Recensione: Clockwork

Di Daniele D'Adamo - 21 Giugno 2010 - 0:00
Clockwork
55

La provenienza da una terra – zona di Albacete, Spagna – nella quale l’unica risorsa è costituita da numerose fabbriche di forbici (sic!), deve aver forgiato nel fuoco il carattere degli Angelus Apatrid. A partire dal 2000, infatti, questi si sono rimboccati le maniche e, partendo da zero, sono incredibilmente riusciti a ritagliarsi (è proprio il caso di dirlo… ) un proprio spazio vitale all’interno del quale erigere una scena metal altrimenti inesistente. Dopo due album misconosciuti ai più (“Evil Unleashed”, 2006 e “Give ‘em War”, 2007), la dura gavetta produce finalmente i tanto sospirati frutti: “Clockwork”, terzo full-length, stavolta per un’etichetta discografica di sicura serietà e professionalità; in grado di regalare al gruppo l’adeguata visibilità nell’affollato mercato internazionale.

Capitanati dal mentore tuttofare Guillermo Izquierdo, gli iberici non si spostano nemmeno di un millimetro dall’impronta di un’incrollabile fede nel thrash metal. Di quello puro e incontaminato, come da definizione stessa. Megadeth, Anthrax e Testament sono più che mere influenze: lo stile dei Nostri, infatti, non offre alcuna novità rispetto ai canoni definiti così precisamente dai gruppi della Bay Area nella prima metà degli anni ottanta. Gli anni sono comunque passati, e il necessario aggiornamento tecnologico – per fortuna – c’è stato. Il disco suona «perfetto»: la chiarezza dell’incisione consente di cogliere anche le più lievi sfumature dell’imponente riffing montato da Izquierdo e David G. Álvarez, la precisione e puntualità della sezione ritmica, ciascuna nota scritta sulle linee vocali. Il guitarwork beneficia di una produzione impeccabile, nella restituzione dei poderosi riff dai toni secchi e compressi, figli di un palm-muting che, a tutti gli effetti, si rivela essere una tecnica perfettamente acquisita da chi manovra le asce. E qui, malauguratamente, finiscono le note positive.

Se la tecnica è stata abbondantemente masticata e digerita, l’aspetto artistico – ahimè – rimane una lontana chimera. Non ci siamo sui due aspetti fondamentali della musica intesa come opera d’arte e non d’ingegno: lo stile e la composizione. Lo stile: come peraltro già accennato, non c’è nemmeno un’oncia di novità, in esso. Per alcuni questo può essere un merito, perché dimostra una grande dedizione alla causa; per altri no, se si ritiene che l’espressione di un pensiero sia imprescindibile da stimoli evolutivi. E, in linea generale, è proprio quest’ultima la caratteristica che si esige dalle idee che nascono nelle menti degli uomini. Inoltre sono talmente tante, le influenze da parte di terzi (oltre agli act sopra menzionati, mettono lo zampino anche i Pantera, gli Overkill, gli Annihilator… ), che alla fine, com’è ovvio, lo stile degli spagnoli è del tutto privo di personalità.

Le canzoni, poi.
Il fedele rispetto della matrice primigenia del thrash regala episodi spessi e trascinanti (“Into The Storm”, “Of Men And Tyrants”) o riff tiratissimi (“Blast Off”) ma, nuovamente, si tratta della materializzazione di concetti triti e ritriti. Il modo di cantare, l’impostazione ritmica e quella dei guitar-solo, la struttura delle singole composizioni, i cori, le scale musicali e le armonie sono già stati abbondantemente sviscerati, nel passato. Song come “National Disgrace” svelano subito il proprio aspetto più tedioso, costringendo all’utilizzo esasperato del tasto «skip», nemico numero uno di tutti i musicisti. Altro da dire, in merito ai brani, non c’è. Se non segnalare l’amore – anche – per la N.W.O.B.H.M. che si manifesta con la (inutile?) cover degli Iron Maiden “Be Quick Or Be Dead”.

Al termine del pasto rimane l’amaro in bocca per la non-riuscita di “Clockwork”, il cui valore artistico, spiace dirlo, è inversamente proporzionale all’impegno profuso dal combo iberico con così tanta, genuina passione.

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Track-list:
1. The Manhattan Project 1:10
2. Blast Off 4:24
3. Of Men And Tyrants 4:52
4. Clockwork 3:58
5. Devil Take The Hindmost 4:11
6. The Misanthropist 3:56
7. Legally Brainwashed 3:18
8. Get Out Of My Way 4:25
9. My Insanity 5:29
10. One Side One War 4:39
11. Into The Storm 3:33
12. National Disgrace 4:12
13. Be Quick Or Be Dead 3:07 (Iron Maiden Cover/Bonus Track)

Line-up:
Guillermo “Polako” Izquierdo – Vocals & Lead/Rhythm Guitars
David G. Álvarez – Lead & Rhythm Guitars
José J. Izquierdo – Bass Guitar
Víctor Valera – Drums

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