Recensione: Candlemass

Di Alessandro Zaccarini - 1 Agosto 2005 - 0:00
Candlemass
Band: Candlemass
Etichetta:
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Anno: 2005
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84

Apparsi all’improvviso nel lontano 1986 con un boato apocalittico dal titolo Epicus Doomicus Metallicus e ritornati solo un anno dopo con un altro capolavoro crepuscolare chiamato Nightfall, presto divenuto un monumento del genere, i Candlemass sono una di quelle band che hanno segnato in modo indelebile lo scorrere delle ere del metal. L’oscura magia della band svedese si era però interrotta dopo Tales of Creation quando, perso il roccioso singer Messiah Marcolin, la formazione scandinava aveva cominciato a dare grossi segni di un cedimento che si manifestò palese nei malriusciti Dactylis Glomerata, From The 13th Sun e il successivo split-up: anche la fonte Leif Endling pareva non essere più in grado di zampillare i riff di dieci anni prima.

Oggi, i Candlemass sono tornati in formazione originale, con un disco che si presenta in maniera assolutamente anomala, con un titolo e una cover che esulano dalla tradizione del combo svedese. Un monito che pare più ingannatore che altro, perché, fortunatamente, questo ritorno è nel segno del sound classico e tradizionale della band, e non basta una produzione talvolta tendente all’odierno per cancellare il granitico e pachidermico incedere dei Candlemass che furono.

Pezzi diversi ma sempre ciclici, perfettamente equilibrati e soppesati, come nella migliore tradizione targata Candlemass. Gli avvicendamenti emergono palesi sin dall’inizio, dove la melodica e veloce (per i canoni della band) Black Dwarf spiazza gli stessi tradizionalisti che sentiranno gli echi lontani di Solitude risuonare cupi e fieri nella successiva Seven Silver Keys. I palati abituati ai tempi di The Well of Souls e Samarithan si sentiranno spaesati tra le cavalcate di Born In A Tank, per poi innamorarsi della classicità dell’inquietante Spellbreaker e della lunga The Day And The Night, già assaggiata con Assassin of Light e The Man Who Fell From The Sky. E così via, tra la varietà anacronistica della splendida angosciante Copernicus e di Witches, in una liturgia oscura e soffocante che solo i Candlemass possono officiare, spietati e austeri sommi sacerdoti del doom metal.

Siamo d’innanzi a un disco massiccio, che sa muoversi lentamente da una sponda all’altra del sound della band, in maniera assai più heavy e meno torpida del passato, ma restando fortemente sempre ancorato agli stilemi dei primissimi tempi. Un altalenare di situazioni tutte di grande impatto, in un equilibrio e una ponderazione che regalano a questi monoliti di epicità un sapore unico e ridanno gloria a un marchio di fabbrica che non brillava di tanta divina e irradiante penombra dai tempi di Nightfall e dintorni.


Tracklist:

01. Black Dwarf
02. Seven Silver Keys
03. Assassin Of The Light
04. Copernicus
05. The Man Who Fell From The Sky
06. Witches
07. Born In A Tank
08. Spellbreaker
09. The Day And The Night
10. Mars And Volcanos

Alessandro ‘Zac’ Zaccarini

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