Recensione: Brakebein

Di Alessandro Zaccarini - 28 Luglio 2006 - 0:00
Brakebein

Ad aprile dello scorso anno li avevamo lasciati così: “Cari Trollfest, possano gli dei far sbucare un ruscello di birra a fianco delle vostre case, perché ve lo meritate: grezzi, violenti, casinisti, screanzati, birraioli, anticristiani e festaioli, siete quanto di più si possa chiedere a un debut album folk metal.”

Ebbene, lo hanno fatto ancora.

Dopo aver assestato un notevole scossone alla scena con la selvaggia irruenza di Willkommen Folk Tell Drekka Fest! (Recensione) questi folli giovani di Norvegia hanno partorito un nuovo pargolo degno successore di quello che, a parere di chi scrive, è stato uno dei debut più devastanti degli ultimi anni. Anzi, sono andati oltre. Ben oltre: i Trollfest hanno arricchito la loro musica, affinandola senza perdere un briciolo di quella violenza selvatica e di quella veemenza animalesca che avevano caratterizzato il loro primo album. Soltanto un anno dopo il loro primogenito il combo di Oslo è tornato per consegnarci la seconda portata. La ricetta è sempre la stessa, un misto di thrash, death e black a sorreggere le pazzie vocali e strumentali, ma il risultato è ancora più sconsideratamente gustoso…

A fare da sfondo alle scorrerie sonore di questo nuovo lavoro troviamo il concept di un troll alla ricerca di una birra dal gusto leggendario, una storia semplice e un po’ matta, degna di un album come questo. Divertente anche la narrazione stile fumetto del booklet, ovviamente scritta nello stesso idioma creato ad hoc dai TrollFest per le liriche dei pezzi: un ibrido tra norvegese e tedesco di propria invenzione, una follia linguistica che rispecchia perfettamente le stravaganze musicali di questa formazione scandinava.

1. Legendarisk øl apre le danze in uno scoppio fragoroso di tutto quello che è Trollfest, con velocità vertiginose, riffing con le chitarre ritmiche che ruggiscono in levare e cori di voci pulite che spezzano lo scream gracchiante di Trollmannen. Sono le rime che ci introducono la birra leggendaria. È il pezzo che ci fa capire quanto i Trollfest abbiano intenzione di fare sul serio.
2. Il racconto della succulenta cervogia arriva alle orecchie di un vecchio troll chiamato Brakebein e ne cattura ogni pensiero. Ossessionato dal desiderio la creatura medita i primi piani di conquista attirando verso la propria causa altri troll. La bramosia prende forma attraverso un riffing trascinante che non disegna di suonare quasi baldanzoso e giocoso, con le chitarra crocchiante a dettare le linee melodiche principali e un ritornello che tuona il nome di Brakebein.
3. Il drappello si forma e sotto la guida del proprio condottiero marcia fuori dagli alberi. Da un piede all’altro, il peso degli antichi abitanti della foresta si muove al ritmo della cadenzata Utmarschen, episodio dove anche le folli selvagge cadenze dei Trollfest si piegano a una vaga concezione di marzialità, con le ritmiche per una volta in battere e qualche palm-muting a rendere più forte l’accentazione dei riff.
4. La comitiva si imbatte nel villaggio dei pirati di Busken e qui medita l’agguato. Col favore del tramonto l’assalto è veloce e vittorioso. In PiratKriegen sentiamo per qualche secondo risuonare le melodie alcoliche di …Nå Må Du Drikka Mest! ma ben presto è l’offensiva ai filibustieri a caratterizzare la natura musicale del pezzo. Il brano è scattante e mutevole, velocissimo nei suoi sprazzi più dinamici ma largo e quasi arioso nel ritornello. I troll conquistano le navi e Brakebein un cappello da comandante. Si fa rotta per il mare aperto.
5. Den Apne Sjo, Il Grande Oceano. Fatta propria la più grande delle navi di Busken i troll si trovano a fronteggiare la distesa d’acqua in un brano che trova nei moti della fisarmonica le melodie ideali per assestare le ritmiche frenetiche e irrequiete su cui Trollmannen non ha alcuna fatica a slanciare le sue linee tanto sgraziate quanto travolgenti. Un ritornello al solito corale, veloce ma molto melodico, è la ciliegina di un pezzo assolutamente travolgente.
6. Mattina. I troll dormono e il mare è in calma piatta. Troppo piatta: Das MeerUngeheuer, ovvero Il Mostro Marino, è in attesa delle sue prede, pronto a divorare qualsiasi cosa si muova. Il brano si sviluppa sulla cadenzata fisarmonica e accoglie con velocità mai troppo elevate dei versi quasi recitati in tono narrativo, quasi parlati, e un ritornello al solito destinato a scatenare i muscoli.
7. Il mostro marino non ha però fatto i conti con Brakebein e la sua ciurma, e così da predatore acquatico si ritrova morto stecchito come portata principale di un banchetto a bordo della nave. È la EssenFest, un brano che parte blando per poi scatenarsi festosamente e diventare un vero e proprio giubilo musicale tra i soliti cori e accelerazioni improvvise. Una screanzata baldoria.
8. Una ballata rubata ai pirati di Busken e riadattata dai troll secondo i loro costumi diventa Inni Den Grotte, ovvero Nella Grotta. La chitarra acustica, sempre rigorosamente in levare, e gli intrecci delle voci dei troll – sempre ovviamente scorbutiche – bastano per narrare la storia di una grotta piena di qualsiasi tipo di succulente bevande alcoliche. Un attimo di respiro dalle vertiginose velocità dell’album.
9. Illantergesteignungh, Andando Verso Riva. I troll intravedono la terraferma e festeggiano a modo loro, con inserti acustici, orologi cucù che fanno capolino e riff infermi che si evolvono da marcette folk a pattern fittissimi di prima scuola black metal.
10. Della birra leggendaria ancora nulla, ma per Brakebein e compagni è tempo di una vicenda di finntrolliana memoria: a due preti in caccia di un cinghiale viene riservata la stessa sorte toccata al MeerUngeheuer: i due sacerdoti vengono presto trasformati da predatori a cena dei troll. PresteFeste lascia ampio spazio alle chitarre, a cui sono affidate tutte le linee melodiche della prima parte del brano, prima che lo sbraitare selvatico dei Trollfest irrompa negli schemi del pezzo.
11. Yameeka. il vento soffia a favore dei troll e così la cerca ricomincia. Ancora una volta i nostri si trovano ad attraccare su una spiaggia, ma questa volta ad accoglierli trovano simpatici umanoidi con l’abitudine di fumare strane pipe. I troll si aggregano alla comitiva, cominciano a fumare e si ritrovano a danzare e ridere per qualsiasi motivo. Il pezzo che narra il capitolo è ovviamente tra i più strambi del disco, con un principio quasi alla Pulp Fiction, percussioni simili a bonghi, melodie scherzose e ritmiche che variano repentinamente guidate da selvagge accelerazioni. Anche la voce di Trollmannen sembra risentire degli effetti delle pipe e appare più rauca e sottomessa del solito.
12. Ben presto però Brakebein comincia ad annoiarsi e il desiderio di mettere le mani sulla birra leggendaria è nuovamente padrone assoluto dei suoi pensieri. Gli altri troll però sono stanchi della ricerca e vogliono tornare a casa, e così la nave che fu di Busken leva l’ancora e fa vela verso la foresta dei troll. È Skogsgjensyn, appunto Ritorno alla Foresta, a descrivere il viaggio di ritorno con un episodio dalla genesi quasi tribale, chitarre frenetiche e un verso trascinante fatto di scariche improvvise. In bella vista, tra gli accorgimenti strumentali dell’episodio, anche flauto e munnharpe, a proporsi tra le aspre linee vocali e gli assalti delle chitarre.
13. Egen Mjød, Heidunder Mjød! Il nostro idromele, meraviglioso idromele! Ecco l’epilogo della storia, un “casa dolce casa” con i troll impegnati in una festa di ritorno tra abbuffate di cibarie e abusi alcolici, mentre Brakebein chiuso nella sua grotta a meditare sulla sua avventura e a gustare un paio di barili di idromele lasciati in fondo alla caverna… Altro brano dalle linee vocali urlate con toni scorbutici e struttura ritmica costruita in levare per accogliere le solite soluzioni targate TrollFest. Molto bello il finale dove le chitarre zanzarose lasciano alla fisarmonica l’onere di chiudere il brano in maniera melodica. Dopo qualche secondo di silenzio, come i Finntroll in Jaktens Tid, anche i TrollFest prima di congedarsi da questo loro secondo disco da studio ci regalano una mini traccia nascosta degna del miglior folk da taverna.

Concedete qualche ascolto attento a questo disco e ne resterete conquistati. Genio e follia vanno a braccetto in un turbinio caotico che però risponde a una sorprendente armonia interna. Intrecci strumentali e maglie ritmiche sprezzanti di ogni logica gridano selvaggiamente la loro grandiosità e innalzano la nuova fatica di casa TrollFest a un livello sublime che probabilmente nemmeno la band stessa, durante la stesura dei brani, era in grado di comprendere.

I TrollFest sono totalmente malati di una pazzia sconosciuta che li fa comporre brani assurdi, pezzi che sembrano suonati e cantati da animali invasati di una demenza mistica: Brakebein è un’orgia di estro e sregolatezza, insania e ferocia, grida e soluzioni visionarie di una freschezza e di un vigore allucinante.

Se questi ragazzi continueranno così, presto ci sarà da rimodellare i vertici della scena.

Tracklist:
01. Legendarisk ØL
02. Brakebein
03. Utmarschen
04. PiratKriegen
05. Den åpne sjø
06. Das MeerUngeheuer
07. EssenFest
08. Inni den grotte
09. IllanterGesteignungh
10. PresteFeste 
11. Yameeka
12. Skogsgjensyn
13. Egen Mjød, Heidunder Mjød!

Alessandro ‘Zac’ Zaccarini