Recensione: Blood Of Legends

Di Marco Donè - 1 Ottobre 2014 - 16:10
Blood Of Legends
Band: BattleRoar
Etichetta:
Genere: Heavy 
Anno: 2014
Nazione:
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64

A distanza di sei anni dall’ottimo “To Death And Beyond…”, fanno ritorno sulle scene i greci Battleroar. Un comeback caratterizzato da un nuovo disco, “Blood Of Legends” uscito lo scorso maggio, ed una formazione rivoluzionata. Nella nuova line-up notiamo l’ingresso in pianta stabile del violinista Alex Papadiamantis, riconoscendo quindi, da parte della band, l’importanza del violino nel proprio sound. Del quintetto che componeva la formazione storica, continuano a far parte della saga marchiata Battleroar il chitarrista Kostas Tzortzis ed il batterista Nick Papadopoulos, mentre i restanti tre quinti sono tutti volti nuovi. L’avvicendamento che risulta essere più “pesante” è sicuramente quello dietro al microfono. Infatti, il Nostro bravissimo Marco Concorreggi è stato dapprima sostituito dall’ex Doomsword Gabriele “Nightcomer” Grilli e poi, in pianta stabile, dall’inesauribile Gerrit Mutz. Per il cantante tedesco un’eredità assai difficile. Infatti, seppur poco considerato, Marco Concorreggi, a detta di chi scrive, è uno dei migliori cantanti in ambito epic metal. Non tecnicissimo ma estremamente evocativo. Riesce a interpretare le liriche in modo tale da donare “vita” alle canzoni.

Entrando nel dettaglio, “Blood Of Legends” si presenta bene, con una produzione curata e dieci tracce, di cui due strumentali che fungono da intro ed outro, dal minutaggio medio elevato, come da tradizione Battleroar. La band di Atene rimane fedele alle proprie coordinate stilistiche, trovandosi a proprio agio in quell’epic metal evocativo e carico di pathos che da sempre la contraddistingue. L’ingresso di Papadiamantis permette di valorizzare ed integrare maggiormente il violino all’interno del sound della band, aumentando di conseguenza il sentimento e donando ulteriore smalto alle parti più atmosferiche. La strumentale “Stormgiven”, che apre il disco, così come la conclusiva “Relentless Wave”, ne sono un esempio lampante. “Blood Of Legends” presenta spunti interessanti, tra cui spiccano sicuramente l’atmosferica ed evocativa “Poisoned Well”. Il suo drammatico incedere ben si sposa alle melodie tracciate dal violino, creando, con i dovuti termini di paragone, una versione epic metal dei My Dying Bride. Altro capitolo sicuramente ben riuscito risulta essere “Immortal Chariot”, uno dei pezzi più diretti del disco forte di un ritornello convincente. Degna di nota anche “Exile Eternal”, un mid tempo epicissimo in cui, una volta in più, il violino fa la sua bella figura. Trova pure spazio un intermezzo corale chiaramente ispirato al finale di “Battle Hymn” dei Manowar. Nonostante qualche canzone ben riuscita e la maggiore integrazione del violino, se analizzato nella sua interezza, però, “Blood Of Legends” non convince a pieno. Risulta sicuramente ben suonato e con canzoni ben strutturate ma manca di mordente, un disco che stenta a decollare, in particolare se paragonato al precedente “To Death And Beyond…”. Una delle cause principali è sicuramente la prestazione di Gerrit Mutz, molto al di sotto delle sue possibilità. Tende ad appiattire le canzoni rendendole un po’ tutte uguali, manca di incisività. Ed è un vero peccato perchè quando prova ad osare un po’ di più – vedasi la già citata “Immortal Chariot” e “The Curse Of Medea” – il risultato migliora immediatamente. Ma è lo stesso songwriting a non entusiasmare a pieno. Viene meno quella freschezza compositiva che caratterizzava, in particolare, il precedente lavoro, risultando quindi meno ispirato.

Un disco leggermente sottotono per i greci Battleroar che risentono forse di un non perfetto amalgama dell’attuale formazione. Un ensemble ben rodato in sede live (l’attuale line-up è stabile dal 2012), che deve ancora trovare il giusto equilibrio in fase compositiva. Le canzoni di “Blood Of Legends” risultano infatti più adatte allo stile di Concorreggi che a quello di Mutz, limitandone quindi l’espressività e di conseguenza il coinvolgimento dell’ascoltatore. “Blood Of Legends” troverà sicuramente estimatori tra coloro che vivono a pane ed epic metal, ma difficilmente riuscirà ad emergere da quello che può essere definito il calderone dell’underground. Dai Battleroar aspettavamo sicuramente qualcosa di più.

 

Marco Donè

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