Recensione: Couldn’t Have Said It Better

Di Eugenio Giordano - 30 Agosto 2003 - 0:00
Couldn’t Have Said It Better
Band: Meat Loaf
Etichetta:
Genere:
Anno: 2003
Nazione:
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98

Definire Meat Loaf un mito della scena musicale mondiale è una affermazione assolutamente riduttiva, credo che a questo artista sia dovuto il riconoscimento di aver cambiato in modo indelebile gli ultimi trenta anni di storia del rock americano grazie alla composizione di platter storici e mai dimenticati. Marvin Lee Aday, questo è il vero nome della “polpetta di carne” non è semplicemente un grandissimo musicista e compositore, è fondamentalmente un maestro del teatro, un regista, un attore, insomma una delle figure più carismatiche dell’arte contemporanea che ha spaziato tra i palchi dei festival rock, fino a Broadway senza disdegnare parti cinematografiche e spesse apparizioni in pellicole molto blasonate. La formula del musical ha sempre e costantemente accompagnato ogni singola parte della carriera di Meat Loaf tanto da fondare una via al rock praticamente unica e irripetibile, basata su brani dal sapore romantico e sinfonico che sono sorretti da magistrali arrangiamenti basati sull’utilizzo di pianoforte e chitarra elettrica, con duetti a voce femminile. Avevo quattordici anni quando Meat Loaf usciva con il suo ultimo disco da studio, “Welcome to the neighbourhood”, e ho ancora nella mente l’approccio drammatico dei pezzi che lo componevano, uniti spesso a videoclip teatrali ed elegantissimi, su tutti un capolavoro intolato “not a dry eye in the house”. Oggi Meat Loaf ritorna sulla scena con un platter che non sposta di una virgola la sua direzione e il suo approccio al rock, anzi la polpetta si riscopre grandissimo compositore di canzoni d’amore, di atmosfere terse d’emozioni.

La title track già dalle prime battute entra immediatamente nei classici del maestro, un brano perfetto basato su un uso magnifico delle parti di pianoforte abbiante a grandissimi riff dinamici a cui vanno aggiunte linee vocali romantiche e interpretate con la solita e inalterata timbrica che Aday non sembra aver perso negli anni. Letteralmente spettacolare “Did I say that” ti apre in due il cuore, questo è l’esempio palese della superiorità artistica di Meat Loaf, un brano di rock drammatico e romantico dove l’amore per le melodie minori unito alla potenza degli arrangiamenti, sempre dal sapore teatrale, creano una successione di emozioni fortissime, magnifiche. Con “Why isn’t that enough” Meat Loaf gioca a fare quello che gli riesce meglio, scrivere ballad pianistiche indimenticabili, qui abbiamo solo da inchinarci a un maestro dello strumento e a un uomo che sa esprimere le sue emozioni in musica come credo pochissimi oggi possano dirsi in grado di fare. Più trascinante e accesa “Love you out loud” lascia spazio a un ottimo lavoro chitarrisitco di Michael Thompson, un brano ibrido tra canoni rock e costruzioni melodiche dal forte refrain teatrale che coinvolgono l’ascolatore fino dal primo ascolto. Un vero musical romantico si rivela “Man of steel” dove Aday ritorna allo stile dei dischi passati, su tutti “bat out of hell”, una canzone romantica ricca di inserzioni rock che ne aumentano la potenzialità, ma è sempre una salda ossatura pianistica a reggere il brano unita all’interpretazione vocale di un maestro del romanticismo rock. I duetti vocali vedono in Patti Russo l’ideale partner vocale di Meat Loaf a regalare emozioni con la sua timbrica piena e passionale, rendendo così dei brani già romantici ancora più letali per l’apparato cardiaco dell’ascoltatore. Con “Testify” e “Tear me down” Aday riscopre il rock americano dal refrain trascinante, sicuramente in una ottica live si tratta di pezzi dal fortissimo potenziale, capaci di portare il pubblico al centro dell’attenzione e di coinvolgerlo in pieno. Non è finita, arriva una nuova magistrale opera romantica dal titolo “You are right I was wrong” e ancora una volta bisogna inchinarsi a chi questo tipo di canzone lo ha praticamente inventato, rock di classe unito a linee vocali struggenti che si inerpicano in un ritornello letale per l’ormai esausto apparato cardiaco di chi ascolta. Sebbene più dinamica anche la successiva “Because of you” si rivela l’ennesima grandissima canzone d’amore targata Meat Loaf , a sancire la consacrazione di un ritorno sulle scene che spazza via ogni possibile paragone di sorta, un maestro che si supera ancora. Troviamo anche una cover, splendido l’arrangiamento pianistico-vocale, di Bob Dylan qui celebrato con “Forever young”, ormai il bilancio del platter è inequivocabilmente inestimabile.

Per tutti quelli che non capiscono ciò che scivo, perchè sono arrogante, per quelli che non gradiscono le copertine, per quelli che ne sanno più di me perchè le mie recensioni sono paranoiche, userò parole corte e semplici: questo disco è un capolavoro totale, fatelo vostro subito.   

Tracklist:
1 Couldn’t Have Said It Better
2 Did I Say That
3 Why Isn’t That Enough
4 Love You Out Loud
5 Man Of Steel
6 Testify
7 Tear Me Down
8 You Are Right I Was Wrong
9 Because Of You
10 Do It
11 Forever Young

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