Recensione: Chapter V: Unbent, Unbowed, Unbroken

Di Gaetano Loffredo - 7 Marzo 2005 - 0:00
Chapter V: Unbent, Unbowed, Unbroken
Band: Hammerfall
Etichetta:
Genere:
Anno: 2005
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81


Gerusalemme, 1118. Nascono i Templari, Cavalieri di un ordine religioso fondato tra gli altri da Ugo di Payns che ne fu anche il primo Gran Maestro. I Poveri cavalieri di Cristo creano le loro basi nella Terra Santa adottando uno stile di vita monastico, in obbedienza alla regola benedettina, con la licenza però di poter portare armi e quindi combattere nel nome di Cristo stesso.
Potenti stregoni, impavidi guerrieri, geniali alchimisti, abili mercenari, invincibili crociati, tutto si è detto e scritto su di essi, la verità è che combattevano confidenti nel fatto che morire agendo per il Signore fosse la sublimazione di una vita di preghiera e sacrifici.
Il mito cominciò intorno al 1600, molto dopo la loro fine nel 1291, anno nel quale i Cristiani furono cacciati dalla Terra Santa e soprattutto dopo il 1307 quando il Re di Francia, Filippo il Bello, sterminò torturando le “spade di Dio” invidioso delle ricchezze incommensurabili che si trovarono a gestire per via delle innumerevoli donazioni a loro riservate.

Questa prefazione storica ha il compito di introdurre il nuovo album dei “Templari d’acciaio” svedesi, gli Hammerfall e il loro heavy metal senza compromessi giunto al quinto capitolo di una saga cominciata nel 1997 da Glory to the Brave,  lavoro che reputo, in rapporto a qualità/durata nel tempo, saldamente in testa rispetto a quanto concepito ed ai livelli compositivi più alti della loro consistente discografia.

Nonostante i libri di Storia disegnino un Medioevo oscurantista dominato dalla superstizione, vergano i Templari come cavalieri che perseguivano i loro scopi alla luce del giorno e senza batter ciglio, la missione affidata doveva essere portata irrimediabilmente a termine nonostante ci fosse chi remava contro l’ordine e, per non rendere vani gli inenarrabili sforzi, vivevano concentrati su di essa, sulla Religione professata e sul risultato finale; evitando di rinnegare quanto in precedenza deciso.
E’ un po’ questa, disquisendo metaforicamente, la storia della band di Goteborg tanto discussa e criticata dai detrattori quanto amata e seguita dai fan di conseguenza, nonostante abbiano alle spalle una intensa biografia di alti e bassi, non hanno tergiversato, cercando e riuscendo nel tentativo di restare fedeli a loro stessi, proponendo varianti sonore ed innovativi paradigmi architettonici disco per disco, talvolta centrando talvolta sfiorando e talvolta mancando di molto l’obiettivo, senza alterare nello specifico gli stilemi del sound prorompente che li ha consacrati Templari del metal, otto anni or sono.

Le gesta degli eroi scandinavi ricominciano da tre ingredienti ed un’invenzione: carbone, zolfo e salnitro a costituire la polvere da sparo in questo caso rinominata Secrets che sfoggia una carica esplosiva letale partendo dalla incendiaria miccia ritmica appiccata da Dronjak, Rosen e Johansson e giungendo sino alla voce ardente di Cans qui presente in forma smagliante.

Unbent: inflessibile come il guerriero di ghiaccio sul quale martello sono posati gli svedesi nel video del singolo Blood Bound, brano che il Concilio di Troyes l’avrebbe probabilmente riconosciuto come degna colonna sonora di rappresentazione della milizia.
 
Unbowed: indomito come Fury of the Wild, il pezzo impavido del disco, epica cavalcata sonora glorificata dalla vittoriosa prova di Oscar Dronjak che ha il compito di brandire l’ascia a sua disposizione e di farla letteralmente “cantare” con una pulita ed elegante pennata promotrice di zampilli armoniosi ed ampollosi gorgheggi a sostegno di una voce e equilibrata e visibilmente fortificata grazie anche ai punti di esperienza acquisiti con i Warlord.
 
Unbroken: indistruttibile come i guerrieri del ventunesimo secolo descritti nella suite finale, aperta dagli istrionismi gutturali di Cronos dei Venom ed interamente incentrata sulla ridondante epicità del chorus, quest’ultimo sorretto dai fondamentali cardini della batteria, chitarra e basso capaci di erigere nota dopo nota un unbreakable wall of sound.

Il vero proclama dell’esaltazione dell’Ordine Templare è ben espresso nel documento scritto dal frate di Chiaravalle, De Laude Novae Militiate, ove il monaco cistercense espone pregi e difetti della milizia, i primi in straordinaria maggioranza, i secondi, purtroppo, comunque esistenti.
Il mio “Elogio della nuova milizia”, rapportato all’act nordico, parte dalla dovuta disamina e dal raffronto di Chapter V coi lavori passati: proviamoci andando a ritroso.

Crimson Thunder

, seppur dotato delle solite composizioni ottantiane ricoperte da un appeal fresco e moderno, pecca duramente di longevità; Renegade soffre direttamente alla base del profilo compositivo pertanto, nonostante qualche buona idea, risulta danneggiato sin dal principio.
Legacy of Kings
è maledettamente infarcito di mid-tempos (ottimi tra l’altro) e supportato dal cavallo di battaglia Heading the Call che apre valorosamente il dischetto; Glory to the brave è, anche se può far sorridere, il concentrato dei tre dischi ad esso successivi, di conseguenza, il più esemplificativo.
Se Chapter V si fosse interamente attestato sui livelli dei quattro brani citati, prenderei seriamente in considerazione il fatto di etichettarlo come un capolavoro; purtroppo le note semi-dolenti arrivano dall’ennesima ed afflosciata ballad  Never, Ever e da un altro paio di mezzi tempi non troppo avvolgenti quali la Manowariana Born to Rule e dallo sperticato auto-elogio The Teplar Flame.
Deliziose ed ispirate nel songwriting Hammer of Justice e Take the Black, capaci di accentuare il risultato della perizia tecnica che rende finalmente giustizia al lavoro pragmatico effettuato in studio.
 
Nel 1150 i Cavalieri del Tempio dettero omogeneità ed organicità all’organizzazione dei loro possedimenti con l’aiuto di permute, acquisti e vendite quasi fossero commercianti, nello stesso modo, i Cavalieri Svedesi riescono a realizzare una solida struttura cambiando nella forma ed acquisendo competenza, conoscenza ed accortezza in grado di smussare e levigare una sostanza che, francamente, è di importante valore e di imponente spessore.

1118, 2005: i Templari sono tornati più in forma che mai.

Gaetano “Knightrider” Loffredo

Tracklist:
01. Secrets
02. Blood Bound
03. Fury of the Wild
04. Hammer of Justice
05. Never, Ever
06. Born to Rule
07. The Templar Flame
08. Imperial
09. Take the Black
10. Knights of the 21st Century

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