Recensione: Corpus In Extremis: Analysing Necrocriticism

Di Michele Carli - 2 Aprile 2009 - 0:00
Corpus In Extremis: Analysing Necrocriticism
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Anno: 2009
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80

Eccoli qua, i miei cari General Surgery! Il gruppo che più mi ha fatto ponderare l’iscrizione alla facoltà di medicina è tornato anche quest’anno a rovistare con gli strumenti chirurgici (e anche con quelli musicali) nei nostri padiglioni auricolari. Con sommo gaudio di tutti gli adoratori dei Carcass, aggiungerei. Questo perchè, e chi li conosce lo sa, i General Surgery non hanno mai nascosto a nessuno la loro spiccata posizione di adoratori della seminale band di Liverpool. Sebbene gli anni abbiano reso il suono del gruppo più personale ed evoluto, non dobbiamo dimenticarci che l’idea di proporre qualcosa di pienamente originale non è mai stata presa in considerazione. Piuttosto, possiamo inquadrare i General Surgery come un gruppo che si è ripromesso di portare avanti un certo discorso, iniziato ormai vent’anni fa, rendendolo più moderno ma senza stravolgerne la natura e aggiungendo influenze derivanti principalmente dalla scena metal estrema della Svezia.

L’uscita del dottor Grant McWilliams, sostituito prontamente dal collega Erik Sahlström (ex membro dei death-thrashers Maze of Torment e Serpent Obscene) non ha variato di una virgola la rotta intrapresa con il precedente e spettacolare Left Hand Pathology; rotta che ha portato il tipico goregrind a fondersi ancora di più con il death metal svedese. Occhio, però: qua non parliamo di In Flames e Soilwork, ma di quel buon vecchio e becero suono dei primi Dismember ed Entombed. Cosa che si traduce in un disco ancora più groovy e con un’onnipresente e acida vena melodica.

Le composizioni si fanno notare per dinamicità e impatto, sempre a cavallo tra il goregrind puro, il death e anche qualcosa di crust e d-beat, come nell’esemplare Restrained Remains. La qualità media del disco è decisamente elevata, anche se si sente la mancanza di qualche hit carismatica come Crimson Concerto dello storico Necrology, o le più recenti Ambulance Chaser e Fulguration del precedente album. Un danno da poco, se consideriamo che Corpus In Extremis scorre liscio che è una bellezza e si dimostra più portato ad una valutazione nella sua interezza piuttosto che traccia per traccia. Il nuovo arrivato (si fa per dire, visto che è entrato in formazione ormai due anni fa) Sahlström non presenta particolari differenze vocali rispetto a McWilliams, con un growl basso accompagnato dallo screaming del batterista Mitroulis. Batterista come al solito sopra le righe per velocità e potenza. Il lavoro alle chitarre, a cura del chitarrista storico Joachim Carlsson e di Johan Wallin, si dimostra il vero punto di forza di tutto l’album: riff potenti dal sapore di Symphonies of Sickness, melodie malate e fischi isterici si fondono sapientemente nel creare strutture interessanti e brutali. Il lavoro al basso di Andreas Eriksson purtroppo stenta a uscire dallo sbarramento sonoro creato dalle chitarre, complici anche i suoni più impastati e confusionari rispetto a Left Hand Pathology..

Corpus In Extremis: Analysing Necrocriticism è l’ennesima dimostrazione della supremazia dei General Surgery nel campo del goregrind più strettamente legato ai Carcass. Ricordatevi quindi di non affilare ne disinfettare i vostri strumenti chirurgici, di non indossare la mascherina e di comprare questo disco. L’allegro chirurgo che è in voi gioirà per l’acquisto di uno dei dischi estremi migliori offerti finora da questo promettente duemilanove.

Michele Carli

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Tracklist:

1.Necronomics
2.Decedent Scarification Aesthetics
3.Restrained Remains
4.Final Excarnation
5.Necrocriticism
6.Exotoxic Septicity
7.Adnexal Mass
8.Virulent Corpus Dispersement
9.Ichor
10.Idle Teratoma Core
11.Perfunctory Fleshless Precipitate
12.Plexus Necrosis
13.Unwitting Donor / Cadaver Exchange
14.Mortsafe Rupture
15.Deadhouse

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Genere:
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