Recensione: Carolus Rex

Di Federico Vicari - 8 Giugno 2012 - 0:00
Carolus Rex
Band: Sabaton
Etichetta:
Genere:
Anno: 2012
Nazione:
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80

Forse non tutti sanno che tra le incursioni vichinghe e la moderna socialdemocrazia, la Svezia è stata anche una vera e propria superpotenza europea tra il XVII e il XVIII secolo. Il cosiddetto impero svedese arrivò a comprendere la gran parte delle coste del mar Baltico, dall’attuale Finlandia fino all’Estonia e alla Livonia, una regione presso a poco corrispondente all’attuale Lettonia.

Dopo aver cantato le battaglie e le guerre di buona parte delle nazioni europee nel corso del ventesimo secolo, i Sabaton dedicano il quinto album alla Storia del proprio paese, ripercorrendo quel secolo d’oro che vide la Svezia emergere dalle fredde tenebre del Nord e divenire uno Stato conosciuto e temuto in tutta Europa.
Carolus Rex è un concept album idealmente diviso in due parti: la prima metà riguarda l’intervento svedese nell’estenuante Guerra dei Trent’anni (1618-1648), mentre la seconda, riprendendo il titolo del disco racconta i trionfi e disastri del regno di re Carlo XII (1697-1718).

A The Lion from the North, sicuramente tra le highlights del disco, il compito di aprire il concept. Undici anni dopo l’inizio dell’ultima grande guerra di religione, Gustavo Adolfo, re di Svezia, sbarca nel nord della Germania, accolto dai principi protestanti come salvatore e liberatore, il Leone della fede riformata che li avrebbe liberati dal gioco della cattolicissima Aquila imperiale. La discesa in campo del monarca svedese è giustamente rappresentata da un brano incalzante e power nel senso più classico, con rarissime pause e la doppia cassa a farla da padrona.
La battagliera Gott Mit Uns è invece un brano più cadenzato, che segue passo dopo passo l’incedere delle armate del re di Svezia sul campo di battaglia di Breitenfeld (1631), dove Gustavo Adolfo ottenne la sua più celebre vittoria, aumentando ancora di più l’aura di invincibilità che lo circondava. Tuttavia il giovane re svedese finì ucciso l’anno successivo in una sanguinosa battaglia di Luetzen. Il sogno di una rapida vittoria protestante morì insieme al re svedese e la guerra si protrasse per quasi due decenni. Eserciti di razziatori affamati e mercenari sbandati marciarono di pari passo con la Peste e misero a ferro e fuoco l’Europa centrale con devastazioni che sarebbero state superate in atrocità solo dalle guerre mondiali. In questo clima apocalittico e mortifero si inserisce l’immancabile power ballad, A Lifetime of War, un lento che trova il suo motivo d’essere nel tragico ritornello corale, senza dubbio una tra le migliori composizioni di questo tipo della band. 1648, un brano sull’assedio svedese di Praga, che, sullo sfondo della grande pace di Westfalia, concluse la guerra dei Trent’anni nella città dove era iniziata, chiude questa prima parte del concept con velocità e irruenza.
Carolean’s Prayer è un mid-tempo sull’esercito svedese riformato da re Carlo XI e si inserisce al centro del concept. Pur essendo di per sè un buon brano, viene inevitabilmente oscurato da Carolus Rex, altro mid-tempo nonché title-track del disco, che, in parallelo con The Lion from the North, narra l’avvento di Carlo XII, altro eroe nazionale svedese e protagonista della Grande guerra del Nord (1700-1721), un conflitto che vide contrapporsi al potere svedese sostanzialmente ogni nazione confinante in una coalizione guidata dalla Russia di Pietro il Grande. Il brano incede marziale e oscuro, con delle ovvie aperture negli ariosi ritornelli e ci conduce a Killing Ground, il brano più interessante e relativamente sorprendente del disco. La vittoria degli svedesi su un esercito tre volte superiore al loro negli effettivi nella battaglia di Fraustadt (1706) è raccontata con il ritmo di una cavalcata ottantiana che vagheggia i vecchi Iron Maiden nel riffing, un genere di brano effettivamente inedito nella discografia dei Sabaton e tutto sommato sorprendente in un disco che, a riferimenti musicali, certo non sembra andare più indietro della metà degli anni ’90. Poltava rende ancora più chiaro il contrasto di Killing Ground con la media dei brani degli svedesi. La disfatta dell’esercito di Carlo XII, fiaccato dal Generale Inverno e il tramonto dell’astro svedese, oscurato dal grande sole della Russia zarista, si concretizza in un brano tutt’altro che cadenzato, che ancora una volta gioca tutto sulla forza dei cori e sulla velocità. Con la penosa, quanto misteriosa, morte di Carlo XII, colpito alla testa durante un assedio da un proiettile che ancora non è accertato se sia stato esploso dagli assediati o dalle stesse linee svedesi ad opera di congiurati, si chiude la parabola dell’impero baltico Svedese. Long Live the King, anthemico mid-tempo dai toni tragici di una ballad, accompagna il corteo funebre che trasporta la bara del re e della potenza svedese, Ruina Imperii chiude il disco con tastiere dal curioso sapore orientaleggiante e un coro cantilenante esclusivamente in svedese.

Il concept sulla storia svedese è un scelta interessante e originale, persino coraggiosa; i dischi precedenti dei Sabaton erano basati su eventi arcinoti, sui quali è già stato detto, in tutte le salse, tutto e il contrario di tutto. Carolus Rex esplora scenari dimenticati e accantonati (la Guerra dei Trent’anni) o addirittura sconosciuti alla maggioranza del grande pubblico (la Grande guerra del Nord). Se concettualmente il disco è quindi interessante e davvero ben costruito, grazie alla sua divisione simmetrica sull’epopea di due sovrani, entrambi giovani, entrambi ascesi al rango di eroi nazionali, entrambi morti in battaglia, cosa dire dell’aspetto musicale, il più importante?

Di certo i Sabaton non hanno sfoderato il declamato coraggio delle armate di Carlo XII sul piano compositivo, mantenendo la posizione piuttosto che lanciarsi ciecamente alla carica. Non che le aspettative fossero diverse: la voce di Brodèn è indiscutibilmente coinvolgente e insostituibile e non sorprende troppo che a essa sia delegato il ruolo di protagonista insieme alle tastiere e al solito elemento corale. Tuttavia qualche prodezza chitarristica, oltre all’assolo di The Lion from the North, non sarebbe stata davvero indesiderata: niente contro le tastiere, ma le asce ne sono come al solito davvero troppo inibite. In questo senso il riffing ottantiano di Killing Ground si rivela un elemento tra i più interessanti, finalmente un riffing che, derivativo quanto si vuole, se non altro emerge parzialmente più degli altri.
In Carolus Rex non ci sono brani particolarmente brutti o riempitivi ma, se concettualmente funziona tutto perfettamente, musicalmente la track-list, nella seconda parte del disco, mostra il fianco a scelte discutibili. Accostare in delle coppie mid-tempos tutto sommato simili come Carolean’s Prayer e Carolus Rex o Long Live the King e Ruina Imperii senza alcun brano che vari un poco il tono, costringe l’ascoltatore a un confronto che rischia di danneggiare inevitabilmente il mid-tempo più debole della coppia. Ma il problema principale che affligge Carolus Rex è una tendenza all’autocitazione. Sarebbe forse un esercizio superfluo enumerare tutte le autocitazioni e i deja-vu che è possibile sentire in Carolus Rex. Basti dire che alcuni brani, per quanto efficaci, vuoi per le linee vocali, vuoi per il concept, vivono fin troppo di rendita e ricalcano con una fedeltà eccessiva il loro modello, anche se va detto che il più delle volte i deja-vu durano lo spazio di secondi.

Una nota importante sulla versione di Carolus Rex in doppio cd: davvero imperdibile la versione svedese, dotata di una linea vocale naturalmente meno intellegibile, ma molto più efficace di quella inglese. L’asprezza dello svedese contrasta i momenti più melodici del disco, aumentando di gran lunga l’efficacia della maggior parte dei brani: Gott Mit Uns e Carolean’s Prayer suonano terribilmente più aggressive e battagliere e in generale la maggior parte dei brani migliora sensibilmente. Anche dal punto di vista dei testi, se nella versione inglese molte volte i Sabaton si accontentano di soluzioni banalotte, talvolta il testo in lingua madre stravolge completamente la situazione. E’ il caso della ballad A Lifetime of War: se nella versione inglese il testo è una blanda e generica e infine debole denuncia delle guerre di religione, la versione originale, En Livstid I Krig, si trasforma in un brano intimista e toccante che racconta per l’unica volta nel disco il punto di vista di uno dei soldati svedesi coscritti e spediti a combattere una guerra interminabile e lontana dalla loro casa e dai loro affetti.

Carolus Rex è, in conclusione, un disco concettualmente interessante che ripropone pregi e difetti comuni con i dischi precedenti, ma li supera tutti in compattezza, in particolare nella versione svedese. Non resta che goderselo, in attesa del prossimo lavoro in studio. Chissà che, con il devastante e gigantesco split che ha sconvolto la formazione dei Sabaton, non cambi qualcosa e non ci sia più spazio compositivo, oltre che ai mastermind Brodèn e Sundstrom, per i nuovi membri.

Federico “fritz” Vicari

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Tracklist inglese:
1. Dominium Maris Baltici
2. The Lion from the North
3. Gott Mit Uns
4. A Lifetime of War
5. 1648  
6. The Carolean’s Prayer
7. Carolus Rex
8. Killing Ground
9. Poltava  
10. Long Live the King
11. Ruina Imperii

Tracklist svedese:
1. Dominium Maris Baltici
2. Lejonet från Norden
3. Gott Mit Uns
4. En Livstid i Krig
5. 1648
6. Karolinens bön
7. Carolus Rex
8. Ett slag färgat rött
9. Poltava
10. Konungens likfärd
11. Ruina Imperii

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