Recensione: Concealed

Di Emanuele Calderone - 3 Maggio 2009 - 0:00
Concealed
Band: Augury
Etichetta:
Genere:
Anno: 2004
Nazione:
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82

Gli Augury nascono a Montreal nel 2001, grazie all’incontro delle menti
di
Patrick Loisel (voce e chitarra),
Gabrielle Borgia (voce sopranile),
Dominic Lapointe (basso),
Étienne Gallo (batteria) e
Mathieu Marcot (chitarra). Stabilita la line-up, è nel 2004 che il quartetto
arriva finalmente alla pubblicazione della prima prova discografica.
Musicalmente la band si accosta alla scena del death più tecnico (con chiari
riferimenti al gruppo di Schuldiner), presentando al suo interno alcune soluzioni davvero
originali: se infatti la base di partenza è quella del technical death,
all’interno della musica proposta confluiscono elementi che partono dal
melodeath, per passare ad aperture influenzate dal black metal
sinfonico, sino ad arrivare al gothic metal più estremo nei momenti atmosferici in cui Patrick duetta con la brava Gabrielle.

Tecnicamente “Concealed” si presenta particolarmente solido: il duo
Loisel-Marcot sfodera in continuazione riff sempre molto elaborati e complessi,
dotati di gran gusto e con un occhio sempre attento alla melodia, ma anche
assoli che si distinguono sempre per sobrietà e classe, risultando essere tecnici al
punto giusto e mai inutilmente troppo cervellotici. I numerosi cambi di tempo, le parti
sincopate e il susseguirsi di controtempi, donano al platter il giusto tiro e
tendono a mantenere sempre alta l’attenzione dell’ascoltatore, che verrà di
tanto in tanto travolto anche da cavalcate in doppia cassa che assicurano la giusta dose di violenza.
Per quanto riguarda le parti vocali, il disco può essere definito come variegato: Patrick si dimostra a proprio agio sia nei momenti in
cui sfodera delle growl vocals profonde e graffianti, incisive al punto giusto,
sia quando si trova a dover eseguire gli scream, assolutamente di gran valore,
espressivi ed esasperati al punto giusto. Menzione d’onore invece per Gabrielle Borgia,
la quale riesce nei suoi pochi ma incisivi interventi a regalare momenti di
gradevolissimo canto lirico.
Dal punto di vista testuale gli Augury si muovono su tematiche per lo più
riconducibili alla sfera della depressione, come nella coppia iniziale formata
da “Beatus” ed “…Ever Know Peace Again”, la prima dotata di atmosfere tristi,
sottolineate anche dal lavoro d’apertura del violino, la seconda invece più
carica ed in-your-face. Naturalmente i testi
dei brani riflettono anche l’aspetto musicale, che presenta un mood oscuro, con
riff che non di rado girano a lungo, linee melodiche venate da una palpabile
malinconia, che a tratti sembra tramutarsi addirittura in odio, come ad esempio
in “Russian Dolls Universe”, nella quale l’unione di chitarre taglienti e
ritmiche ossessive e più lineari rispetto al resto del platter, contribuiscono a
rendere le atmosfere soffocanti e cariche di negatività.
Sempre al livello di testi, a rendere ancor più variegato l’album ci pensano
le riflessioni su temi di stampo astronomico, come in “Cosmic Migration”, che
ampliano ancora di più il campo musicale della band, la quale proprio in questo
brano adotta soluzioni al limite del metal d’avanguardia, specialmente per le
linee melodiche adottate. È sempre in questo pezzo che la band
raggiunge il punto più alto della propria espressione tecnica: Lapointe disegna
delle linee di basso estremamente intricate (bellissima l’intro
eseguita interamente in tapping), poggiate su una base di batteria che
presenta anche un discreto utilizzo di filtri per il suono. A livello di
chitarre, il brano potrebbe portare alla mente il lavoro svolto dai Nile di “In
Their Darkned Shrines”, spogliato però delle atmosfere egizie.
Dal punto di vista dei suoni e della produzione più in generale, l’album, anche
in questo caso, non mostra mai il fianco: stupisce infatti la capacità mostrata
in fase di registrazione di donare al platter dei suoni pulitissimi, grazie a volumi
regolati con cura certosina, senza però conferire alla musica un aspetto “finto”, ma invece rendendo il lavoro ancora più vivo e di spessore.

Possiamo dunque concludere affermando che questo lavoro non presenta
pressoché
difetti, risultando essere bilanciato in ogni parte, dall’aspetto tecnico/esecutivo, a
quello più sentimentale ed emotivo. Quindi non vi resta che sedervi, mettere il
disco nel lettore e premere il tasto play, sperando che non abbiate ancora dubbi
sul suo effettivo valore.

Emanuele Calderone

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relativo

Tracklist:

01 Beatus
02 …Ever Know Peace Again
03 Cosmic Migration
04 Nocebo
05 Alien Shore
06 In Russian Dolls Universes
07 Becoming God
08 The Lair Of Purity
09 From Eden Enstranged… (Instrumental)
10 …As Devours Land

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