Recensione: Blodsvept

Di Alessandro Calvi - 9 Aprile 2013 - 8:30
Blodsvept
Band: Finntroll
Etichetta:
Genere:
Anno: 2013
Nazione:
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78

A tre anni da “Nifelvind”, che li aveva portati per la prima volta ad abbandonare le loro verdi foreste per confrontarsi con i mari impetuosi, ecco riemergere i troll dalle loro oscure caverne per donarci la loro ultima fatica. Una fatica che è come un tuffo nel passato del gruppo e nei nostri stessi ricordi. Una fatica che risponde al nome di “Blodsvept”.

Iniziare la carriera con dei capolavori, con dei dischi capaci di rivoluzionare la scena, di riscrivere un genere e di divenire fonte l’ispirazione (e di tentativo di copia) per decine di band in tutto il mondo, può essere sia positivo che negativo. I lati positivi tutti ce li possiamo immaginare, quelli negativi si riassumono nel doversi confrontare, per tutta la vita, con quegli album. Dover essere sempre all’altezza, doversi superare, di disco in disco, per dimostrare che quei CD non erano frutto del caso, ma il risultato di duro lavoro e di qualità intrinseche.
Esattamente quanto sta accadendo ai Finntroll fin dall’uscita di quei due masterpiece che rispondono al nome di “Midnattens Widunder” e, soprattutto, “Jaktens Tid”. Come poche band al mondo, questi finlandesi sono riusciti a mantenere una qualità delle loro uscite altissima. La necessità di fare sempre un passo in avanti, di non fossilizzarsi (come sarebbe fin troppo facile) su certe posizioni, su certe sonorità, ha però anche fatto sì che non tutti i loro album fossero ugualmente apprezzati dai fan. Questo, purtroppo, è quanto accaduto a un CD come “Nifelvind”, di livello altissimo, quasi un altro capolavoro, ma forse un po’ troppo diverso da quanto il pubblico si aspettava o voleva dai Finntroll e, quindi, non pienamente apprezzato da tutti.

Solo chi sa far tesoro delle critiche (anche se ingiuste, come in questo caso) e le usa per fare meglio, però, è davvero capace di crescere e migliorarsi. I Finntroll, con “Blodsvept” sembrano aver fatto proprio questo. Fin dalle prime note la titletrack sembra urlare: “Volevate Jaktens Tid? Bene! Eccovi accontentati!”. Il dejà-vù, infatti, è notevole a partire dai suoni campionati dell’intro, che ci portano dritti in un accampamento di orchi, fino ad arrivare al mero aspetto musicale.
Il folk più cupo ed epico degli ultimi album è come spazzato via per tornare a quelle ritmiche festaiole che avevano contraddistinto gli inizi della band. Chiaramente festaiole solo nelle musiche, perchè fin dal titolo (“Blodsvept” significa all’incirca “avvolto nel sangue”) il riferimento brutale e sanguinario ai massacri compiuti dai troll, che già avevano caratterizzato proprio il “Tempo di Caccia”, è più che palese.
Quello che appare come un vero e proprio ritorno al passato, però, non è egualmente ed automaticamente, anche una sorta di auto-plagio. Al contrario i Finntroll sono estremamente ispirati e il lavoro del vero e propro mastermind del gruppo, Trollhorn, ha una freschezza quasi inconcepibile se si pensa che questa è la sesta fatica in studio dei finlandesi (a cui non dimentichiamo di aggiungere anche i 3 EP).
Non mancano, inoltre, le novità e le contaminazioni, seppur tanto ben amalgamate nel sound e nella proposta generale da rischiare di passar inosservate a un primo ascolto. Ad esempio “Mordminnen”, brano aggressivo e fortemente ritmato, presenta qui e là linee melodiche che, alleggerite delle chitarre elettriche e del growl, potremmo facilmente rintracciare in qualche componimento jazz.
Brano dopo brano, tutti piuttosto brevi per una durata totale di soli 43 minuti, “Blodsvept” mostra tutte le sue carte e si tratta di una mano di tutto rispetto.
I pezzi scappano via così veloci che quando comincia il successivo si sta ancora andando su e giù con la testa a tempo con quello precedente. Tracce come “Ett Folk Förbannat”, “Skogsdotter” o “Fanskapsfylld” sono vere e proprie corse a mille all’ora sulle montagne russe, con riff che si inseguono a velocità folle e una sessione ritmica che macina più battiti per minuto di una mitragliatrice.
Altri pezzi, invece, come “Två Ormar” mettono in luce l’anima più scherzosa e divertente della band, grazie agli inserti humpa o ai passaggi campionati che trasportano l’ascoltatore ora in una taverna in cui consumare una buona birra, ora in una grotta attorno al fuoco.
Difficile anche riuscire a contenersi di fronte a canzoni di questo tenore, capaci di coinvolgere chiunque con una verve che da tempo non sentivamo. Se mai c’eran stati dubbi sulla band a cui spettasse il trono del folk-epic-viking metal, i Finntroll spazzano il campo con un CD che non lascia spazio a interrogativi di sorta.

In definitiva c’è poco da dire su questo gruppo e su questo album in particolare. Fin dal loro esordio i Finntroll sono stati capaci di stupire, innovarsi, sfornare capolavori a ripetizione e non incappare praticamente nel minimo errore. Nonostante qualche fan della prima ora possa non averlo del tutto compreso o apprezzato, tutti gli album del combo capitanato da Trollhorn sono stati di una qualità difficilmente riscontrabile in molte discografie (anche molto più blasonate). “Blodsvept”, forse per la prima volta nella carriera dei Finntroll, ripresenta alcune sonorità del passato, ma non si tratta di un mero tentativo di fare soldi facili, al contrario è l’ennesima conferma al fatto di trovarsi di fronte a una band come poche altre. Una band capace di trovare sempre qualcosa da dire e in grado di farlo trasformando ogni sua uscita in un album che ascolteremo per tanti tanti anni.

Alex “Engash-Krul” Calvi

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