Recensione: Carry the Fire

Di Nicola Furlan - 30 Giugno 2014 - 11:04
Carry the Fire
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Anno: 2013
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83

Anticlockwise è un nome da tenere bene a mente se, almeno una volta, nel vostro lungo percorso musicale, avete apprezzato quegli ambiti dove thrash metal e progressive hanno trovato una perfetta e combinata sinergia compositiva. Una peculiarità del songwriting che ha caratterizzato, da sempre, soltanto grandi band, esordienti o no che fossero. Strutture musicali strutturate, apprezzabili dagli ascoltatori ‘dal palato fine’, ma non solo. La loro seconda fatica discografica sarà altresì ammirata anche da chi ama l’impatto del thrash metal. Questo è “Carry the Fire”, secondo full-length dei bergamaschi che, di fatto, confermano un percorso artistico in ripida crescita qualitativà.
I Nostri sviluppano trame equilibrate e perfettamente coerenti nel contesto complessivo del disco che trasmette un gusto ricercatissimo. Momenti intensi dalla marcata attitudine thrash si alternano a soluzioni dall’architettura multiforme. Non vi nascondo che a tratti si percepisce quanto i Nevermore abbiano infleunzato l’operato dei Nostri. Sia ben chiaro, però, che non c’è clone alcuno dietro le idee del quartetto. Sono sì presenti alcuni elementi raccolti da Jeff Loomis e compagni, ma il tutto si riduce al ‘mood’ da una parte ed alla teatralità al microfono di Warrel Dane dall’altra. E forse è proprio quest’ultimo fattore uno dei punti di forza del disco.
Il cantante Claudio Brembati è un vero talento! La sua voce così profonda, espressiva ed incisiva e ribadiamo, brillantemente teatrale, è quanto di più esclusivo la band possa ostentare con orgoglio. Nulla da togliere alle abilità degli altri (in particolare, Pietro Baggi autore di un lavoro colossale alle chitarre!), ma con un cantato di questo livello è facile lasciarsi alle spalle centinaia di band focalizzare su tale stile compositivo e guadagnare così posizioni su posizioni nella corsa al ‘successo’.
Molto apprezzabili anche le sezioni soliste che ricamano costantemente lo sviluppo delle canzoni; canzoni che acquisiscono così una riconoscibile personalità. Qualche arrangiamento in più relativamente ad alcune ripetioni ritmiche avrebbe certamente giovato in termini di completezza ed eterogeneità, ma nella sostanza stiamo davvero ‘raschiando il fondo del barile’. Bene anche la produzione, sopratutto per voce e chitarra, con la batteria un po’ smorzata a livello di ‘pacca’, ma pure qui, tale è da considerarsi un mero punto di vista personale che non vuole assolutamente andare ad intaccare l’attitudine estrosa ed arguta di Brembati e compagni. Esclusiva pure la ‘nostalgica’ copertina del disco, così come ben composto risulta l’artwork in generale con un booklet essenziale, ma esaustivo.
In definitiva, “Carry the Fire” può tranquillamente definirsi un full-length di alto profilo. Composto egregiamente da ragazzi che ci sanno fare. Musicisti attenti ai particolari che non copiano, ma che sanno valorizzare quanto di eccellente il mercato proponga e così trasformarlo in idee uniche. La cura di parte grafica e suoni altro non sono che il fiore all’occhiello d’una pubblicazione che sembra, a tutti gli effetti, l’ultimo step tra gli ‘autoprodotti’ del gruppo. Infatti, ci auguriamo di cuore che possa esserci occasione di crescita, non solo artistica, ma pure commerciale, fin dalla prossima release. Ragazzi dovete crederci! Ancora complimenti!

Nicola Furlan

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