Recensione: Club Of Broken Hearts

Di Lorena Landini - 7 Luglio 2013 - 0:01
Club Of Broken Hearts
Band: Markonee
Etichetta:
Genere: Hard Rock 
Anno: 2013
Nazione:
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80

La storia dei Markonee non è certo quella dell’ultimo gruppetto che si ritrova in un garage a suonare rock: la band nasce infatti a Bologna nel 1999, per iniziativa dei chitarristi  Stefano Peresson e Carlo Bevilacqua, a cui si uniscono presto Luigi Frati al basso e ai cori e Ivano Zanotti alla batteria.
Negli anni seguenti i nostri pubblicano in studio: “The Spirit of Radio” (2006) e “See the Thunder” (2009).
Dopo alcuni avvicendamenti di cantanti solisti, si arriva alla formazione attuale nel 2011 con l’ggiunta in line up dell’ottimo Alessio Trapella alla voce in quello che fu il ruolo del già eccellente Gabriele Gozzi.

Il gruppo pubblica quindi a giugno 2013 il terzo album con l’etichetta tedesca New Venture. Ecco quindi “Club of Broken Hearts”, disco davvero ben riuscito, che include anche alcune collaborazioni in “Never Ever Loved Me”, ballad dal sapore melodico: Michele Luppi al piano, Germano Giusti ai fiati e Alessandro Cosentino al violino.

Di questo disco non si può che parlar bene: già al primo ascolto scivola via che è un piacere e si fa riascoltare volentieri. Ha un’impronta decisamente hard rock, quasi heavy metal, sottolineata dai riff di Bevilacqua e Peresson e dai ritmi potenti del drummer Zanotti. Ma non manca una vena melodica evidenziata dai cori di Frati e dalla ricorrente  espressione “Broken hearts”, che dà il titolo all’album.
Se l’intero lavoro è da 10, la lode la si assegna per il talento di Trapella che non sbaglia una nota, né in basso né in alto, come ben dimostra il pezzo “I Say No (To The V Words)”.

La song di apertura, “Native European”, già parte del repertorio dei Markonee, è una perfetta rappresentazione del loro stile: potente e dinamica, con un’ottima sinergia di chitarre, percussioni e cori.
Del singolo “Club of Broken Hearts”, si apprezzano le atmosfere anni ’80, con grandi schitarrate e ritornelli che esaltano la versatilità vocale del cantante. Proprio un bel pezzo per presentare l’intero album cui dà il nome.

Particolare è “Piper Sniper” con un’intro inedita, un po’ Rock&Roll anni ’70. Ma è solo un attimo perché sonorità decisamente più dure e meno danzerecce prendono subito il sopravvento e il pezzo prosegue con una finta telefonata quasi a riprendere l’immortale “Knockin On Heavens Door” versione Gun’s N’ Roses.
Bellissimi i cori che impreziosiscono “Angel, She Kept Me Alive”, mentre “Snake Charmed” e “Big Blue Iceberg” rafforzano l’attitudine rock del disco.
Segue “Rock City”, un bel tributo forse alla natia città di Bologna, tradizionalmente molto aperta all’espressione artistica, o forse a tutte le città in cui fervono giovani talenti musicali.

“Shaken ‘n’ Stirred” più tradizionale, lascia libero sfogo ai due chitarristi che si dilettano qui con ottime parti soliste, presenti anche in “It’s 25, Beth!”, in cui peraltro si ritrova una somiglianza vocale e stilistica nientemeno che con Bruce Dickinson. Chiude egregiamente la traccia “J.E.S.U.S.”, con il suo stie epico e i ritornelli corali.

L’indiscussa l’abilità di Alessio Trapella nel modulare la propria voce anche sulle note più alte è sicuramente un elemento determinante, che valorizza efficacemente le ottime capacità compositive e tecniche del gruppo.
In conclusione “Club of Broken Hearts” è davvero piacevole e ben realizzato:  un consigliabile compagno di viaggio per questa estate.

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