Recensione: Blant Svarte Graner

Di Matteo Orru - 19 Novembre 2018 - 0:07
Blant Svarte Graner
Band: Djevel
Etichetta:
Genere: Black 
Anno: 2018
Nazione:
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77

Non sono svizzeri i Djevel: infatti, nonostante la puntualità con la quale fanno capolino sul mercato discografico (quinto album in sette anni), non provengono dalle terre montuose ricche di orologi a cucù e buon cioccolato, ma dai freddi fiordi norvegesi dei quali ne sono fieri portabandiera.

Per chi non li conoscesse nascono per l’appunto in Norvegia nel 2009, annoverando tra le proprie fila ex membri di Enslaved, Aura Noir, Lja, Nattefrost, facendo il loro esordio discografico con quel dischetto infernale che porta il nome di Dødssanger nel 2011. Da quel giorno acqua (o sangue) sotto i ponti ne è passata parecchia ma una cosa è rimasta immutata: la proposta di questi energumeni; la voglia vomitare un sacrosanto Black Metal Old School suonato senza fronzoli o contaminazioni del genere, roba per chi ha pelo sullo stomaco, in caso contrario meglio starne alla larga.
Rispetto al precedente Norske Ritualer notiamo che il fondatore della band Mannevond, oltre a cimentarsi dietro le 4 corde pulsanti si è impossessato pure del microfono, deliziandoci per quest’oretta scarsa con le sue harsh vocals degne di un essere umano posseduto in pieno esorcismo. L’altra novità prende il nome di Faust: infatti il leggendario drummer ex Aborym ed ex Emperor, è ufficialmente membro di questo, ormai power trio, portando ulteriore oscurità, rabbia e classe in quanto ad attitudine e un maggiore dinamismo e brutalità per quanto concerne la mera tecnica.

Blant Svarte Graner pertanto non aggiunge nulla alla discografia della band ma ne rafforza ulteriormente lo status iconico: premendo play veniamo cullati dalle eteree note della chitarra acustica, dolcemente pizzicata da un folletto comodamente seduto sul ramo di un albero della stessa foresta che troviamo nella cover (bellissimo lavoro dell’ artista Danny Larsen), ma non appena parte Her er ikke spor af mennesker lo stesso viene spazzato via dalla furia cieca dei nostri bifolchi che lo sovrastano a suon di blast e scream provenienti dall’oltretomba, dando vita a uno dei pezzi più feroci di tutto il lavoro.

Nonostante quest’attacco frontale devastante l’album alterna, con astuzia da veterani, momenti più riflessivi come mid tempo carichi di groove o inframezzi acustici ricchi di pathos, che ci dondolano e fanno sognare paesaggi innevati e fiabeschi, a sfuriate infernali degne di un Panzer a pieno regime.
I Djevel suonano fottuto Black Metal oltranzista ma non lo fanno in maniera superficiale e banale: i brani sono articolati e hanno una durata media di oltre sei minuti e racchiudono in ognuno tutto il background della band e lo stato d’animo di questi temibili individui che passano da sferzate violente come una tempesta di neve a melodie ancestrali e mistiche con un batter di ciglia.

A conti fatti abbiamo a che fare con un ottima release per gli amanti del genere tipicamente anni 90, crudo, violento e folle come da tradizione ma arricchito da quei momenti più riflessivi ed evocativi che accompagnano l’ascoltatore sino alla fine del lavoro, nel bel mezzo di foreste innevate senza mai fargli venire voglia di balzare al brano successivo.

 

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