Recensione: Call My Name

Di LeatherKnight - 22 Marzo 2003 - 0:00
Call My Name
Band: Silence
Etichetta:
Genere:
Anno: 2002
Nazione:
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48

“Call my Name” è il primo demo pubblicato dai Silence, gruppo milanese all’attivo dal 1999. Vari cambi di lineup e diversi concerti hanno dunque portato la band a raggiungere un grado di esperienza tale da convincerli ad entrare in studio per registrare i tre pezzi (di cui uno strumentale) che vanno a comporre questo demo. Dopo ripetuti ascolti non resta altro da dire comunque che magari, alla luce di quanto qui proposto, i Silence mostrano di non aver ancora raggiunto -pur minimamente- un soddisfacente maturazione dal punto di vista compositivo.

Purtroppo infatti nessuna delle canzoni di questo demo riesce concretamente a “prendere il volo”, a brillare di luce propria. Una qualità di registrazione più che buona (per carità, onore al merito), un artwork sicuramente professionale e studiato da soli non possono portare molto in alto il combo ambrosiano.
I punti deboli del materiale proposto risiedono propriamente nella scarsezza di idee vincenti (quelle su disco sono carine…), un fiacco incedere delle parti strumentali (che seguono per lo più vuote melodie accademiche), un’atmosfera soporifera dei vari brani (soprattutto nella ripetitiva “Terra Libera”, ossia il già citato brano strumentale) e nella approsimativa grinta delle linee vocali.

Delle tanto sbandierate influenze della New Wave of British Metal sinceramente non se ne vede neanche l’ombra (lo stesso vale per i citati Iron Maiden ed Europe). In “Night Singer” e “In Thy Embrace” non c’è il minimo accenno all’irruenza sempre filtrata con spettacolari melodie di gruppi quali Tokyo Blade, Saracen, Tresspass, Girlschool, Tytan, Samson, ecc… (nomi non casuali; citiamo qualcuno di quei gruppi hard’n’heavy a cui appunto la band milanese aspirerebbe a seguirne il magistrale esempio).

Senza alcuna malevolenza e/o intenzione di offendere (ci mancherebbe cazzo!), non possiamo far altro dunque che classificare per adesso “Call My Name” sulla linea della netta insufficienza e salutare i Silence augurando loro un più allettante futuro.

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