Recensione: Bind Torture Kill

Di Daniele D'Adamo - 9 Febbraio 2014 - 18:46
Bind Torture Kill
Etichetta:
Genere: Death 
Anno: 2013
Nazione:
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74

1985.

Nel più oscuro underground circola “The Shining Pentagram”, demo cult degli appena nati Necrodeath, invenzione di quattro giovani ragazzi del levante di Genova. Una band che nel corso degli anni ha segnato via via sempre più pesantemente la scena genovese del metal estremo, fungendo da collante e da propellente per quella che è diventata, oggi, un’area abbastanza feconda di formazioni death dal livello qualitativo assoluto.

2013.

Accanto ai più noti Sadist si trovano quindi varie realtà più o meno attive, fra le quali ci sono i Toolbox Terror, autori del loro debut-album “Bind Torture Kill”. Un album dato alle stampe sei anni dopo la loro nascita, preceduto da un omonimo demo nel 2011.

Per tornare al discorso di prima è bene precisare che i Necrodeath non c’entrano molto, musicalmente, con lo stile dei Nostri. Forse qualche eco qua e là si sente, magari in certe linee vocali più schizofreniche o in qualche furiosa accelerazione ritmica, ma occorre sottolineare che i Toolbox Terror vivono di vita propria in un genere interpretato in modo moderno, fermo restando il rispetto, sempre e comunque, dei suoi dettami di base. Pertanto, seppur “Bind Torture Kill” non rechi con sé grandi contenuti innovativi, in esso appare ben visibile il forte carattere posseduto dai liguri.            

Personalità che si manifesta, appunto, nel dare alle varie song un taglio leggermente retrò, rinvenibile soprattutto nel lavoro delle due asce, autrici di decine e decine di riff segaossa. Riff segnatamente di scuola thrash per via della loro compressione sonora, che però divergono – se non sempre quasi – nelle morbose propaggini chitarristiche tipiche invece del death. Uno splendido lavoro, insomma, quello compiuto da Rob e Andre. Certo il resto del gruppo non sta a guardare, per cui alla fine l’obiettivo principale, cioè la coesione e l’equilibrio fra le componenti del sound, si può dire raggiunto.  

“Bind Torture Kill”, come contenuti letterari, si divide in brani «che rasentano la follia, scavando nei meandri più perversi e osceni che la mente umana possa mai concepire». Una descrizione biografica che trova pieno riscontro nella musica. Rabbiosa, feroce, tagliente, imprevedibile nelle sue improvvise immersioni nella follia dei blast-beats, segmenti ritmici in cui si satollano le psicotiche fantasie dei fan del brutal death metal; morbosa deviazione in cui i Toolbox Terror amano infilarsi con continuità, aiutati dagli inhale di James, peraltro bravo sia con lo scream, sia con il growl.

Il divagare fra momenti in cui è predominante la componente ortodossa del death e quelli ove la brutalità è totale rappresenta, proprio, la miglior dote di James & soci, capaci di equilibrare senza strafare il proprio sound, per ciò ben stabile e identificato in quello che è chiamato tradizionalmente ‘marchio di fabbrica’. Un timbro a fuoco che non c’è dubbio sia stato disegnato dopo una lunga gestazione ed elaborazione, e che – non solo per questo – ha dato i suoi frutti.   

Un altro punto a segno per il death nostrano, allora. “Bind Torture Kill” soddisfa un po’ tutti i tipi di palato: da quello più fine a quello più duro, nella comune accezione che, quando si è tosti, nulla è precluso.

E Toolbox Terror, tosti, lo sono.  

Daniele “dani66” D’Adamo
 

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