Recensione: Blue Murder

Di Francesco Prussi - 22 Febbraio 2004 - 0:00
Blue Murder
Band: Blue Murder
Etichetta:
Genere:
Anno: 1989
Nazione:
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85

Dopo aver messo la propria ascia al servizio di nomi sacri, quali Whitesnake e Thin Lizzy senza dimenticare i Tygers Of Pan Tang, John Sykes getta le fondamenta per una carriera solista con il monicker di Blue Murder pubblicando un disco dal titolo omonimo, che sarà abbandonato dopo il secondo lavoro in studio (quindi i successivi album, pubblicati per il mercato Giapponese, porteranno solo il nome del chitarrista). Il biondo axe-man arruolerà due nomi di prestigio come Tony Franklin al basso e Carmine Appice alla batteria, formando così un trio esplosivo dalle qualità innate e firmando un roboante album di torrido hard-rock, pervaso da un feeling tipicamente settantiano. Inoltre Sykes, dopo parecchie audizioni, deciderà di rivestire anche il ruolo di singer, ottenendo risultati ottimi alla luce di una bella ed inaspettata prestazione vocale. I tre musicisti dal look piratesco, così ritratti nel retro copertina, confezionano nove canzoni trascinanti sorrette da una ritmica micidiale e dall’esplosiva Les Paul di Sykes che sforna una prova superlativa. Devo affermare che a parer mio, pur non incidendo brutti dischi, il lungo crinito chitarrista non riuscirà più ad eguagliare il feeling ed il mood compositivo espresso in questo primo esordio solista. Una tastiera in sottofondo introduce l’opening track Riot, che poi si sviluppa su ritmiche hard-rock per un brano duro e trascinante. Già dalla prima canzone il terzetto offre una bella lezione di classe. Il secondo brano Sex Child è un’altra hard-rock song, forse un po’ più cadenzata della prima dove le tastiere sono maggiormente evidenziate dallo stacco melodico di Sykes che in qualità di singer si muove su tonalità care a Coverdale. Arriviamo così alla terza canzone, Valley of The Kings, che si apre con atmosfere orientaleggianti per snodarsi in quasi otto minuti di grande hard-rock, con un solo di chitarra molto bello e pregno di feeling, ed ancora una volta Sykes conferma le sue doti vocali. Brano stupendo, per conto mio il must dell’intero disco. Con Jelly Roll i ritmi rallentano un po’, poiché il brano è sicuramente più leggerino del precedente, ma è solo un momento perché ci pensa Blue Murder a rialzare la tensione, in un ipotetico incontro sonoro tra Whitesnake e Thin Lizzy dove ne esce vincente questo torrido brano. Non poteva mancare la classica ballad, e Out Of Love offre quasi sette minuti di romanticismo, non risultando mai banale e sdolcinata: molto ispirato il solo della sei corde. Segue Billy un pezzo di hard-rock infuocato, dove Sykes offre un’interpretazione vocale molto vicina a Phil Lynott. Si arriva così ad un altro gioello sonoro che risponde al nome di Ptolemy: brano molto cadenzato, dove le tastiere offrono un bel lavoro di rifinitura, ma è sempre la chitarra di Sykes ad essere la protagonista. Chiude il disco la veloce e dura Black-Hearted Woman in un finale al cardiopalma. Quattro anni dopo, sempre come Blue Murder, Sykes diede alle stampe il secondo platter dal titolo Nothin But Trouble: un buon lavoro di hard-rock, con momenti molto belli ed ispirati come la bella Cry Of Love. Con una formazione totalmente rinnovata, che vedrà l’ingresso del fido Marco Mendoza, il nostro non riuscì ad eguagliare i fasti dell’omonimo esordio che reputo tra i dischi di hard-rock più belli ed ispirati pubblicati sul finire degli anni ottanta. Poi la carriera del biondo ossigenato axe-man si concentrerà solo in Giappone con una serie di buoni, ma non fondamentali, dischi a suo nome. Spero sinceramente che le notizie su un presunto come-back siano vere e che tornino tra noi con la formazione migliore. Decisamente un gran lavoro, che i cultori dell’hard-rock sicuramente annoverano tra le loro preferenze.

 

Riot

Sex Child

Valley Of The Kings

Jelly Roll

Blue Murder

Out Of Love

Billy

Ptolemy

Black-Hearted Woman

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Anno: 1989
85