Recensione: Break the Silence

Di Andrea Bacigalupo - 9 Dicembre 2019 - 21:32
Break the Silence
Band: Dust
Etichetta:
Genere: Heavy 
Anno: 2019
Nazione:
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75

DUSTblackclipped

Il progetto Dust prende forma a Torino nel 2016 da un’idea di Riccardo Pirozzi (voce) e Stefano Brogi (batteria), ai quali si unisce poi Andrea Lege (basso). Il terzetto comincia a comporre, trova i restanti musicisti per completare la band ed incide il primo singolo, ‘Another Place to Hide’. Nasce così negli artisti la consapevolezza di poter andare avanti, di poter esprimere in pieno il loro pensiero attraverso la loro passione comune, l’Heavy Metal, realizzando qualcosa di più grande. Il risultato è ‘Break the Silence’, album disponibile attraverso la Volcano Records & Promotion dal 22 novembre 2019.

Il loro è un sound moderno, concreto e diretto che rovescia addosso, attraverso continue scariche adrenaliniche, sensazioni tanto di rabbia quanto di tristezza.

La struttura dei brani è dinamica, con ritmiche stoppate alternate ad altre più serrate e veloci per sottolineare la collera, frammentate da cadenze cupe quando la rabbia lascia il posto all’angoscia.

Il cantato è caustico, ruvido ed interpretativo, in pieno contrasto con gli assoli, per la maggior parte lenti e toccanti. 

Sono tante le idee ed i dettagli che trascinano l’ascoltatore dentro l’album: il riff coinvolgente di ‘Another Place to Hide’, che dà fuoco alle polveri, l’assolo nevrotico di ‘Until the Last Breath’, l’aggressività di ‘Black Stranger’, interrotta da una narrazione cupa e rassegnata inserita tra un arpeggio ed un assolo da brivido.

Dopo ‘Above the Surface’ segue la title-track, ‘Break the Silence’ (per la quale è stato girato un video), particolarmente dirompente, con un arpeggio orientaleggiante sostenuto da una ritmica stoppata che introduce un assalto di chitarra e batteria ed una successiva accelerazione che porta la rabbia all’apice. A metà una breve ripresa dell’arpeggio crea una pausa, ma di poco: dopo pochi istanti il bombardamento sonico riprende.

Altrettanto efficace è ‘Waiting for Death’, che si muove su binari diretti nel senso opposto: anche lei inizia con un arpeggio, dalla sensazione più malinconica che oscura, interrotto da un compatto tempo medio; le prime strofe sono lente e malinconiche, poi la potenza cresce, con la chitarra solista che insegue il cantato, una parte narrata che mette inquietudine, un lungo ed appassionato assolo su base stoppata ed un arpeggio che chiude il tutto.

Dopo ‘So Deep So Down’, chiude il lavoro ‘Dead Thoughts On My Back’, potente, veloce ed arrabbiatissima, con un passaggio centrale molto struggente.  

Se vogliamo imbrigliare il sound dei Dust in un genere, si potrebbe parlare di Metalcore con vampate Thrash che incrementano la furia. Oppure possiamo dire che il loro è un Heavy Metal molto robusto, che lascia profonde sensazioni. Comunque lo si chiami, non si rimane indifferenti a quello che i Dust propongono. Con ‘Break the Silence’ centrano l’obbiettivo e riescono a farsi ascoltare. Non ci resta che augurare loro una densa attività live, visto che i loro brani stanno bene tanto su un platter quanto sui palchi, ed aspettiamo il loro prossimo lavoro. Bravi!!       

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