Recensione: Climbing

Di Filippo Benedetto - 20 Ottobre 2004 - 0:00
Climbing
Band: Mountain
Etichetta:
Genere:
Anno: 1970
Nazione:
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86

Tra i gruppi “storici” dell’hard rock, anche se declinato secondo canoni fortemente blueseggianti, non possiamo non citare i Mountain. Fondati da Felix Pappalardi (già produttore degli storici Cream) in collaborazione con Leslie West (Weinstein), i Mountain colpiscono per la qualità della loro produzione discografica sempre in bilico tra il rock blues e l’hard rock più frizzante e originale. Reputo sbagliato inquadrare lo stile e il sound di questa band come semplice riedizione di quello più famoso dei Cream. Più che altro penso ai Mountain come l’ideale incontro tra l’esperienza musicale del Pappalardi chitarrista (da notare la sua prova nei Greenwitch Movement) e il carisma vocale di West. 

“Climbing”, album uscito nel 1970 e qui oggetto di recensione,  può essere considerata una delle opere più riuscite e interessanti della produzione discografica di questo gruppo. Ognuna delle nove traccie che compongono l’album può essere considerata un tassello importante che va a costruire un mosaico musicale di pregevole bellezza, a partire dalla energica e accattivante opener, “Missisipi Queen”. Questa song colpisce subito all’orecchio per il drumming vivace e coinvolgente, per le vocals vibranti e di diretto impatto, ma soprattutto per il riffing di grande “presa”. Di sicuro questo pezzo può essere considerato, assieme alla successiva “Theme from an imaginary western”, tra meglio rappresentativi della personalità artistica del combo. Proprio la seconda song del platter mostra la band nella miglior forma, lasciando intuire a piene mani il grande talento del duo Pappalardi/West che si lancia nell’esecuzione di una composizione che sembra proprio immaginata come commento musicale ad un western film. Le melodie del pezzo sono particolarmente toccanti, impreziosite soprattutto dalle ispirate vocals di West e da un tappeto tastieristico caldo e suadente. Accattivante la parte solistica, che dona al brano nel suo complesso un irresistibile lirismo. Il combo ritorna a “graffiare” con riffs hard rock nella terza traccia, “Never in my life”. Il drumming si fa qui più incisivo e il riffing di più diretto impatto permette alle vocals di “colpire l’orecchio” per sfrontatezza e calda espressività. Di buona fattura risultano poi essere gli interventi solistici che aggiungono  vibrante vivacità al complesso della track. “Silver Paper” non attenua di certo l’impatto sonoro d’insieme degli strumenti, concentrando però l’attenzione dell’ascoltatore su un riffing più meditato. Convincente risulta essere l’ensemblement di elementi tipicamente hard rock e di altri di più marcata matrice blues. Con “For Yasgur’s farm” la band culla nuovamente (come nella splendida “Theme for an imaginary western”) l’ascoltatore con melodie sognanti ed evocative immagini “filmiche”. Le armonie risaltano, soprattutto nel refrain, toni malinconici e quasi drammatici, e conquistano subito l’orecchio quando lungo le linee portanti del brano si inserce l’assolo che eleva di tono il brano. Menzione particolare va fatta per la strumentale “To my friend”, strumentale acustico di rara bellezza, dove si nota una grande varietà di influenze stilistiche in perfetta simbiosi armonica. Di sicuro questo brano può essere considerato uno dei momenti più “alti” del platter. La successiva “Laird” sembra approfondire la ricerca musicale precedentemente accennata, trovando il suo punto di forza in fraseggi acustici cupi e in vocals morbide e suadenti. Le soffuse melodie del pezzo sembrano tratteggiare atmosfere oniriche decisamente suggestive. La penultima “Sittin’ on a rainbow” cambia decisamente atmosfera, concentrando l’attenzione della band lungo un riffing di più diretto impatto dove le ritmiche cadenzate ma comunque efficaci permettono alle chitarre (in perfetta sincronia con il basso) di impostare la song lungo fraseggi di facile assimilazione nell’ossessività del loro ripetersi. Ecco, forse la ripetività del motivo centrale della track rende la song “incompiuta”, lasciando all’ascoltatore la vana speranza di un diverso sviluppo del pezzo. Chiude l’album “Boys in the band”, brano “corale” dove si possono notare appieno le qualità tecnico strumentali di ogni membro del gruppo, nonché una certa maturità nel congeniare gli arrangiamenti. Toccante è il tema pianistico iniziale che da lo spunto al resto degli strumenti per mettere in piedi un’affresco melodico cupo e maestoso allo stesso tempo. Molto ben costruita è la parte solistica, pregna di lirismo e drammaticità.

Questo disco, in conclusione, può essere considerato una delle migliori opere dei Mountain, forse seconda al famoso “Flowers of Evil” (album che li consacrò al successo). L’hard rock non può non menzionare tra le band di culto del genere questo meraviglioso gruppo che, con originalità e passione, ha regalato alla storia del rock pagine di indubbio valore artistico.    

Tracklist:

1. Mississippi Queen  
2. Theme for an Imaginary Western   
3. Never in My Life  
4. Silver Paper   
5. For Yasgur’s Farm   
6. To My Friend      
7. Laird      
8. Sittin’ on a Rainbow      
9. Boys in the Band

Line Up:

Felix Pappalardi: Bass, Piano, Vocals, Guitar (Rhythm)
Leslie West: Guitar, Vocals
Corky Laing Drums, Percussion    

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