Recensione: Club Ninja

Di Giulio Caputi - 30 Marzo 2002 - 0:00
Club Ninja
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Anno: 1985
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75

Club Ninja fu un album (purtroppo) molto discusso all’epoca della sua uscita nel 1985, in quanto vedeva per la prima volta una formazione rinnovata e priva di uno dei più geniali compositori della band (il batterista Albert Bouchard), dopo ben dodici anni di stabilità, inoltre la presenza in quasi tutte le tracce di un massiccio apporto di suoni synth, fece storcere non poco il naso a molti sostenitori del gruppo, compresa la critica dei principali magazines. Il Giappone come al solito tributò i giusti onori ai Newyorkesi, anche il titolo infatti è tutto un programma! e questo ci lascia intravedere che forse l’obiettivo di mercato per questo platter fosse soprattutto il “Sollevante” terra dove già da diversi anni i BOC riscuotevano un notevole successo, vedi “Godzilla”. Il fatto è che il songwriting non fu affatto toccato da questi cambiamenti, ma anzi le canzoni ancora dopo quasi vent’anni suonano attuali, orecchiabili e allo stesso tempo molto originali, anche se c’è da dire che il contributo in sede compositiva è da attribuire per la maggior parte ad aiuti esterni alla band. Mai però ho sentito cantare in maniera così perfetta i due tradizionali cantanti/musicisti del gruppo, il chitarrista Donald Roeser ed Eric Bloom, quest’ultimo dotato di quella voce magnetica e ambigua, che da sempre ha fatto la fortuna dei BOC soprattutto in sede live.
Si parte con lo spaziale suono di “White flags”, bellissimo il riff di chitarra e le sovrapposizioni di tastiera soprattutto nel break centrale, si rimane letteralmente con il fiato sospeso fino alla fine in un rincorrersi sfrenato di suoni, che sembrano presi da qualche cartone animato giapponese, il tutto però miscelato sapientemente in modo da non snaturare assolutamente la canzone. “Dancing in the ruins” comincia con un intro ritmico molto accattivante che prelude alla bella strofa melodica cantata da Roeser in maniera sublime, tutta la canzone comunque rimane su buoni livelli. Il terzo pezzo è “make rock not war”, un autentico inno, canzone diretta e potente, con un ritornello che si stampa subito nella mente. Di “Perfect water” in Inghilterra ed in Giappone uscì anche un singolo, questa è l’unica canzone riproposta dal gruppo ancora oggi dal vivo, in effetti la voce di Roeser soprattutto in questo pezzo è estremamente espressiva, ma tutta la traccia offre spunti tecnici invidiabili. “Spy in the house of the night” ripercorre una certa filosofia tipica della band e cioè quella del senso del mistero e dell’ambiguità, una classica BOC song’s e cioè ultrariginale. Ma eccoci arrivati ad un altro pezzo-bomba: “Beat’em up” anche questa come “Make rock not war”, molto diretta, forse ancora più incisiva ed orecchiabile, stupendo è il riff di chitarra, veramente azzecato, che con un botta e risposta con la voce conferisce al pezzo ancora più valore. “When the war comes”, composta dal bassista Joseph Bouchard è una canzone assurda!!, si ho detto bene che strana è dir poco, peccato però che le voci furono registrate malissimo e si distinguono a fatica le parole, per cui non mi sento affatto di elogiare questo pezzo che anzi credo sia proprio il punto debole dell’album. “Shadow warrior” riporta i BOC verso sonorità decisamente più dure anche se non si può parlare di grande canzone, cosa che invece spetta a “Madness to the method” sette minuti di splendore e non capisco come mai questo pezzo così unico e affascinante non sia mai entrato in nessuna raccolta ufficiale o sia stato mai riproposto in sede live, è un vero peccato perchè rasenta il capolavoro e anche in questo caso la chitarra di Roeser svolge un ruolo determinante. Proprio al grande chitarrista dedico le ultime battute di questa recensione, sottolineando come la maggior parte delle composizioni dei BOC che poi hanno avuto successo siano da atribuire a lui ed anche in questo semidimenticato “Club Ninja” i pezzi di maggior rilievo sono usciti dalla sua penna. Parliamo sempre giustamente della grandezza di chitarristi eccezionali come Jimmy Page, Richie Blackmoore, Tony Iommi, Brian May etc.. eppure Donald “Buck Dharma” Roeser non ha mai avuto niente da invidiare sia a livello tecnico che a livello compositivo ai sopracitati grandi chitarristi, in più “Roeser” possiede una voce magica, provare “Don’t fear the reaper” per credere o la stessa “Perfect Water” di questo album. A mio avviso “Club Ninja” è un lavoro riuscito e valido, che se avesse avuto qualche accorgimento in più e qualche sovraincisione in meno in sede di missaggio avrebbe meritato un voto ancora maggiore.

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