Recensione: Blackout

Di Abbadon - 28 Agosto 2002 - 0:00
Blackout
Band: Scorpions
Etichetta:
Genere:
Anno: 1982
Nazione:
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100

Correva l’anno 1982 quando, pochi mesi prima della nascita di chi scrive, uscì sul mercato l’album che tuttora reputo il migliore di sempre degli storici Scorpions, nonchè uno dei migliori CD/LP hard rock della storia, Blackout. Ora sono un po indeciso su come affrontare la recensione di questo disco, soprattutto perchè essendo grandissimo fan di Meine e soci, non vorrei essere colto da favoritismi in merito. Fatto sta che l’album merita tantissimo, tendendo conto delle circostanze nelle quali è stato realizzato. Storicamente Blackout esce infatti nel perdiodo centrale della carriera dei teutonici, in piena era Hard’n Heavy, ancora distante dall’ultima parentesi del gruppo, basato sulle ballate. Qui lo stile è crudo e immediato, con canzoni veloci, dei veri terremoti. In secondo luogo l’album fu notevolmente ritardato a causa di un malore del cantante/compositore Klaus Meine, che in pieno
periodo di registrazioni ebbe dei problemi che sfociarono in un paio di operazioni alle corde vocali. Messo da parte il lavoro per stare vicino al loro vocalist, Rudy Schenker e gli altri ripresero il lavoro solo mesi dopo, migliorandolo ulteriormente, in quanto miracolosamente la voce di Klaus dopo i due interventi risultava ancora migliore di quella fantastica che già di suo aveva, padrona una maggiore estensione vocale. Dopo le registrazioni quindi l’uscita e il successo di Blackout, tutto meritato (a lungo nella U.S.A top ten e disco di platino, e miglior disco Hard Rock dell’anno 1982). Tecnicamente l’album è composto come detto perlopiù da canzoni rapide
e ben elaborate, passiamo però al sodo, ovvero alle nove tracce che compongono il disco stesso. L’opener di Blackout è subito celeberrima e devastante title-track, aggressiva, veloce e violenta. Ottimo assolo centrale di chitarra, un Meine trascinatore che urla come un dannato, nonostante fosse in convalescenza, e gli altri 4 che suonano perfettamente accanto a lui. Il testo parla ovviamente non di un blackout “meteorologico”, bensì di una persona proprio sull’orlo della crisi di nervi che alla fine in pratica diventa pazza (particolare rappresentato eccellentemente alla fine della song, col vocalist che urla a tutto spiano “BLACKOUT”, fino a un gorgoglio finale su un vetro che fa in frantumi in contemporanea). Probabilmente la miglior canzone dell’ album (coverizzata da molte band, Rob Halford e Stratovarius su tutte), in definitiva, assieme a “No one Like you” e alla ballad finale. A Blackout segue subito un altro classico, “Can’t live without you”. La song e subito abbastanza potente, anche se un pò ripetitiva, con un  ritornello molto orecchiabile e suonata in maniera buona, con ritmo, anche se proprio i riff che la compongono non mi attirano più di tanto, forse per la scala utilizzata (eppure sul live di 3 anni dopo la canzone viene rifatta benissimo). Refrain non trascendentale, anzi. Solo discreta canzone quindi, impreziosita dall’assolo a mio avviso. Dopo la fine in fade di “Can’t live…” viene la grandissima “No one Like you” pezzo abbastanza lento, ma molto energico nelle sue parti salienti, quasi granitico (chiaramente non al livello di Heavy Metal ma sempre rimanendo in ambito rock) e anche abbastanza alterno perchè dalla quasi mezza ballata delle strofe, esplode con cattiveria e irruenza nel refrain e anche nelle altre parti della song. La voce di Klaus pur melodiosa si sente che passa nettamente da quasi dolce a cattiva e decisa. Tra l’altro è spettacolare l’intro della song, song che è seguita dall’altra classicissima “You give me all I need” che parte con una docile intro per esplodere pochi secondi dopo in una canzone diciamo sul mid tempo lento, ma molto, molto enfatizzata. Grande il testo della canzone, una vera e propria dedica (non caso isolato tra l’altro) alla persona amata, come il ritornello fa notare (mi dai tutto quel che mi serve). Abbastanza delicato e tranquillo l’assolo di chitarra classica/acustica, e classica conclusione in fade, con Klaus che urla You give me all I need fino in pratica alla fine della canzone. Segue “Now!” canzone velocissima, suonata in modo impeccabile. La voce è molto alta, più che nelle canzone finora descritte, l’assolo è ubriacante. Pezzo quindi ottimo, ma un po monocorde sul finale, che se piò originale avrebbe reso questa now una vera e propria classica. La cassetta passa al lato B (per il cd non c’e problema ;)), e attacca Dynamite, probabilmente la canzone più esplosiva e trascinante dell’album. Partenza subito irruente, senza tanti fronzoli, decisamente sonoro il basso, un pò in ombra come sonorità nelle altre tracce. Assolo ancora  ancora quasi a livelli vertiginosi, nonostante sia molto godibile e orecchiabile, come del resto il resto del componimento, che risulta subito coinvolgente, puro headbanging. Settima canzone di questo Blackout è il pacifico e quadrato mid tempo “Arizona”, molto più carezzevole del precendete pezzo, e tuttavia coinvolgente quasi allo stesso livello. La penultima track è “China White”, la track decisamente più particolare di questa produzione. A mio avviso non bellissimo, crea comunque una atmosfera di marcata inquietitudine, con riff pesanti e ambigui. Decisamente originale, con Meine ancora perfetto, che tradisce enfasi e dolore mentre canta, China può o piacere tantissimo o fare schifo, non ci sono vie di mezzo, come in tutte le song estremamente originali.
L’album, già così maestoso si chiude in bellezza con una delle migliori ballad degli scorpioni di Hannover, la stupenda “When the smoke is going down”. Tristissima e sublime, dall’eccellente lirica e da una melodia che rapisce subito chi la ascolta, “Smoke” è perfettamente adatta a chiudere un album da capogiro, da sballo assoluto.

Mmm ora viene la parte più tosta ma anche più semplice della rece, ovvero il voto. Io considero Blackout il miglior album studio degli Scorpions, tuttavia ci sono quel paio di canzoni un attimo sottotono che potrebbero abbassare il voto. D’altronde sono rarissimi i dischi con tutte canzoni perfette, e rappresentando questo lavoro il culmine della carriera di una delle migliori hard rock band che ci siano state (io la piazzo nelle prime 5 senza fatica), il massimo dei voti lo do senza problemi, perchè anche se forse Blackout è uscito in un periodo un pò sfortunato (ovvero con l’affermarsi del Metal), rimane una pietra miliare del Hard Rock. Punto.

Riccardo “Abbadon” Mezzera

TRACKLIST :

1- Blackout
2- Can’t live without you
3- No one like you
4- You give me all I need
5- Now!
6- Dynamite
7- Arizona
8- China white
9- When the smoke is going down

 

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