Recensione: Bliss Of Solitude

Di Angelo D'Acunto - 8 Marzo 2008 - 0:00
Bliss Of Solitude
Band: Isole
Etichetta:
Genere:
Anno: 2008
Nazione:
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88

Che la Svezia sia sempre stata un terreno decisamente fertile per la scena doom classica ed estrema lo si sapeva già da tempo. Formazioni del calibro di Candlemass, Krux, Count Raven, Grand Magus, Memento Mori e Draconian sono solo una piccola parte della lunga lista di nomi che sono riusciti ad imporsi sull’intera Europa nell’ultimo decennio. Gli Isole non sono di certo gli ultimi arrivati sul campo; il progetto prende vita nei primi anni ’90 con il monicker provvisorio di Forlorn (da non confondersi con la black/folk metal band omonima), confezionando una lunga serie di demo-tape in ben dieci anni che li vedono girovagare nei meandri dell’undergound nazionale. Nel 2005 i componenti decidono di cambiare il nome della band in Isole e arriva la pubblicazione del primo full-length Forevermore, che dà modo al gruppo di farsi conoscere al di fuori dei confini della madrepatria. L’anno successivo vede subito l’uscita dell’EP The Beyond seguito, successivamente, dal secondo studio album Throne Of Void, e il quartetto svedese riesce a conquistarsi un meritato posto fra i migliori gruppi della scena doom europea. Durante l’estate del 2007, i quattro svedesi rientrano in studio per dare il via alle registrazioni dei pezzi che andranno a comporre il terzo studio album, Bliss Of Solitude.

Il sound proposto dagli Isole va ad accostarsi alle produzioni più tipiche dei connazionali Candlemass e Count Raven; un doom metal classico dunque, ma riproposto in una versione ancora più rallentata ed estrema. Solitudine, depressione e disperazione sono i temi che vanno a comporre Bliss Of Solitude; un’opera caratterizzata essenzialmente da riff lenti e cadenzati che si ripetono ossessivamente rendendo l’ascolto pari a un viaggio mentale in mondi sperduti e senza tempo. La tracklist scorre lenta e pesante con continui avvicendamenti fra parti più aggressive e melodiche e stacchi più raffinati e riflessivi. Veramente notevole il lavoro di Daniel Bryntse dietro al microfono, con un cantato drammatico ed evocativo che viene sorretto egregiamente dalla chitarra di Crister Olsson, sempre molto efficace nello sfornare riff ipnotici ed ossessivi all’inverosimile. Ed è così che ci ritroviamo subito con una maestosa By Blood, alla quale spetta l’arduo compito di preparare l’ascoltatore per quello che sarà un vero e proprio viaggio nei meandri più oscuri della mente umana. Inizialmente i suoni sono molto duri, diretti e in grado di investire l’ascoltatore con un muro sonoro come se fosse una ventata d’aria gelida, per poi lasciare spazio ai riff lenti e cadenzati delle chitarre in sordina che guidano elegantemente la voce calda e quasi inespressiva di Bryntse. La successiva From Clouded Sky va a legarsi perfettamente con la linea tracciata dal brano precedente; le ritmiche sono al limite del claustrofobico con leggeri accenni melodici che si possono riscontrare sopratutto in alcune parti del cantato e negli accompagnamenti sinfonici delle tastiere. Delicati arpeggi di chitarra acustica introducono la successiva Imprisoned In Sorrow, guidandone elegantemente la lenta marcia verso territori più statici e rilassati per poi lasciare spazio, successivamente, alla supremazia più assoluta delle melodie malinconiche ricreate dall’ottimo lavoro delle chitarre. Se la lunga title-track continua su quelli che sono gli standard dell’intera produzione, la successiva Aska risulta essere ancora più incredibilmente pesante e sofferente, con un lento e soffocante procedere che diventa improvvisamente un misto di sentimenti fra l’inquietante e l’affascinante. Chitarre sempre in primo piano anche nella successiva Dying, traccia che si muove su basi ritmiche che sembrano accompagnare una lenta marcia funebre. Il finale è dedicato agli undici minuti circa della conclusiva Shadowstone; brano di una lunghezza quasi esasperante che procede con una lentezza straziante capace di non lasciare alcuna possibilità di riprendere fiato per poi esplodere, successivamente, in un cambio di ritmo che diventa più aggressivo, come un fiume in piena che travolge direttamente l’ascoltatore.

Non è mai facile riuscire a digerire in pieno un’opera delle dimensioni di Bliss Of Solitude, se non dopo una lunga serie di ascolti atti a comprendere al meglio un prodotto così lento, pesante ed ossessivo. Gli Isole dimostrano di aver bene assimilato le lezioni impartite dai grandi maestri del genere, riuscendo a dare alla luce un lavoro che tende ad estremizzare in qualche modo quelli che sono gli standard del doom metal classico, mutandone la forma originaria fino a renderla ancora più lenta e fredda, senza in alcun modo mettere da parte quella certa eleganza che contraddistingue il genere in questione. In definitiva, Bliss Of Solitude è un viaggio che risulterà essere decisamente pesante e indigesto per le orecchie di chi non ha così tanta familiarità con questo tipo di atmosfere, ma che farà la gioia di tutti gli amanti del doom nella sua forma più oscura ed evocativa. Stupefacente.

Angelo ‘KK’ D’Acunto

Tracklist:

01 By Blood
02 From Clouded Sky
03 Imprisoned In Sorrow
04 Bliss Of Solitude
05 Aska
06 Dying
07 Shadowstone

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