Recensione: Beyond the Horizon

Di Stefano Santamaria - 11 Giugno 2017 - 0:00
Beyond the Horizon
Etichetta:
Genere: Doom 
Anno: 2017
Nazione:
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73

Funeral tears è una one man band che arriva dalla Russia e che inizia la propria carriera musicale nel 2007. Il loro primo prodotto in studio vede la luce solo tre anni dopo, seguito da alcuni singoli, ed un secondo full-length nel 2014. 

Beyond the Horizon” è così il terzo capitolo di una storia discografica fatta di mestizia e solitudine funetal doom. Un sound dagli sviluppi assai dilatati, arricchiti da una chitarra piuttosto in evidenza, per melodie e qualità espresse, e di atmosfere decisamente plumbee per ciò che concerne tutti gli altri strumenti. I pezzi sono tutti piuttosto semplici, dal punto di vista strutturale, afflizione che trova sfumature e passioni soprattutto nell’espressività vocale.

 Chinati, abbracciamo mestamente noi stessi, poggiati su ginocchia fredde ad osservare il nulla. Così, contempliamo il vuoto che vediamo intorno a noi, speranze che svaniscono e che rendono opprimente e fragile l’esistenza.  Effetti di matrice ambient riverberano un’anemica luce, tremuli pensieri che sfuggono via da mente confusa e stanca. 

Dehiscing Emptiness” e “I Suffocate” sono l’esempio di tale connubio tra amarezza e aleatorietà, inconsistenza nella quale si erge monolite imperturbabile, nero ed indistinguibile stato emotivo in cui piombiamo inerti. 

Soffocati decidiamo di non combattere, di scendere nell’abisso che ci inghiotte, senza dibatterci contemplando il ricordo di ciò che ci ha regalato pace. Disco fatto di echi, più teso alle ambientazioni che alla vera e propria presenza doom strumentale ed espressiva. Parche note che riescono ad emozionare, a trasportarci nella muta disperazione di un abbandono interiore. Produzione più che discreta, per un sound che non sposta certamente l’indice di gradimento per un genere complesso e non sempre gradito come il funeral doom, ma che riesce, pur attenendosi a certi dettami, ad esprimere personalità.  Un lavoro tutt’altro che scontato, che trascende il filone di appartenenza, regalando divagazioni icastiche dalle quali l’artista dovrà necessariamente ripartire per fare il definitivo salto di qualità.  

Stefano “Thiess” Santamaria

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