Recensione: Brain Damage

Di alexskolinick - 30 Aprile 2005 - 0:00
Brain Damage
Band: Vendetta
Etichetta:
Genere:
Anno: 1988
Nazione:
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90

Il thrash metal tedesco si è sempre distinto da quello americano per un attitudine e un sound molto più diretti e grezzi che poco spazio lasciano a virtuosismi e melodia. Tuttavia nel vastissimo panorama di fine anni ottanta, quando le band spuntavano come funghi in tutta Europa, alcuni gruppi intrapresero vie più personali ed originali, cercando di distinguersi dal resto della scena, chi puntando sulla tecnica e portando all’estremo la complessità delle composizioni (come Mekong Delta, Sieges Even o Deathrow) chi ponendo maggiore attenzione agli arrangiamenti e alle melodie prendendo spunto dai cugini d’oltreoceano e della bay-area in primis. Quest’ultimo è il caso dei Vendetta, da non confondersi con gli omonimi rocker americani.

La band si forma nel 1984 quando Achim “Daxx” Hömerlein (chitarra e voce), Michael “Micky” Wehner (chitarra e voce), Klaus “Heiner” Ullrich (basso) e Andreas “Samson” Samonil (batteria) decidono di metter su una gruppo per suonare ed ubriacarsi in giro per la regione della Franconia. Il primo demo della band risale al 1985 e giunto nelle mani della Noise Records, che all’epoca era estremamente attenta alle interessanti novità del panorama europeo, permise ai quattro di ottenere un contratto. “Go And Live… Stay And Die” il loro esordio discografico, è datato 1987 e presenta subito una band dotata di talento e sicura dei propri mezzi ma ancora legata al tipico sound tedesco.

Dopo solo un anno il gruppo dà alle stampe “Brain Damage”, un disco che, nonostante non abbia mai raggiunto la meritata popolarità, rappresenta senza ombra di dubbio uno dei picchi più alti del thrash metal teutonico.
La proposta del quartetto, pur mantenendo intatto l’impatto dell’esordio, appare estremamente maturata. Essa vede la sua forza non tanto nelle strutture o nell’aspetto puramente tecnico delle canzoni, quanto nella loro organicità e compattezza e soprattutto nella varietà dei riff e nel perfetto dosaggio di accelerazioni e parti melodiche, mai eccessive e inserite perfettamente nel tessuto chitarristico. Insomma, non siamo di fronte a soluzioni estrose e fuori dal comune, ma ad una estrema ricercatezza e cura nel songwriting e negli arrangiamenti, tanto che più di una persona ha definito questo lavoro il “Master Of Puppets” tedesco.
La band dimostra i propri miglioramenti anche dal punto di vista tecnico: ciò che per prima cosa balza all’orecchio è il lavoro del bassista Ullrich, a dir poco fenomenale, sia in fase di accompagnamento (creando passaggi intelligenti e molto piacevoli) che in fase “solista”, infatti più di una volta interviene da solo con il suo basso, come ad esempio nell’intro della settima traccia. Altra nota di merito per i chitarristi che offrono una buona prova con le sei corde, dimostrando che non serve una tecnica esagerata per scrivere dei bei assoli, infine è da sottolineare buona performance di entrambi anche dietro ai microfoni (infatti si alternano alla voce in mancanza di un singer fisso).

L’album inizia alla grande con “War”, un autentico gioiello, a mio parere il miglior pezzo del lotto. Si parte con un intro di basso e batteria che ben presto viene doppiato dalla chitarra che tesse un riff memorabile anche grazie all’ottimo lavoro dietro le pelli di Samson. La song scorre veloce fino alla parte centrale dove affiora la vena melodica del combo e tra una ripartenza e l’altra si giunge alla fine.
La title-track è ancora un altro episodio sopra le righe, nel il suo incedere roccioso e nelle favolose melodie del ritornello e delle parti soliste. Bisognerebbe spendere parole per ognuna della canzoni di questo platter, infatti ogni pezzo è degno di nota, a cominciare dalla seguente “Conversation” che si presenta come una cascata di riff asfissianti thrashy fino al midollo, oppure la articolata strumentale “Fade to Insanity” dove si mettono in mostra le superiori abilità nel songwriting del gruppo oltre alla preparazione tecnica dei componenti. Qualche parola in più invece per “Precious Existence”, che si dipana in un climax di emozioni dall’arpeggio iniziale al meraviglioso ingresso delle chitarre per poi giungere al finale, perfetta fusione della potenza del thrash e del feeling più ispirato ed emozionante.
Per quanto riguarda la produzione, affidata all’abile Harris Johns, il lavoro è di ottimo livello: ogni strumento è ben distinguibile, le chitarre piene e decisamente thrashy; una nota particolare al suono del basso che in questo disco viene valorizzato al meglio.

Come spesso succede in questi casi, i Vendetta non raggiunsero lo sperato e meritato successo restando confinati nell’underground a parte alcune esibzioni dal vivo con Exumer e Paradox e “Brain Damage” fu condannato a restare per sempre un capolavoro dimenticato. La ricerca di un singer stabile che soddisfasse le esigenze del quartetto richiese più tempo del previsto e la Noise nel 1990 scaricò la band che si sciolse per poi riunirsi nel 1998. Da allora si esibiscono in vari festival tedeschi e nel 2003 hanno inciso un nuovo demo. Attualmente sono alla ricerca di un contratto discografico che li possa ricompensare con la giusta fama dell’impegno che hanno messo nella loro musica, sfornando una pietra miliare del metallo teutonico e del thrash metal intero.

Line Up
Achim “Daxx” Hömerlein – chitarra e voce
Michael “Micky” Wehner –
chitarra e voce
Klaus “Heiner” Ullrich – basso
Andreas “Samson” Samonil – batteria

Tracklist
1-War
2-Brain Damage
3-Conversation
4-Precious Existence
5-Never Die
6-Love Song
7-Fade To Insanity
8-Dominance Of Violence
9-Metal Law

Fabio “Skolnick” Tamburrini

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