Recensione: Blast From The Past

Di Paolo Beretta - 28 Settembre 2004 - 0:00
Blast From The Past
Band: Gamma Ray
Etichetta:
Genere:
Anno: 2000
Nazione:
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90

Non sono un patito dei Best Of ma quello della mia band preferita in assoluto non poteva proprio mancare. I Raggi Gamma, dopo dieci anni tondi di attività, pensano giustamente che il tempo sia propizio per sfornare “Il miglior album dei Gamma Ray di sempre”. Comincio dicendo che l’acquisto di Blast From The Past è d’obbligo per tutte quelli che non conoscono ancora gli amburghesi e che vorrebbero farsi un’idea non spendendo uno sproposito (18-20 euro). In questo digi-pack ben confezionato troverete tutte le risposte ai vostri dubbi e fidatevi di me se vi dico che, se siete fans del Power Metal, dopo l’acquisto del suddetto prodotto correrete a comprare anche tutto il resto della loro discografia. Ma per le persone che possiedono gran parte dei cd della band teutonica questo Best Of è trascurabile o no? Appartenendo alla categoria mi sento chiamato in causa e devo dire che, a mio parere, quattro sono le cose che hanno fugato le mie indecisioni riguardo all’acquisto della raccolta.

In primis la scelta di dare spazio ad un numero uguale di song da ogni album facendo in modo che non ci fosse un monopolio di Land Of The Free e Somewhere Out In Space. I Rays, consci di non avere praticamente brani che possano essere definiti “seconde scelte”, mettono in maggior risalto alcune tracks magnifiche e sconosciute ai fans più giovani.

Il secondo elemento da sottolineare è che dietro al microfono, nelle Hit dei primi tre lavori, c’è sempre il folletto Kai a sostituire Ralph e questa così facendo diventa, Live a parte, l’unica occasione di poter sentire Hansen cantare i cavalli di battaglia del periodo ’90 – ’93.

La terza scelta azzeccata è stata quella di riarrangiare i pezzi lavorando duro per oltre tre mesi a differenza di molti Best Of che si limitano ad essere un copia e incolla. Le song suonano in modo diverso rispetto alle versioni studio senza, tuttavia, snaturare il sound originario.

Il quarto ed ultimo “centro” è rappresentato dalla tracklist. I Rays sono unici nell’avere il coraggio di proporre oltre alle canzoni di maggiore impatto anche tutte le suite più difficili e complesse di ogni studio album. Leggere tutto d’un fiato la tracklist da una strana sensazione di appagamento (cosa si può volere di più?), gioia (è un sogno?) e smarrimento (non è forse troppo per le mie orecchie?).

Una domanda non molto originale che molti mi potrebbero chiedere è: “Quale parte è migliore secondo te?” La mia banale risposta, all’ipotetica delucidazione, sarebbe senza dubbio: Non lo so! Il cd si apre con l’intro fantastica Welcome che spara un proiettile che risponde al nome di Lust For Life caratterizzato da solos più che memorabili. Heaven Can Wait fa respirare un’atmosfera “alla Helloween” con melodie che definire curate è più che limitativo. Segue l’eterna, psichedelica ed elitaria Heading For Tomorrow. Da Sigh No More spuntano l’altalenante ed originalissima Chances con i suoi cambi di ritmo continui, la catchie One With The World e la poco conosciuta Dream Healer. Un pezzo complesso e vario. Non certo assimilabile al primo ascolto ma che alla lunga si trasforma in un cigno. Da Insanity & Genius trovano spazio l’ottantiana Tribute To The Past e la easy listening Last Before The Storm. Ma entrambe queste ottime song non sono nulla se paragonate alla potenza devastante, alla dolcezza commovente di Heal Me che quotidianamente si contende nella mia mente, assieme a Man On Mission, la palma per il miglior break che le mie orecchie abbiano mai udito.

Il secondo cd è sicuramente quello che contiene le Hit più conosciute. Si inizia con Rebellion In Dreamland, si prosegue con Man On A Mission e il primo tris termina con Land Of The Free. Un K.O. tecnico che non riesco a descrivere e che non voglio nemmeno tentare di fare vista la presenza dell’ottima rece di Land Of The Free sul sito! Dopo la bouns track e la Queen orineted Silence, (miglior lento della band a mio avviso), arriva la potenza devastante di Dan Zimmermann ed Henjo Richter in Beyond The Black Hole (la loro prima song con i Raggi Gamma). La Heavy listening Somewhwere Out In Space ed il singolo curatissimo Valley Of The Kings lanciano l’ulitma triade. Da Powerplant i Rays scelgono ancora una volta un’opener, (la sesta su sei dischi), con la cattiva Anywhere In The Galaxy che viene ben accompagnata dalla leggera e piacevolissima Send Me A Sign e dalla straripante (specie nella sezione ritmica) Armageddon.

I Gamma Ray sono per me l’icona assoluta del power metal europeo degli anni ‘90. Lo sapevo anche prima di ascoltare Blast From The Past ma acquistandolo forse ci si accorge di una cosa che fa riflettere. In soli sei album Kai & Co., per offrire il loro meglio, hanno dovuto “tagliare” tra le altre Rich And Famous, Spirit, 18 Years, No return, Salvations Calling, The Abyss Of The Void, Guardians Of Mankind, Shine On, Razorblade Sigh, Gardens Of The Sinner…

CD 1

1. Welcome
2. Lust For Life
3. Heaven Can Wait
4. Heading For Tomorrow
5. Changes
6. One With The World
7. Dream Healer
8. Tribute To The Past
9. Last Before The Storm
10. Heal Me

CD 2

1. Rebellion In Dreamland
2. Man On A Mission
3. Land Of The Free
4. The Silence
5. Beyond The Black Hole
6. Somewhere Out In Space
7. Valley Of The Kings
8. Anywhere In The Galaxy
9. Send Me A Sign
10. Armageddon.

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