Recensione: Circles

Di Fabio Vellata - 24 Aprile 2006 - 0:00
Circles
Band: Frontline
Etichetta:
Genere:
Anno: 2006
Nazione:
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63

Ottavo sigillo per i tedeschi Frontline, gruppo “minore” della scena tedesca, in attività sin dal 1994 e da sempre responsabile, con alterne fortune, di albums dalle coordinate facilmente inseribili all’interno del genere AOR – Hard Rock più raffinato e melodico.

Il precedente “The Seventh Sign” si era rivelato un lavoro gradevole e di interessante levatura, non privo comunque di talune imperfezioni che ne condizionavano lievemente la piena riuscita: questo nuovo “Circles” prosegue grossomodo sulla medesima falsariga, offrendo infatti un gruppo di dieci tracce dai contorni tutto sommato piacevoli e ben definiti, dotate di robusti ritornelli, una buona definizione dei suoni ed un andamento che si attesta con decisa frequenza su tempi cosiddetti “medi”.
Lungo gli oltre 46 minuti di durata non si evidenziano momenti di particolare veemenza o brio, emerge piuttosto una predilezione per atmosfere di classe e situazioni dal profilo ricercato, caratteristiche queste che unite allo stile ed alle corde vocali abbastanza personali del cantante Stephan Kaemmerer (una sorta di Ted Poley meno profondo), vanno a costituire gli aspetti maggiormente peculiari della musica dei Frontline.
Purtroppo, come già accaduto in “The Seventh Sign”, i frutti della nuova fatica del quartetto teutonico non risultano essere soddisfacenti in ogni frangente, fornendoci così un lavoro solo discreto, sicuramente degnissimo di una più che meritata sufficienza ma ancora una volta non in grado di garantire ai Frontline un ruolo che vada oltre a quello sino a qui assunto, ovvero una posizione che, se stessimo parlando di una squadra di calcio, potremmo definire in modo azzeccato di metà classifica, apprezzabile in alcune situazioni di “gioco”, deficitaria in altre.
Si riconoscono infatti alcuni brani di qualità ragguardevole, ben riusciti e dal sicuro appeal, come l’iniziale “No One”, la morbida ed edulcorata “Save Me”, la accattivante e patinata “Don’t Run Away” (bel chorus) e la avvolgente “Into Deep”, prontamente bilanciate però da episodi non del tutto convincenti come “I Give You The Rest”, zavorrata da un ritornello tediosamente ripetitivo ed annoiante e come la conclusiva “My Vision”, canzone abbastanza banale e con la chiara funzione di riempitivo; le restanti “Did You Ever”, “Say What You Have To Say”, “Hunter” e “It Is You” si attestano invece su di un livello assolutamente medio, dove alla forma ineccepibile di pezzi eseguiti con ottima padronanza, fanno riscontro emozioni per nulla disdicevoli ma che praticamente mai risultano in grado di lasciare segni particolarmente evidenti e tangibili.

Tirando le somme stiamo in buona sostanza parlando di un prodotto “standard”, di caratura evidentemente non eccelsa, che non può certamente risultare una priorità nella lista degli acquisti e può a ragion veduta essere inteso semplicemente come un piacevole passatempo in attesa di tempi migliori; un disco buono ma non eccezionale, di cui si consiglia un ascolto preventivo e riservato pertanto ai privilegiati in grado di spendere qualche soldino in più con uscite di contorno e non fondamentali.

Tracklist:

1. No One
2. I Give You The Rest
3. Save Me
4. Did You Ever (Taste The Pain)
5. Say What You Have To Say
6. Don’t Run Away
7. Hunter
8. Into Deep
9. It Is You
10. My Vision

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