Recensione: Coded Smears And More Uncommon Slurs

Di Simone Volponi - 20 Maggio 2018 - 13:37
Coded Smears And More Uncommon Slurs
Band: Napalm Death
Etichetta:
Genere: Death 
Anno: 2018
Nazione:
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70

I pionieri del grindcore Napalm Death se ne escono quest’anno con una succosa raccolta di due CD (o vinili, a seconda della scelta) dal titolo “Coded Smears And More Uncommon Slurs”. All’interno troviamo ben 31 tracce per più di un’ora e mezza di massacro sonoro pescate tra rarità, bonus track giapponesi, cover, split album e b-side sparse nel periodo legato a Century Media, ovvero tra il 2004 e il 2016.
Procedere con un track by track sarebbe più folle degli stessi Napalm Death, anche perché si tratta ovviamente di canzoni il cui minutaggio da terroristi sonori si aggira per lo più intorno ai due-tre minuti a testa, quindi si va a pescare i momenti più interessanti di questa che vuole essere una celebrazione parziale di una carriera enorme. Non si tratta di materiale di bassa qualità come si potrebbe pensare, e basta ascoltare il singolo “Standardization” per rendersene conto, così come la notevole (e lunga per i loro standard) “It Failed To Explode”, entrambe bonus track prese dalle sessioni di “Utilitarian” del 2011.

C’è tutta la brutalità della voce di Mark Greenway e l’assalto frontale schiacciasassi guidato dall’immarcescibile Shane Embury in schizzi death come “Loser”, “Call That An Option?” e la declamatoria “Caste As Waste”, quest’ultima bonus nipponica dell’ultimo “Apex Predator”. La cupa “Oxygen Of Duplicity” che rallenta l’assalto è tratta dallo split album realizzato con i Melvins nel 2013 (dal quale viene ripresa anche la cover dei Cardiacs “To Go Off And Things”) ed è uno dei momenti migliori proprio perché basata su un’atmosfera sulfurea e doom. Bella la spedita e ossessiva “Phonetics For The Stupefied” colta dallo split con i Voivod, mentre fa la sua comparsa il pianoforte nelle vesti di calma prima della tempesta nella cover crust-punk di “Clouds Of Cancer / Victims Of Ignorance”. Altri bei numeri sono “What Is Past Is Prologue” con il suo riff Slayeriano, la mazzata con cori da oltretomba di “Everything In Mono”, la cadenza ferale di “Omnipresent Knife In Your Back” la quale disponendo di cinque minuti cinque, riesce a distendersi in un’atmosfera inquietante. Citiamo anche “Lifeline”, cover dei Sacrilege, che ha l’andazzo del thrash più classico e andiamo a dire che nell’insieme “Coded Smears And More Uncommon Slurs” non è un riempitivo in attesa del prossimo album come potrebbe pensare chi si ferma all’idea di raccolta, bensì è l’occasione per i fans di completare la propria collezione vedendo radunate una miriade di chicche poco ascoltate, se non del tutto inedite.

Una operazione quindi che va oltre lo scopo commerciale e lo sgraffignare soldi in nome della passione, e che si fa apprezzare anche in virtù della qualità proposta.

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