Recensione: Bring Em On

Di Fabio Vellata - 5 Aprile 2008 - 0:00
Bring Em On
Band: Tempestt
Etichetta:
Genere:
Anno: 2008
Nazione:
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72

Originari di San Paolo, Brasile, i Tempestt sono un giovane gruppo nato alcuni anni fa come semplice cover band che, sviluppatosi poi in un’entità musicale ben definita, giunge al tanto agognato esordio discografico grazie all’imbeccata ed alla raccomandazione di Billy Sheenan, leggendario bassista dei Mr. Big, attualmente piuttosto quotato anche nel ruolo di talent scout.

Dichiarati estimatori di nomi importanti e seminali come Bon Jovi, Dream Theater, Europe, Journey e Queen, i quattro carioca non fanno nulla per nascondere le molteplici influenze, disseminando le proprie composizioni di un numero cospicuo di riferimenti agli idoli di una vita.
Effetto e conseguenza di questa “miscellanea”, è un disco che si modella sul binomio hard rock / prog metal, attivandosi in una serie di tracce dall’anima complessa e mai troppo lineare, talora vicina alla semplicità di stilemi tradizionali, in altri casi più affine a sensazioni dal ricercato profilo progressivo.
Tutto sommato apprezzabili i risultati che, limitatamente alla dimensione ancora in parte acerba del gruppo sudamericano, lasciano intravedere aspetti interessanti in “prospettiva”, oltre ad un virtuosismo strumentale d’ottima levatura e ad una personalità già piuttosto marcata e riconoscibile.

Non mancano tuttavia, elementi migliorabili e bisognosi di più attenzione, riferibili, in larga parte, ad un uso dei ritornelli non sempre vincente e ben studiato e ad un livello qualitativo del songwriting ancora non messo a fuoco del tutto, forse troppo in bilico tra una molteplicità d’influenze a volte spiazzante ed ancora da affinare in sede di scorrevolezza.
Da rilevare ad ogni modo, come possano rivelarsi fonte di valutazioni erronee i primi, fuggevoli ascolti. Al di là di una facciata all’apparenza votata alla semplicità ed alla immediatezza, ‘Bring ‘Em On‘ cela una serie di risvolti apprezzabili solo dopo qualche passaggio, utili a memorizzare trame sonore – come si diceva – mai del tutto lineari, ed a fornire una buona familiarità con un album, che, pur non inserendosi ai vertici assoluti, ha qualche buona sorpresa da offrire e non appare affatto di malvagia levatura.

Da inserire nella casella delle delusioni invece (ed è un vero peccato) l’episodio di primo acchito più appetitoso del lotto, ovvero quella “Insanity Desire” cantata in coppia dal bravo BJ con il “mamma santissima” Jeff Scott Soto. Il brano, infatti, ha il potere di attrarre nell’immediato, per poi sciogliersi letteralmente come “neve al sole” dopo poche repliche, rivelandosi ripetitivo, pachidermico e privo di dinamicità. In una sola parola: annoiante.
Preferibili senza dubbio, canzoni dal tono molto più coinvolgente e spigliato come “Lose Control”, “Enemy In You” e l’iniziale “Faked By Time”, simboli di una band in evoluzione e con buone carte da giocare per il prossimo futuro.
Da segnalare infine, la conclusiva cover della grandissima “Don’t Stop Believin’” dei Journey, capolavoro in grado di affascinare anche in questa veste comunque di discreta fattura e riuscita.

In buona sostanza, non un album fondamentale, non un disco da top list di fine anno, ma un prodotto di valore ragionevole, che potrebbe risultare abbastanza gradito a più di un fan del prog metal e, perchè no, anche a qualche irriducibile rocker in cerca di novità.

Tracklist:

01. Faked By Time
02. Bring ‘Em On
03. A Life’s Alibi
04. Insanity Desire
05. Too High
06. Enemy In You
07. Fallen Moon
08. Lose Control
09. Healing
10. Higher (I Can Land)
11. Don’t Stop Believin’

Line Up:

BJ – Voce
Gustavo Barros – Chitarra
Paulo Soza – Basso
Edu Cominato – Batteria

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