Recensione: Brain Eater

Di Daniele D'Adamo - 4 Marzo 2017 - 0:00
Brain Eater
Etichetta:
Genere: Death 
Anno: 2017
Nazione:
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50

Doom o death? Death o doom?

“Brain Eater”, il debut-album dei tedeschi Cryptic Brood, non risolve la questione: né uno né l’altro, si potrebbe dire. Anzi, meglio: un po’ di uno, un po’ dell’altro. Con che, d’impatto, si resta un pochino spaesati di fronte a un collage di song che si dividono praticamente a metà, nella loro insistita divisione fra i generi suddetti.

Prevale il death. No, il doom.

Impossibile stabilirlo. Forse, si equivalgono, sparsi nello stranito percorso da ‘A Box Full of Bones’ a ‘Until It Starts to Rot’. La commistione fra death e doom è un classico, nell’ambito del metal estremo, ma la soluzione generale è quella di dar luogo a un genere spurio, imbastardito dalla supremazia di uno rispetto all’altro. In “Brain Eater”, invece, tale diluizione reciproca non pare esserci. ‘Slurping Reeking Slime’, per esempio, è una song al 100% doom, così come, di rimando, ‘Ridden with Dementia’ è una sfuriata death nuda e cruda.

In fin dei conti, però, tutto quanto sopra non è che determini così decisamente il destino “Brain Eater”, a essere onesti scarso un po’ ovunque. Sia che si tratti di doom classico, sia che si tratti di old school death metal, il risultato è il medesimo. Noia. Noia nell’assimilazione di un sound scarno, essenziale, da garage. Diretto, senza filtri. Che potrebbe anche avere un senso se non fosse uguale a quello di altri centinaia. Noia nell’ascolto vero e proprio delle canzoni, purtroppo – per i Nostri – prive di alcun barlume di originalità e di spunti interessanti.

Sì, i riffoni di Michael Lehner non sono poi così male. Belli, rotondi, scabri, lamentosi e soprattutto rocciosi. Anch’essi, nondimeno, obbedienti alla regola del già sentito, grazie. I quali, quando rallentano sino alla velocità di 0,1 km/h, assumono carattere di tediosità assoluta; tale da far interrompere immediatamente il viaggio all’interno di song imperscrutabili nella loro inutilità, come per esempio la lisergica, nel senso che induce al sonno, ‘Gorging Severed Pieces’.

Comunque, occorre rilevare che l’ambito di azione dei Cryptic Brood è assolutamente, totalmente, completamente, quello del super-underground, per cui un sound rozzo e involuto come il loro ci può anche stare. Del resto, pensare di donare a “Brain Eater” un suono à la One Desire, per citare una delle formazioni più moderne e in gamba di hard rock o meglio AOR, farebbe ridere i polli, come si suol dire.

Bisogna tuttavia rilevare ancora che il difetto vero del platter non è come suoni, ma cosa, suoni. Il songwriting, cioè, è davvero scarso. Elementare, scolastico, prevedibile e scontato. Il che induce a pensare con dispiacere al passo falso compiuto da una label di un certo livello internazionale come la Xtreem Music, incagliata in dischi come questo quando, a spasso, senza contratto discografico, c’è di meglio.

Molto, di meglio.

Daniele “dani66” D’Adamo

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