Recensione: Burned Down The Enemy

Di Simo Narancia - 1 Febbraio 2007 - 0:00
Burned Down The Enemy
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Anno: 2007
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71

Negli ultimi quattro anni, quelli che separano Burned Down the Enemy dal precedente lavoro in studio, sono successe un po’ di cose in casa Burning Point: da un lato le esibizioni in festival di un certo prestigio, come il Tuska Metal e lo Sweden Rock, dall’altro una piccola modifica nella line-up e alcune traversie legali che hanno portato inevitabilmente al cambio di etichetta. Questi avvenimenti negativi tuttavia non hanno demoralizzato troppo la band finlandese, che anzi si è rimboccata le maniche e ha dato vita a quello che loro stessi definiscono l’album “più heavy” che abbiano mai fatto. A dire la verità non si sente chissà quale stravolgimento sonoro rispetto Feeding the Flames (2003), in fondo sempre di metal melodico si parla, più che altro c’è un approccio un po’ più deciso e aggressivo lungo tutte le tracce. Riffs macina tutto che si scontrano con assolo melodici e tipicamente neoclassici, vocals potenti e cori pieni, tutto come la tradizione scandinavo-finlandese impone. 

Ed è proprio nei frangenti più aggressivi e veloci che i Burning Point si giocano le loro carte migliori: Parasite, con il suo power oscuro , l’incalzante Hell Awaits, Deceiver, dal chiaro tocco heavy anni ’80, e la fuorisa To Hell and Back (vicina a certe cose dei Kenziner) sono infatti tra le cose più riuscite del disco. Cambia invece il rendimento durante i brani più lenti: una serie di mid-tempo piacevoli ma a cui tendenzialmente manca quello spunto che possa dar loro una marcia in più, tanto da risultare quasi dei riempitivi. Ne sono un esempio Dawn of the Ancient War o Eye For an Eye. Va un po’ meglio, in ogni modo niente di eclatante, con l’epica Icebound e con la malinconica Heart of Gold, dotata di bei cori e di un ritornello efficace. Fortunatamente i brani sono ben distribuiti e così a metà scaletta ed in chiusura troviamo i due picchi più alti: From the Beginning of It All e Burned Dawn the Enemy. La prima è una power ballad  a metà strada tra la scuola italiana e quella finlandese (un po’ di Labyrinth e un po’ di Stratovarius), la title track invece è una “mazzata” di 9 minuti all’insegna del power-heavy più energico  e terremotante. Un brano con pregevoli cambi di situazioni, rallentamenti e ripartenze studiate ad hoc per divertire durante l’ascolto.

A conti fatti sono più le luci delle ombre e questa è una cosa positiva, certo è che arrivati al terzo disco forse ci si aspettava qualcosa in più del “solito” disco ben suonato e ben prodotto (nei paesi nordici sembra impossibile trovare qualcuno impreparato sotto questi aspetti). Chissà, magari sulla resa dei brani hanno influito le tribolazioni raccontate in precedenza, restiamo dunque fiduciosi per una band dal buon potenziale ancora non completamente espresso.

Simo Narancia

Tracklist:
1. Parasite
2. Heart of gold
3. Dawn of the ancient war
4. Hell awaits
5. From the beginning of it all
6. Icebound
7. Deceiver
8. Eye for an eye
9. To hell and back
10. Against the madness of time
11. Burned down the enemy 

Line up:
Pete Ahonen / vocals & guitars
Jussi Ontero / keyboards & drums
Pekka Kolivuori / guitars
Jari Kaiponen / drums
bass on the album: Pete Ahonen, Jukka Jokikokko

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