Recensione: Breaking Through The Mist

Di Simone Volponi - 31 Gennaio 2016 - 15:34
Breaking Through the Mist
Etichetta:
Genere: Heavy 
Anno: 2015
Nazione:
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80

Nel marasma delle uscite discografiche mensili, dove spesso vengono messi sul mercato album di basso livello spacciati per dischi imprescindibili, può succedere che autentiche perle sbocciate nell’underground non ricevano la giusta attenzione.
Questo è il caso dei Ravenblack Project, band autoprodotta dal chitarrista e compositore Riccardo Bacchi, coadiuvato da altri validi strumentisti nostrani (Stefano Dell’Amico alle tastiere, Alberto Bollati al basso e Sergio Pescara alla batteria). E per essere un’autoproduzione, c’è da dire che Riccardo ha fatto le cose in grande. Produzione di livello, mix affidato a Mika Jussila dei prestigiosi Finnvox, grafica curata nei minimi particolari, ma soprattutto un gruppo di vocalist di prim’ordine. Si alternano infatti al microfono: Mark Boals (ex Malmsteen)Jon Oliva (Savatage)Andre Matos (ex Angra)Doogie White (ex Rainbow)James Christian (House Of Lords) Amanda Sommerville (Avantasia).
La proposta è un hard rock moderno, solido, basato su riff ruvidi e incisivi, melodie azzeccate e punteggiature di hammond vecchia scuola.

Il disco inizia con “My New Revelations” con intro dal sapore spaziale, per poi partire spediti investiti da un bel riffone e dalla voce squillante di Mark Boals che non si risparmia per l’occasione. Ottimo anche il break centrale, dove la chitarra rallenta facendosi pesante e oscura.
Seconda traccia, “The Faithless And The Dreamer”: capolavoro. Già mettere in coppia Andre Matos Jon Oliva merita un ringraziamento da parte nostra, ma il pezzo è davvero bello. Liriche incentrate sul dramma dell’11 settembre, pathos a mille, i due singer che si amalgamano alla perfezione regalandoci più di un brivido. Il Mountain King è sempre una garanzia laddove bisogna donare enfasi e dramma ad ogni parola, ad ogni nota, scavando un fosso nei nostri cuori. Bacchi inoltre infila un assolo vivo, sentito. Da riascoltare più e più volte.
Detto che Doogie White fa scintille su “One-Night Stand“, voglio menzionare la prestazione di Alberto Bollati su “Redemption Blaze“, dove hammond e chitarra si incrociano in un discorso Purpliano con tanto di scambio di assolo, e il vocalist sfodera una voce da rocker di razza, che nulla ha da invidiare ai più illustri colleghi. Segue “The Ancestral Call“, altra hit dell’album. Si tratta di una ballad sognante, dall’atmosfera celtica e fiabesca, gestita alla perfezione dalla coppia Doogie White-Amanda Sommerville. Chitarre acustiche, percussioni e un bel flauto ci donano un pezzo magico che riascolteremo con gioia.
Dopo “The Road To Hell Paso”, un altro bel hard rock tirato con Mark Boals in gran spolvero, passiamo a sentire il contributo lasciato da James Christian su “Wasting Memories“, il capitolo più AOR oriented del disco. Neanche a dirlo, Christian timbra una prova impeccabile, di classe, in una song che potrebbe tranquillamente far parte del repertorio dei suoi House Of Lords.
Your Load Of Lies” mostra i muscoli con un riffone greve, e “fischio” della chitarra: Zakk Wylde? Il richiamo al gigante dei Black Label Society si sente chiaro e forte, confermato dal vocione di Franco Campanella. Ebbene, il pezzo merita e non sfigura con l’illustre paragone. Ci avviamo alla conclusione del viaggio con “Lullaby For A Wolf“, ballata per pianoforte, chitarra acustica, e la voce soave di Amanda Sommerville a guidarci in un’atmosfera a tratti inquietante. Chiude la cover di “Tarot Woman” dei Rainbow, cantata a due voci da Boals e Campanella, a celebrare la principale fonte d’ispirazione per Riccardo Bacchi. E così viene suggellato un album a dir poco perfetto.

Consiglio caldamente questa prima prova dei Ravenblack Project, attualmente acquistabile sugli store on-line, oppure, come ha fatto il sottoscritto, direttamente dall’autore sulla pagina facebook del progetto. Auspicando che possa godere presto di una migliore distribuzione, in modo da avere tra le mani anche un secondo capitolo.

 

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