Recensione: Black And Blue

Di Stefano Burini - 21 Giugno 2013 - 9:00
Black And Blue
Band: Motherload
Etichetta:
Genere:
Anno: 2013
Nazione:
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77

«For many fans, the divide between classic rock and contemporary metal has remained vast, with few bands capable of capturing both the untamed wildness of bygone eras and the focused energy of contemporary metal. Motherload are here to bridge that gap! Monstrous riffs and instant choruses arise naturally from a determination to forge well-crafted songs, always striking a balance between musical integrity and big, anthemic rock.»

Non sempre le frasi di lancio per le band emergenti proposte dalle Label e dai vari promoter c’azzeccano. Tuttavia, nel caso dei Motherload, band inglese attiva dal 2010, è giusto affermare che non era possibile offrire descrizione migliore per la loro musica: un giusto mix di vecchio e nuovo, con la melodia e l’attitudine degli anni d’oro dell’hard rock e tutta la grinta e la potenza degli anni novanta e duemila.

Dopo il debutto, un EP autointitolato uscito nel 2010 e composto da cinque canzoni in buona parte ivi riprese, i ragazzi tornano in pista a distanza di tre anni con il nuovissimo “Black And Blue”, un album di puro e robustissimo heavy rock a base di riff terremotanti, distorsioni spacca ossa e scatenate melodie. Tutti gli ingredienti sono al posto giusto e correttamente dosati nella ricetta dei Motherload: la voce di Tom è bassa e graffiante, non troppo distante da quella di Austin Winkler degli Hinder, Oz alla chitarra fa il bello e il cattivo tempo dettando tempi e modi con grande sicurezza e concedendosi svariate digressioni solistiche, mentre DC ed Effon tengono in piedi la baracca rispettivamente al basso e alla batteria.

Non stupisce, dunque, che simili premesse si traducano in un pugno di canzoni ad alto voltaggio, un escalation di velocità, potenza ed intensità come forse non era dato sentire dai tempi di “Gotthard”. Dieci canzoni che si mantengono in perfetto equilibrio tra revival e modernità senza mollare la presa nemmeno per un istante, a partire dall’efficacissima opener “Nothing”, passando per l’incredibile “We Are The Authority” o l’hard blues metallizzato della beatlesiana (sì, avete letto bene…) “One Man Army”, fino alla massiccia “Derry Pope”.  

Di canzone in canzone si possono, in effetti, ritrovare piccoli e grandi richiami a illustri band del passato e del presente, dagli Aerosmith ai Cinderella ai Burning Rain per poi arrivare a realtà più recenti come Hinder e Nickelback. Segnali evidenti della preparazione dei Motherload in materia, preparazione che si sente, peraltro, tutta anche nella seconda parte dell’album, costituita da altri brani che non cedono nulla all’easy listening e che si premurano, al contrario, di continuare a picchiare durissimo. Sia che si parli dell’indiavolata “Spitfire”, delle più anthemiche “On And On” e “Deeper” o, ancora, del terzetto finale a tutta birra composto da “Beg For It”, Hang Your Head” e “Death Rattle”, il risultato è sempre lo stesso ed è garantito: divertimento totale e un gran dolore alle vertebre cervicali.

“Black And Blue” è il classico disco che non inventa nulla ma che riesce nel non semplice compito di rivisitare con grande personalità stilemi già sviluppati da vari illustri predecessori; non passeranno probabilmente alla storia, i britannici, tuttavia la prossima volta che sentirete qualcuno teorizzare la fine del rock, sparategli nelle orecchie una “One Man Army” o una “Deeper” e vedrete se e cosa avrà il coraggio di ribattere.

Stefano Burini

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