Recensione: Cadaver Casket (On A Gurney To Hell)[EP]

Di Vittorio Sabelli - 7 Maggio 2014 - 15:46
Cadaver Casket (On A Gurney To Hell)[EP]
Band: Paganizer
Etichetta:
Genere: Death 
Anno: 2014
Nazione:
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70

 

Quante sono le band che, pur avendo una carriera longeva e diversi dischi e concerti alle spalle, non riescono ad approdare nel circuito di ‘quelli che contano’? Il più delle volte ci imbattiamo in act che, potenzialmente, nulla hanno da invidiare a più blasonati colleghi, né sotto il profilo tecnico, nè quantomeno da quello compositivo o dell’impatto e del ‘sound’.

L’ambito underground è il regno di queste band pronte a battagliarsi a colpi pesantissimi, per dire la loro ed avvicinarsi a un nuovo pubblico, che possa apprezzare e sostenere i loro sacrifici. Nove dischi, cinque split, un demo e diverse compilation, oltre a tour con grandi nomi del panorama estremo, sono un più che apprezzabile biglietto da visita per chi si approccia per la prima volta agli scandinavi Paganizer.   

Band svedese che da buona ‘band svedese’ si appresta a festeggiare il ventesimo anno di attività con l’EP “Cadaver Casket (On A Gurney To Hell)”, che segue a distanza di un solo anno l’ultimo full-length “World Lobotomy”, a suon di ‘melodic-old-school’, nnoverando tra le tante influenze Nihilist, Carnage, Vomitory, Benediction. 

In venti minuti scarsi ci imbattiamo in tutto ciò che il vecchio death metal ci ha regalato, unito a un’ottima produzione, che però va un po’ a rovinare quel sapore raw che fa impazzire gli ‘aficionados’. Per il resto di roba ce n’è e senza parsimonia, i riff sono valanghe fangose, melma pura che si appiccicano sulla pelle e non vanno via facilmente.

È il caso di “Deranged World”, che si staglia su varie sezioni, mai monotone o ripetitive, sulle quali l’ugola di Rogga Johansson non risparmia aria, accasciandosi nel sottosuolo e vomitando l’anima nel microfono. Anche “Souls For Sale” è improntata su riff assassini e batteria a mille, tiratissima a ricordarci gesta di Reifert e precursori del genere, con cambi improvvisi che vanno a stemperarsi con dei medium-tempo e un breve solo di chitarra del ‘solista’ Blomberg.

Senz’altro l’opener e title-track non è tra i brani da ricordare; nonostante sia di buona fattura, non lascia niente di nuovo nell’ambiente ‘classico’ del death metal. Decisamente meglio la successiva “Rot”, che fa da apripista alle melodie di matrice scandinava, scandite sul drumming preciso e possente di Fiebig

“Afterlife Burner” insiste sul percorso disegnato per questa nuova uscita dalla band. Ritmi tirati e aggressivi, con qualche rara incursione slow e medium, che però non lasciano trasparire troppe emozioni. Il riff di stampo thrash della conclusiva “It Came From The Graveyard” è il giusto contraltare al successivo slow, di breve durata e preludio di un solo di chitarra in tapping.

Insomma, la band è rodata e si sente, nessuna sbavatura e nessun rischio in fase di scrittura. Restando fedeli al loro stile, i Paganizer hanno centrato l’ennesimo buon disco, ma che non rimarrà negli annali come il ‘loro migliore’, finchè non cambieranno marcia o intenzioni su come uscire fuori dagli schemi e dai canoni così comuni alla maggior parte delle band che si avventurano nel rischioso ma affascinante sentiero del death metal. 

Vittorio “versus” Sabelli

 

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