Recensione: Cowards Empire

Di Daniele D'Adamo - 10 Giugno 2016 - 0:00
Cowards Empire
Band: Node
Etichetta:
Genere: Death 
Anno: 2016
Nazione:
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76

Una formazione ricca di storia, quella dei Node.

Nati nel 1994 per mano del chitarrista Steve Minelli, i milanesi hanno potuto tastare con mano l’evoluzione del death metal nel corso dell’ultimo ventennio; partendo da una versione brutale e violenta sino giungere a quella attuale, raffinata ed evoluta.

Benché della line-up originaria non sia rimasto nessuno, oggi, la presenza di Gary D’Eramo (chitarra) – dal 1995 – garantisce il marchio di un sound ricco di esperienza, pieno zeppo di citazioni ma, soprattutto, indicativo di una personalità adulta, ben formata in ogni sua componente stilistica. Come a dire: «ecco, questi sono i Node!».

“Cowards Empire” è soltanto il sesto album in carriera, comprendente difatti più alti e bassi che ne hanno decretato la sostanziale sterilità in rapporto all’intrinseca potenzialità tecnico/artistica posseduta dall’ensemble meneghino. Nonostante ciò, e nonostante il titolo dell’opener, ‘StagNation’, i Node si dimostrano ancora pieni di forza ed energia. Ben lontani dalla pensione o dalla stagnazione, insomma. Certo, quattro quinti dei membri sono in sella dal 2010 o giù di lì ma lo spirito, quell’invisibile aurea che permea e avvolge ogni cosa vivente, compresa una squadra di musicisti di metal estremo, si percepisce con decisione, fra le undici tracce del platter.

Tracce che manifestano un death metal dotato di grande aggressività (‘Average Voter’), come quello degli inizi, a tratti assolutamente travolgente (‘Death Redeems’), che nulla concede al facile ascolto o all’esacerbata melodia. Pur contenendo, al proprio interno, un flavour accattivante (‘Lambs’) che induce l’ascoltatore a cominciare daccapo. Sapore che è il prodotto di alcuni ingredienti fra i quali spicca il suono tagliente – prodotto da Larsen Premoli – , caratteristico del *-core, nonché il retrogusto cyber (‘Money Machine’ – devastazione assoluta) retaggio delle forme più avanzate di death metal.

Malgrado, quindi, in “Cowards Empire” ci sia un po’ di tutto, i Node si dimostrano bravi a tenere salda la barra del timone, evitando così di divagare dal tema ricorrente che è, appunto, il loro stile, il loro timbro a fuoco. Niente effetto pot pourri, cioè. Merito, a parere di chi scrive, della foga con la quale i Nostri scrivono i brani. Una foga canalizzata correttamente entro dei limiti che solo chi pensa bene riesce a formalizzare nelle varie song. Certamente ci sono delle pause, dei break, come in ‘Locked In’, per esempio, ma l’insieme possiede una monoliticità che ne fa la massa, il peso specifico, la sostanza. Inamovibile, al passare dei singoli episodi.

L’isterica ugola al vetriolo di CN Sid è inoltre la ciliegina sulla torta che non ci si aspetta, perlomeno in territorio nazionale. Assieme allo stesso D’Eramo le linee vocali volano letteralmente (‘The Truck’), trainano irresistibilmente la musica oltre la sfera del suono, soprattutto quando si scatena la furia dei blast-beats o, meglio, quella dei quattro quarti al fulmicotone che mette in campo il drummer Pietro Battanta. Assai incisivo, anche, nelle circostanze meno ipercinetiche (‘Money Machine’).

E, sempre a proposito di vocals, in questo caso femminili, l’occasione è ideale per segnalare la suite finale ‘The Plot Survives’, evidente conferma di una capacità di songwriting a 360°, da parte di CN Sid e compagni. Il che fa, assieme al resto, di “Cowards Empire” un’opera da tenersi in debita considerazione, in caso di approfondimento delle più moderne tendenze in ambito death metal.

Bravi Node!

Daniele D’Adamo

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