Recensione: Carbon-Based Anatomy

Di Emanuele Calderone - 11 Novembre 2011 - 0:00
Carbon-Based Anatomy
Band: Cynic
Etichetta:
Genere:
Anno: 2011
Nazione:
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76

Ci sono delle band che riescono sempre a stupire; sono poche e quelle poche non sono neanche così prolifiche come si vorrebbe. Nonostante ciò, però, si ha quasi sempre la sicurezza di non rimanere delusi da suddetti gruppi.
I Cynic, a parere di chi scrive, rientrano a pieno titolo in questa ristretta cerchia di nomi. Inutile girarci troppo intorno, il combo americano sin da quando, nell’ormai lontano 1993, esordì con l’epocale “Focus” riuscì a creare attorno a sé un’aurea mistica.
La storia, da questo punto in poi, la conosciamo bene o male tutti: il lungo silenzio durato la bellezza di quindici anni, interrotto due anni or sono dall’ottimo “Traced in Air”, seguito nel 2010 dal trascurabile EP “Re-traced”.

Tempo un anno ed ecco che i Nostri tornano a calcare le scene con il nuovo EP intitolato “Carbon-Based Anatomy”. Cosa aspettarsi viste le ultime prove in studio? La risposta è quanto di più semplice e logico: i Cynic hanno ormai voltato pagina. Tutte le influenze death metal sono state accantonate, in favore di un approccio molto più vicino al metal più sperimentale e d’avanguardia. Al fianco di esso trovano il loro posto influenze derivanti dal jazz/fusion più classico e alla world music. Quello che ne esce fuori è un lavoro ricco di sfaccettature, carico di pathos, capace allo stesso tempo di cullare e rilassare l’ascoltatore. Ciò che colpisce fin da subito di questo “Carbon-Based Anatomy” è proprio la sua capacità di donare pace e calma, pur senza risultare fiacco o scarico.
Sostenuta da un songwriting di livello eccelso e dal consueto tasso tecnico elevatissimo, l’opera è divisa in sei brani, per un minutaggio totale di appena ventitré primi. Siamo dunque al cospetto, ancora una volta, di un lavoro piuttosto breve, ma che riesce a comprimere in così poco tempo musica decisamente interessante ed originale, come nella migliore tradizione di casa Cynic.

Bastano i 2 minuti e 11 secondi dell’introduttiva “Amidst the Coals” per comprendere al meglio ciò a cui si andrà incontro. Il pezzo riporta inevitabilmente alla mente il lavoro dell’immenso e mai troppo lodato Pat Metheny, grazie alle sue sonorità mistiche, fortemente debitrici alla world music. I toni orientaleggianti vengono messi da parte con la successiva “Carbon-Based Anatomy”, molto più vicina a quanto propostoci nel precedente “Traced in Air”. Il pezzo presenta punti di contatto con il prog metal più raffinato, risultando piuttosto godibile. I ritmi mai troppo sostenuti, assieme alla voce sognante di Masvidal e i bellissimi cori sullo sfondo creano un’atmosfera pacata ed elegante cui è impossibile rimanere impassibili.
Andando avanti si nota come l’EP possa essere diviso idealmente in due: da una parte i brani più d’atmosfera, brevi, ricchi di suggestioni folkloristiche e dal sapore orientale; dall’altra troviamo invece le canzoni più “classiche”, più articolate e lunghe. Ecco dunque che si incontrano tracce quali “Box up my Bones” e “Elves Beam Out” -questa presenta addirittura passaggi vicini agli Aeon Spoke- piuttosto che “Bija!” e la conclusiva “Hieroglyph” che si muovono invece tra ritmi tribali e sonorità new-age; in particolare quest’ultima colpisce per il suo crescendo emotivo, che chiude il disco nel migliore dei modi, ricordando da vicino Above the Treetops firmata dal già citato Metheny.

A rendere il tutto ancora più interessante ci pensano poi i “soliti” testi intelligenti e acuti scritti da Paul. Le classiche riflessioni personali sul mondo e la ricerca della pace interiore si sposano bene con le musiche dei Nostri.
Su tutti, quelli che ci hanno maggiormente colpito sono stati quelli di “Box up my Bones” e di “Hieroglyph”: il primo tratta del sentirsi liberi da ogni paura e costrizione, il secondo vira sull’astratto, creando delle immagini davvero suggestive.

Due parole è bene spenderle anche sulla copertina che, come nella migliore tradizione di casa Cynic, è firmata dal celebre artista americano Robert Venosa -scomparso lo scorso 9 Agosto-, che aveva già lavorato con la formazione di Miami nel 1993 per Focus. Le forme sono le solite, poco chiare, che danno libero sfogo all’interpretazione personale.

Eccoci giunti dunque alle conclusioni. “Carbon-Based Anatomy”, pur nella sua brevità, è un lavoro solido, gradevole e di grande impatto. La band americana, ricca di un bagaglio tecnico e compositivo sbalorditivo, fa ancora una volta centro, confezionando un disco di ottima fattura che farà la felicità di tutti gli amanti della buona musica. Complimenti, ancora una volta.

Emanuele Calderone

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Tracklist:
01- Amidst the Coals
02- Carbon-Based Anatomy
03- Bija!
04- Box up my Bones
05- Elves Beam out
06- Hieroglyph

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