutturato e contraddistinto da un refrain semplice e d’impatto, il primo brano permette all’album di decollare nella giusta direzione, arrivando poi alle note della seguente “Oblivion”, ancora in bilico fra la potenza dettata dalla sei corde del bravo Nick Savio, fondatore ed unico superstite della lineup originale del combo italiano, e l’eleganza  insita nell’imponente muro tastieristico, ancora una volta curato dallo stesso Savio, per un risultato finale davvero notevole.
Potenza e melodia continuano a coesistere perfettamente anche nel cuore della piacevole e più ruffiana “It’s Always Dark Before Dawn” la quale, pochi minuti dopo, cede invece il passo alle moderne ed oscure atmosfere della successiva “Through Space and Time”, indubbiamente più ispirata ed interessante rispetto alla traccia precedente.
La vena compositiva degli Hollow Haze continua a pulsare e a regalare momenti emozionanti anche nello sviluppo dell’intensa “I Will Be There”, bellissima ballad elettro acustica, interpretata con grande pathos dal bravissimo singer, in prima linea anche nella bella “Upside Down”, ancora caratterizzata da un ritornello nettamente melodico e concepito per essere assimilato facilmente dal fruitore, mentre la chitarra di Savio confeziona un guitar solo breve e di ottima fattura.
Pochi istanti più tardi, l’epico incedere della seguente “New Era” mostra un songwriting maggiormente elaborato, incentrato su di uno schema melodico si evidente ma meno ammiccante, risultando dunque più ricercato e comunque convincente.
Senza particolari sorprese, “A Different Sky” presenta uno schema compositivo tanto appagante quanto ormai anche ampiamente collaudato e, per questo, alla lunga tedioso nello sviluppo di un chorus non troppo esaltante. 
Al netto di soluzioni ormai prevedibili, il risultato è decisamente migliore nelle note della seguente “Resurrection”, la quale, quasi al termine dell’opera, precede prima la piacevole “You Are My End And My Beginning” e, subito dopo, la melodica “Behind The Wall”, che malgrado non riesca a discostarsi dal livello generale delle precedenti tracce, riesce comunque a scorrere tranquillamente fino alla fine, ponendo il sigillo su di un disco ben confezionato e gradevole nel suo insieme che riesce a lasciare il segno nell’ascoltatore.

Francesco Sgrò
 

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